Capitolo 20

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«Florian!»

Quando Vanitas rientrò in casa propria, non ebbe il tempo di togliersi il cappotto nero che vide una bella ragazza dai capelli corvini buttarsi in un gesto sgraziato tra le sue braccia, facendolo sorridere. Valentine era sempre stata una ragazza molto affettuosa. A volte fin troppo per i suoi gusti.
Ormai era abituato a dare affetto alla disperata piccola Valentine, a volte la invidiava. Loro fratello era un pezzo di legno, forse era davvero meglio avere delle sorelle maggiori.

«Vale? Non mi aspettavo una tua visita, per niente!» disse sorpreso. Non si aspettava di certo di rivederla così presto.

La ragazza aspettò che il fratello chiedesse la bocca prima di staccarsi da lui. La ragazza si mise in punta di piedi per guardare il fratellone negli occhi senza alzare la testa essendo piuttosto bassina.
Batté le mani piuttosto forte, producendo il caratteristico riempire di quando le superfici in pelle si scontrano violentemente.
C'era da dire che non poté non provare un briciolo di dolore, maledicendo il suo esibizionismo.

«Ascolta! Non sono qui per nulla, in realtà. Ho un'idea che a voi bei picconcini potrebbe piacere.»

Vanitas sentì un brivido salire su per la colonna vertebrale, sapeva che le idee della sorella erano o irrealizzabili​ o totalmente strambe. Quella donna non doveva pensare, non amava ciò che le veniva in mente di punto in bianco.
Il povero Duca non riuscì neanche a controbattere, che appena aprì bocca non ebbe il tempo di pronunciare una sillaba.

«Non correre, Florian!» disse al ragazzo, quasi per abitudine, siccome conosceva la sua impazienza. «Ora ti spiego tutto. Voi vi dovete sposare, gusto? Il problema è che non vi siete mai visti prima della proposta ufficiale! Non è così che funziona, fratellone! Ci vuole romanticismo, passione! Se vuoi una donna la devi corteggiare!»

Il corvino cercò in maniera quasi disperata di fermare l'inutile flusso di parole della sorella minore, alzando più volte un dito per farsi notare, ma ormai lei era partita per la tangente e nessuno poteva fermarla.
Nessuno.
Ormai, dopo aver chiacchierato quasi un'ora con il padre della futura moglie, s'erano fatte le undici circa e il Duca stava pensando più a cosa mettere sotto i denti che alle inutili chiacchiere di Valentine. Oltretutto non aveva fatto colazione e lo stomaco iniziava a brontolare

«Festa delle lanterne! Lo sai, no? Ogni anno, ad inizio gennaio fanno volare le lanterne sulla Senna. Ho sentito che se scrivi il nome della persona amata e il tuo su una di esse è quella arriva fino al cielo sarete destinati ad avere un destino felice. Non trovi sia romantico?»

La prima cosa che il nobile fece fu far notare alla ragazza che quella non era Parigi e lì della Senna non ce n'era traccia, ma la questione​ venne liquidata velocemente dalla ragazza perché, a detta sua, sempre di fiumi si stava parlando.
Lui provò a ribattere, ci provò realmente.
Dovevano ancora fare un sacco di cose, tra cui scegliere l'abito da sposa, preparare gli inviti e tutto il resto, ma sapeva anche che quella donna non si sarebbe fermata per nulla al mondo, salvo il fratello che acconsentiva.

«Ci penserò. Comunque, dov'è (NM)?» chiese l'uomo, togliendosi la giacca per darla ad una domestica.

La sorella di portò una mano sotto il mento e guardò in alto con aria pensierosa.
(NM) era andata in camera sua a riposare, non si sentiva bene a causa di quella donna maledetta che le sussurrava parole ingannatrice all'orecchio.

E la borghese si ritrovò priva degli abiti pregiati che Vanitas le faceva vestire, rannicchiata in una coperta bianca sul letto a baldacchino e con lo sguardo fisso su quella cosa che sedeva sulla toeletta giusto in alto a destra della stanza.

Scilla.

Aveva deciso di darle quel nome​, aveva chiamato così la figura nera, talmente tanto da assorbire i colori, che si portava dietro, con gli occhi e il ghigno totalmente bianchi. I capelli raccolti con una pinza e la forma snella.

Odiava quella vista demoniaca, la odiava con tutto il cuore, come odiava il fratello, che era appoggiato al muro vicino alla porta. C'era da dire, però, che lui parlava poco e lentamente. Era il meno pericoloso a detta sua.

Eppure, se avesse potuto allontanarli da lei definitivamente, non ne sarebbe stata capace. Erano spaventosi e meschini, ma l'avevano abbracciata nei suoi momenti più bui. Erano stati con lei quando pure i genitori non osavano starle accanto e di questo ne era grata.

Venne distratta dal rumore di forti colpi sulla porta di legno e la ragazza si trascinò verso l'uscio per aprire, notando solo una cameriera -vestita con la classica uniforme ottocentesca bianca e nera- con in mano un vassoio, sopra ad esso un contenitore bianco per le medicine.

«Il padrone mi ha ordinato di portarvi queste medicine, signorina.» disse.
La ragazza si espresse con un semplice "Grazie" e prese ciò che voleva, sbattendo la porta in faccia ad una cameriera più che sorpresa.
(NM) si accasciò sul pavimento marmoreo, e velocemente, guardò la figura nera di Scilla che s'era spostata sul letto e la guardava con quel ghigno perenne che aveva in volto.

"Non ti libererai mai di noi, (NM). Noi ti vogliamo bene e saremo sempre qui a consigliarti. Quell'uomo è malato." disse, con la testa sorretta dalle mani snelle e ben modellate.
Lei era così bella e intelligente che non era raro che la invidiasse, con quei fianchi magri e i setosi capelli raccolti.

Un momento.

Ci volle un momento e le pillole di (NM) finirono giù per la gola con un gesto repentino della mano destra.
La borghese la guardò, guardò quelle due ombre nere sparire in minuscoli cristalli di luce nera.

————

Tadaa~
Sono tornata con un sacco di idee in testa! So che Valentine sembra bipolare, ma poi si spiegherà tutto più avanti~

È che sono stata in vacanza e non riuscivo a scrivere qualcosa di decente... Seriamente, la voglia era sparita in un celebre trucco di magia! (A)

Ditemi cosa ne pensate di questo capitolo, che ho scritto tutto in fretta e furia e non so com'è venuto.

Midnight Circus [Yandere! Vanitas X Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora