XV

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Il demone, ancora chino vicino Jimin, decise che era giunta l'ora di andare: non poteva più rimanere lí, non con lui.

Si alzó e, senza dire una singola parola, si incamminò verso la porta di ingresso uscendo definitivamente da quella calda e accogliente quiete che solo Jimin gli portava e avrebbe mai portato.


Una testa con i capelli arruffati uscì da sotto l'accumulo di calde e bianche coperte.
Il ragazzo si massaggiò gli occhi e subito si ricordò della sera precedente.
«Taehyung...»
Alzandosi lentamente e, cercando di non fare troppo rumore, si avviò nella sua stanza da letto dove doveva riposare Taehyung.

«Buongiorno dormiglione, come ti sent-...Tae?»
Il letto era vuoto e di Taehyung non vi era neanche l'ombra, al suo posto poche piume nere erano sparse tra le coperte ormai gelide.






Erano poco più di una settimana che Taehyung non rispondeva alle sue chiamate o ai suoi messaggi.
Era come se si fosse volatilizzato nel nulla. Come se non avesse mai fatto parte della sua vita.
L'aveva lasciato, senza nessun preavviso.

«Jiminie, l'ordine del tavolo numero otto è pronto!» lo richiamò dai suoi pensieri Jin-hyung.
«Arrivo!» urlò Jimin mettendo in tasca il telefono che non aveva ancora ricevuto notifiche da parte di Taehyung.
Era molto preoccupato, senza contare che l'ultima volta che l'aveva visto era stata quando aveva curato le sue ferite.
«Avrei dovuto riempirlo di domande e farmi dire anche dove abita...Che stupido che sono» biascicò il moro affrettandosi a prendere altre ordinazioni.

«Buon lavoro a tutti! Ci vediamo domani

Il turno serale di Jimin era ufficialmente finito e, senza pensarci tanto, prese il suo cellulare per provare a mettersi in contatto con Taehyung.
Ancora una volta.
"Forza...Rispondi"

Dopo aver sentito la voce robotica della segreteria telefonica, Jimin staccò la chiamata facendo uscire uno sbuffo infastidito dalle sue labbra.
"Ma dove sarà mai finito?!"

Il moro arrivò a casa, erano otto giorni che Taehyung non rispondeva alle sue continue chiamate quando di solito lo contattava quasi subito.
Era tutto così strano e lui si stava forse preoccupando troppo.
Non sapeva che fare.
Si mise comodo sul divano e prese, ancora una volta in quella giornata, il suo telefono selezionando il numero di Taehyung.

Sentí, come al solito, la voce metallica che gli suggeriva di iniziare a parlare dopo quel famoso "bip".

E così Jimin iniziò a parlare.
«Tae, sono ormai giorni che non ti fai sentire...Non voglio sembrarti una persona oppressiva, ma sono davvero preoccupato. So che sono passati pochi giorni, ma non rispondi più alle mie chiamate o ai miei messaggi e poi...L'ultima volta che ti ho visto eri ricoperto di ferite e questo non fa altro che farmi preoccupare di più. Spero tu stia bene, contattami appena puoi. 'Notte»
Jimin terminò la sua chiamata e con un sospiro stanco ai diresse nella sua stanza per cadere tra le braccia di Morfeo.








Taehyung era chiuso in una stanza fredda e scura, la cui unica forte di luce proveniva dall'enorme finestra, più precisamente dalla luce tiepida della luna.
Era una settimana, o poco più, che se ne stava chiuso lí, solo e avvolto dal quel silenzio divenuto così assordante da far male.
Era lí:
rannicchiato in un angolo della stanza, i lunghi capelli a coprirgli gli occhi perennemente chiusi, la bocca serata dalle labbra screpolate, le braccia avvolte attorno al suo corpo a mo' di scudo e le mani, di tanto in tanto, a coprire gli occhi, la bocca e le orecchie con dei movimenti ripetitivi e poco fluidi.
"Non vedere, non sentire, non parlare"

BECAUSE OF YOU - VMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora