Capitolo 1

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Apro gli occhi respirando affannosamente. Che mi è successo?
L'unica cosa che ricordo è Lucas che, con un palo di ferro, mi ha trafitto la pancia uccidendomi.
E poi... Ah. Tony mi ha detto di amarmi.

Ma dov'è Tony?

Mi siedo sentendo come delle lame trafiggermi tutto il corpo... Ma è sopportabile, perché io devo vederlo. È questione di vita o di morte.

Mi alzo in piedi cercando di tenermi in equilibrio; sembra una cosa così assurda, aver sempre tenuto questa postura e adesso essere come un neonato che non ha mai camminato.

Sospiro profondamente, devo farcela.

Cammino instabilmente rendendomi conto di essere senza vestiti. Infilo una camicia che trovo accanto a questa specie di... Culla. La abbottono velocemente e poi mi guardo allo specchio proprio davanti a me.

Piego la testa di lato, rendendomi conto che non ho nessun segno sul mio corpo, neanche una botta. Mi avvicino allo specchio notando di avere di nuovo gli occhi ghiaccio e non più arancioni con Delle sfumature rosse.

Ma cosa...?

Mi accorgo di aver ripreso l'equilibrio così correndo esco dal laboratorio. Ora ricordo, quello era il laboratorio dove mi hanno ricostruito dopo l'attacco a New York.

Mi guardo intorno notando che le cose non sono cambiate... Ma da quanto sono così? Quanto tempo è passato dalla mia presunta morte? O sono morta davvero?

Troppe domande per una testa piena di confusione e sofferenza.

Mi avvicino lentamente al salotto, notando subito dei capelli castani chiari scompigliati.

Clint...

E poi, dopo essermi sporta un po' avanti, vedo una cosa che non volevo vedere. Non può essere...

Lui non è così!

Da quanto sono morta?! Non da poco spero!

Tony sta baciando una donna con i capelli biondi con Delle sfumature carota... è così bella.

Mi scende una lacrima e non posso fare altro che singhiozzare. Corro di nuovo nel laboratorio così da non farmi sentire mentre piango.

Rimango lì un po', per riprendermi da quel colpo così forte. Avrei preferito morire, piuttosto che vivere soffrendo.

Mi faccio forza, uscendo dal laboratorio e correndo a più non posso su per le scale. Ma mi sento stanca e... Credo di aver perso i miei superpoteri.

Arrivo nella mia camera, dove ancora ci sono le mie cose da vestire. Apro velocemente l'armadio continuando a guardarmi le spalle e sperando non entri nessuno.

Prendo una canotta grigia e un paio di leggings neri con una felpa nera anch'essa. La infilo velocemente e scendo dalle scale del retro. Alzo il cappuccio così che nessuno mi possa riconoscere.

Mi sento vuota, voglio tornare a casa dalla mia mamma. Sento un peso sulla mia tasca destra e trovo il mio adorato telefono.

Questa si che è fortuna!

Lo accendo notando che, il giorno in cui sono morta, avevo ricevuto tre chiamate da mamma e un suo messaggio in cui mi chiedeva se andava tutto bene. Poverina, chissà quanto sta soffrendo.

Mi rendo conto che sto piangendo così mi asciugo in velocità con la manica della felpa e, guardandomi alle spalle, capisco di potermi togliere il cappuccio tanto sono lontana dalla Stark Tower.

Ma proprio in quel momento... Sbam!

"Mi dispiace tantissimo!" Dico scusandomi.

"Nessun problema, spero di non averle fatto male." Sorride gentilmente.

È un uomo, sulla trentina, alto moro con due occhi azzurrissimi.

"No, si figuri." Rispondo abbassando lo sguardo un po' imbarazzata. Deglutisco e mi sposto alla mia destra per passare.

"Comunque sono Hugh." Sorride porgendomi la mano.

"Gaia... Mi chiamo Gaia." Dico insicura.

Lui ricambia con un sorriso a trentadue denti. Non capisco perché ci tiene così tanto a presentarsi, sono anche mezza messa male insomma...

"Bene, piacere di averla conosciuta Gaia. Spero di rivederla in giro." Dice con voce profonda e sensuale.

"Si si, anch'io." Dico correndo via.

Ma quanto brava sono a fare figure di merda?

Dopo pochi passi fermo un taxi chiedendogli di portarmi all'aeroporto. Mi rendo conto di essere senza soldi, merda. Cosa faccio adesso? Cerco di concentrarmi così, la cosa più logica che mi viene in mente è fingere di avere un attacco di panico.

Appena si ferma inizio a fingere di avere convulsioni e, da quanto ci riesco bene, lui preso dal panico mi prende in braccio e mi appoggia a terra. Inizia a chiedere aiuto.

"Può pure andare sono un dottore." Sento dire.

Io faccio finta di essere svenuta e sento il taxi partire. Il mio piano a funzionato.

Sento un respiro sulle mie labbra così apro leggermente gli occhi e noto proprio Hugh, il tipo di prima, intento per farmi la respirazione bocca a bocca.

Mi alzo con una agilità a me sconosciuta e mi allontano.

"Mi scusi ma mi sento decisamente meglio!" Esclamo.

Lui ride e mi guarda.

"Gaia giusto?" Sorride mentre si passa una mano tra i capelli.

Io annuisco e abbasso lo sguardo imbarazzata, per la seconda volta.

"Così non ha pagato il biglietto, giusto?"

"G..giusto. Lo so, sono una stupida." Sbuffo guardandolo ridere.

"No no, è davvero un piano strategico." Ridacchia "e come pensa di pagare il volo?"

"Cavoli il volo! Scusi... Sono ancora scombussolata."

"È sicura di stare bene? Perché i suoi occhi dicono il contrario."

"Non sto bene a livello psicologico, ma fisico sono sana come un pesce." Rispondo sicura.

"Dove deve andare?"

"A Miami... Ti dispiace darmi del tu? Mi sento vecchia nonostante i miei 20 anni." Sospiro.

"Va bene. Vieni con me adesso, abbiamo lo stesso volo."

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