capitolo 2

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Dopo che Hugh mi ha pagato il biglietto saliamo insieme nell'aereo.

Ma una continua domanda mi gira per la testa... Da quanto ero morta?

"In che anno siamo?" Domando senza pensare alla domanda appena posta.

Lui si volta verso di me confuso ma, pensando sia una battuta, ride.

"So che sembra strano ma ho bisogno di saperlo. Non sto scherzando."

"S...siamo nel 2018. Perché?"

"Un anno?! Cavoli!" Grido facendo girare tutto l'intero aereo.

"Da cosa?"

"Da quando sono morta."

Lui sbarra gli occhi e diventa pallido come le pareti dell'aereo.

"No, non sono un fantasma. Sai chi sono gli Avengers?" Chiedo abbassando la voce "ecco, io sono la supereroina morta durante l'ultimo combattimento. Credo sia l'ultimo almeno."

"C...cosa? Sei...sei tu?"

Io annuisco tappandogli la bocca.

"Nessuno deve saperlo, se mi riconoscono è un conto ma dalle tue labbra non deve uscire una parola. Chiaro?"

Lui annuisce e sorride.

"Come fai ad essere qui, fisicamente?"

"La culla rigenerativa, rigenera tessuti. È la seconda volta che dovrei essere morta. Ma sembra che io abbiamo perso i miei poteri." Sbuffo.

"Mi dispiace, anche se non so veramente cosa si prova." Dice con fare comprensivo.

"Grazie, davvero. Sei l'unica persona a sapere che sono viva." Sbadiglio.

Mi appoggio alla sua spalla addormentandomi.

"Io non ti amo... Non ti ho mai amato!" Mi urla Tony guardandomi negli occhi.

La ragazza dietro di lui sorride compiaciuta da quello che le sue orecchie sentono.

"Ma perché allora mi hai baciata? Mi hai detto che ami?"

"Sapevo che mi amavi e stavi morendo... Volevo farti un piacere."

Inizio a singhiozzare e lui, avvicinandosi a me, mi punta una pistola contro premendo il grilletto.

Mi sveglio urlando, rendendomi conto che sto tremando.

"Ehi, tranquilla." Sento una mano che si posa sulla mia gamba.

Alzo lo sguardo incrociando quegli occhi azzurri. Mi sorride per confortarmi. Respiro difficilmente e irregolarmente.

"Scusa... Ho fatto un incubo." Deglutisco cercando di riprendere il ritmo giusto.

"Tutto bene, stai parlando con un esperto di incubi. Respira e non pensarci, raccontami qualcosa di bello." Sorride stringendomi la mano.

..I passeggeri sono pregati di allacciarsi le cinture, tra pochi minuti siamo a Miami..

"Direi che già questo è bello." Ridacchio riferendomi alla voce dell'autoparlante.

Dopo circa due minuti mi ritrovo in fila per scendere dall'aereo. Senza bagagli, senza una borsa... Solo con Hugh.

"E quindi," chiedo camminando verso i taxi insieme a lui "sei un dottore?"

"Si, psicologo e pediatra." Spiega mentre prende dalla tasca delle chiavi.

"Ah, io invece studiavo recitazione."

"Ah, un'attrice. Complimenti." Ride inchinandosi.

Io rido quando vedo che si ferma e mi guarda. Sento la mia anima andare in fiamme, sento che la sta leggendo. Può capire come mi sento, cosa provo e quali sono le mie emozioni.
Abbasso lo sguardo dondolandomi con i piedi avanti e indietro.

"Adesso credo che tu debba andare, giusto?" Domando guardandolo.

I suoi occhi, così azzurri. Le sue labbra, così rosse e carnose. I suoi capelli, così scuri e ricci. È una favola... Ma il mio cuore appartiene ancora ad un'altra persona che mi sta facendo soffrire come nessuno aveva mia fatto.

"Si ma ti accompagno a casa." Dice aprendomi la portiera della macchina.

"Hai già fatto troppo, vado con il taxi."

"E con cosa lo paghi?" Chiede ridendo.

"Oh, giusto."

Figure di merda parte due.

Salgo nella sua Audi nera e mi allaccio la cintura. È una vita che non salgo in una macchina, ancora prima dell'attacco a New York.
Accende la radio, facendo partire una canzone che conosco bene. Killing me softly.

"Adoro questa canzone!" Esclamo iniziando a cantare.

"Anch'io!"

Lui inizia a cantare, rivelando una voce angelica a dir poco.

"Wow sei bravo!"

Arriviamo davanti casa mia, così devo per forza scendere da quel paradiso che mi è tanto mancato. È da tanto che non mi diverto così.

"Grazie del passaggio Hugh, se hai bisogno sai che abito qui." Lo ringrazio.

"Certo, non ci penserò due volte."

Dopo aver ammiccato parte lasciandomi davanti a quella casa conosciuta ma allo stesso tempo sconosciuta. La guardo, mentre il mio cuore batte fortissimo, e il mio stomaco fa un male cane. Vado verso il campanello, fermandomi a pochi millimetri da schiacciarlo.

Devo farlo, assolutamente. Devo rivedere la mia mamma quella persona che mi è sempre stata fedele.

Suono.

Silenzio.

La porta si apre rivelandomi un viso così famigliare ma anche sconosciuto. È lei.

La donna che mi ha sempre amato.

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