Le minuscole bollicine dell'acqua brillavano come stelle.
Era circa mezzogiorno, il sole si vedeva da laggiù. Tutti erano pronti per il banchetto.Tutti aspettavano di vedere me. Paìspede e Actèlia avevano badato ai miei capelli,alla mia coda e alle conchiglie che portavo sul petto. Sembrava tutto pronto, finché Paìspede tirò fuori un ciondolo, il ciondolo che indossavano tutti i figli di Poseidone.
Actèlia mi aiutò a metterlo e mi sussurrò che da quel momento sarebbe andato tutto bene. Continuavo a guardare e a toccare quella collana, ero perplessa; non potevo dimenticare la mia famiglia, così all'improvviso.
Dunque tante sirene e tritoni si erano riuniti nella sala da pranzo, io non ero ancora entrata infatti aspettavo che Paìspede e Actèlia aprissero l'enorme porta per poi presentarmi a tutti. Giunto il momento la spalancarono e mi ritrovai in una sala enorme; le pareti erano tutte ricoperte d'oro, persino il tavolo; era tutto esageratamente luminoso, ma molto bello.Ero incantata. Le mie nuove sorelle mi presentarono a quelli che sarebbero dovuti essere i miei parenti, loro, sembravano felici del mio arrivo. C'era però un tritone che continuava a fissarmi. Mi disse che si chiamava Kalòs; egli aveva una coda colorata di un verde molto acceso, era muscoloso al punto giusto, insomma era proprio un bel ragazzo. Conversammo per un po' finché Poseidone chiamò tutti a tavola chiedendoci di ascoltare il suo discorso:- Benvenuta ragazza, nella nostra famiglia. Come già anticipato, farò di tutto per essere un buon padre, cosicché tu possa vivere in armonia nel mio palazzo. La collana che porti al collo simboleggia la nostra unione, quindi, tienitelo stretto. Capisco quanto possa far male abbandonare la propria famiglia d'origine, ma io ti ho salvata e non ho potuto farti tornare indietro. L'unica cosa che posso fare è quella di augurarti di riuscire ad integrarti al più presto in questa famiglia-
Erano belle parole, ma non riuscivano a colmare quel vuoto che si era creato dentro di me.
Avevamo quasi finito di pranzare, ma sentivo borbottare un omone grande e grasso.
-Umani, una razza infima non esiste.- disse silenziosamente.
Ero furiosa tanto che non riuscii a controllarmi, infatti mi alzai con violenza e scappai nella mia stanza.