6 - Trapped

83 14 9
                                    

Le mani mi tremavano visibilmente, facendo sì che anche il vecchio cestino a cui ero aggrappata si muovesse al loro stesso ritmo. Avevo le nocche bianche per la forza con cui stringevo la plastica marrone dell'oggetto, sentivo freddo, tanto freddo.

Avrei voluto essere morta e non sentire nulla.

Il tremolio del cestino provocava un fastidioso ticchettio sul pavimento, ma non me ne rendevo del tutto conto. Sapevo solo che la mia vita non aveva più un senso.

Continuavo a sentire una nausea persistente alla bocca dello stomaco, mentre nelle mie narici si mescolavano l'odore nauseabondo del sangue e quello dei libri stampati. Un tempo adoravo quel profumo. Ora non posso fare a meno di paragonarlo a quello della morte.

«Kay, dobbiamo andarcene da qui. Alzati, ti prego...»

Inclinai di poco la testa, quel tanto che bastava per scorgere l'espressione ansiosa di Sarah. I suoi capelli rossi erano una massa informe e la facevano sembrare ancora più pallida del consueto. Era così simile ad un cadavere da darmi i brividi. «Voglio che mi trovi. Voglio che uccida anche me...»

Una mano mi afferrò il colletto, costringendomi a rimettermi in piedi. «Lasciami!» sbottai.

«Kay, capisco che questa situazione debba essere molto dura per te, ma anche noi siamo spaventate. Dobbiamo nasconderci, cercare di uscire da qui. Io non ti permetterò di buttare via la tua vita, né tantomeno le nostre!»

Guardai Sarah negli occhi, per poi passare alle altre tre ragazze nella stanza. Charlotte si stringeva a Martha in modo compulsivo, stava ancora piangendo. Lindsay aveva gli occhi spalancati, simili a grandi bottoni azzurri. Erano lucidi di lacrime, ma mi fissavano con decisione. Pensava che io potessi aiutarle, pensava che io fossi veramente la leader che fingevo di essere da tutta una vita. "Non capisce che la realtà non è altro che una menzogna molto credibile? La realtà è apparenza, niente di ciò che diciamo corrisponde al vero. È così ingenua..."
«Cosa credete, eh?» esclamai. Feci qualche passo indietro, andando a sbattere contro lo spigolo della scrivania. «Pensate che scappando riusciremo a salvarci? Guardate» indicai il corpo ormai freddo di mio padre, la porta aperta sulla mensa, macabro teatro degli orrori. «Ha ucciso un centinaio di persone in una notte. È riuscito ad eludere i sorveglianti. Come dovremmo fare a sfuggirgli? Ditemelo, ditemi cosa credete di ottenere!»

Ci fu un istante di silenzio alla fine delle mie urla, un disperato momento di tortura psichica. Le mie orecchie cominciarono a fischiare, finché Sarah non tornò ad interrompere la calma tesa della stanza. «Non c'è nulla di male nella speranza.»

«Perché vuoi illuderti? Sai già che moriremo. L'ha detto lui stesso.»

«Ma ha anche detto che potremmo sconfiggerlo! Se solo lo trovassimo in tempo... Dobbiamo trovarlo, e avremo vinto. Potremo tornare nelle nostre case e dalle nostre famiglie...»

«Io non ce l'ho, una famiglia!» gridai fra le lacrime. «Perché dovrei sprecare i miei ultimi istanti di vita cercando un pazzo? Perchè devo rialzarmi, se so che cadrò definitivamente fra pochi giorni?»

«Smettila di essere così egoista, Kay! Se vuoi morire, bene, è una tua scelta, ma nel frattempo puoi aiutare noi a sopravvivere! Io non voglio morire, non voglio essere uccisa!» La osservai cadere in ginocchio e infilarsi le mani nei capelli con una fredda indifferenza. Era la mia migliore amica, sì. Le volevo bene, era tutto ciò che mi era rimasto. Ma non trovavo le forze per reagire, non avevo uno scopo...

Tuttavia, non avevo nulla da perdere, non più. «Vi aiuterò. Ma so già che falliremo. Ci ha proposto questo gioco per divertirsi con noi come con dei topolini in una gabbia. È sicuro di vincere. È sicuro di averci in pugno.»

Seven daysDove le storie prendono vita. Scoprilo ora