10 - Cleverness

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Il mio problema è sempre stato lo stesso, in queste circostanze. Non provavo nessuna emozione. Non sentivo dispiacere. Non sentivo tristezza. Martha era appena morta, lì, davanti ai miei occhi. La conoscevo da anni, eppure... non provavo assolutamente niente.

Alzai lo sguardo, speranzosa di ritrovare la mia stessa indifferenza sui volti delle altre. Invano. Sarah era la più calma, ma era visibilmente sconvolta. Aveva gli occhi spalancati, una mano tremante a coprire la bocca aperta per lo stupore. Immobile, non pronunciava nemmeno una sillaba.

Lindsay e Charlotte, invece, stavano gridando. In realtà, non le sentivo granché. Mi sembrava quasi di trovarmi sott'acqua, dove i suoni esterni risultavano attutiti, distanti. Ecco, era così che percepivo le loro urla. Tuttavia, mi era impossibile ignorare le loro espressioni addolorate, gli occhi stretti sulle lacrime, le labbra tirate in smorfie di disperazione. Che fossero tristi per la fine della loro amica o per il fatto che, ora, Andrew ci aveva dimostrato di star giocando davvero con le nostre vite, il loro pianto era vero. Rimbombava fra le pareti antiche della biblioteca come un lamento funebre. In effetti, lo era davvero.

Osservai Lindsay gettarsi accanto allo scaffale caduto, per poi rialzarsi di colpo, come se fosse stata respinta da un campo magnetico. Notai solo allora il sangue che si stava espandendo sul pavimento. Una macchia quasi nera, sul parquet scuro e consunto. «Dobbiamo andarcene di qui.»

«E perché mai?» replicò Charlotte. Non mi aveva mai parlato con un tono così brusco. Le rivolsi un'occhiataccia, ma lei continuò a gridare, imperterrita. «Lui non è qui, giusto? Bene, allora restiamoci. Saremo al sicuro, almeno per un po' di tempo. Là fuori... Potrebbe essere là fuori...»

«La paura ti ha fatta diventare scema? Non sono queste le regole. Non possiamo fermarci qui, proprio perché lui non è qui! Dobbiamo trovarlo, o moriremo tutte. Te ne sei dimenticata?»

«No, ma...»

«Niente ma. Sto giocando al suo gioco per voi, perché mi avete chiesto di provarci, prima di darmi per spacciata. A me non importa se dovrò morire. Ma a voi sì, o sbaglio? Quindi smettetela di piangervi addosso» aggiunsi, guardando gli occhi arrossati di Lindsay. «Abbiamo appena iniziato. Sapevamo di poter avere delle perdite, non è il caso di farla troppo tragica.»

«Adoro il tuo modo di pensare, Kay.»

Strinsi i denti al suono di quella voce. Ancora lui. Speravo di non doverlo sentire di nuovo, se non per dirmi che avevo vinto. Ogni volta, ogni nuova comunicazione, mi sentivo sempre più presa in giro da quel ragazzo. Ed io odiavo essere presa in giro. «Cosa vuoi, Slow?»

«Non sei nella giusta posizione per usare quel tono saccente» fece lui. Sembrava quasi annoiato, come se non stesse giocando con le nostre vite. Come se non avesse appena fatto in modo che Martha morisse. Qualsiasi cosa avesse fatto per provocare l'incidente, il che non mi era ancora del tutto chiaro, era lui il responsabile.

«Allora non provocarmi.»

«Ignorerò la tua maleducazione solo perché mi servi viva. Al momento, ovviamente.» Una breve risata gracchiò dagli altoparlanti, simile al verso di un corvo. «Sapete ragazze, mi state annoiando. Non c'è gusto a giocare con voi. Continuate a piangervi addosso, senza riflettere sul da farsi, lasciandomi campo libero per la maggior parte del tempo. Immaginavo che avreste provato ad ostacolarmi e invece... Beh, ho avuto un'idea. Giusto per movimentare un po' le cose, per invogliare voi quattro a darvi finalmente da fare.»

Inspirai profondamente. Avevo paura di lui, sì. Non avevo mai avuto paura di nessuno, ma quel ragazzo mi faceva sentire inerme, in balia di una tempesta incontrollabile. «Cosa dobbiamo fare?»

«Andate in auditorium. Là vi mostrerò la mia idea.» Il cigolio dei microfoni si interruppe di colpo, riportando il silenzio nella stanza. Tuttavia, nelle mie orecchie risuonava ancora il battito impazzito del mio cuore.

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