#9 Ella

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Aprì piano la porta della stanza di mia madre e sorrisi vedendola sdraiata sul divano, lasciai andare la maniglia e tornai nella mia stanza. Presi una felpa e scesi di sotto a piedi scalzi.
Mi fermai sull'ultimo gradino e guardai le luci colorate alternarsi in una danza tutta loro, rosso, verde, giallo, blu...
Attraversai l'ingresso e uscì all'esterno sentendo una pesante aria fredda invadermi, mi strinsi nelle braccia e sentì la pelle sotto quei pantaloncini divenire d'oca.
Tirai fuori dall'enorme tasca davanti un pacchetto di sigarette e ne presi una accendendola.
L'odore del fumo si mescolò a quello terreno del bosco che mi circondava e sorrisi.
Avevo sentito tante volte dire alla mamma che il papà sapeva di profumo costoso e sigarette, dubitai fossero quelle giuste, ma chiusi gli occhi immaginando il suo viso, ormai avevo quasi dimenticato un suo abbraccio, o il modo in cui mi sollevava stringendomi a sé per proteggermi. Mi tornò in mente la sua voce e strinsi la medaglietta sentendo il cuore battere più forte. Aprì gli occhi e mi sentì spingere con forza dal lato opposto del portico, mi scontrai contro quella vecchia panchina mandandola in frantumi e creando un gran frastuono mi alzai a sedere dolorante sfiorandomi la testa, ma un altra spinta mi fece rotolare giù dai tre scalini, la mia faccia toccava le pietre fredde del giardino e qualcosa sembrò tenermi ferma a terra.
Cercai di alzarmi, riuscì a mettermi in ginocchio e mi portai una mano sulla fronte.
«Che diavolo succede?»
Chiesi a voce alta, l'aria mi invase con violenza e sparì ancora scontrandomi contro la finestra della sala mandandola in frantumi, mi coprì la faccia con le braccia e mi rannicchiai a terra cercando di evitare più schegge di vetro possibile. Sembravo non avere più il controllo del mio corpo.
Gridai scontrandomi con il tavolo e rompendogli le gambe, mi sentì trascinare per le caviglie e la base del tavolo mi sfiorò di pochi centimetri la testa con un forte botto.
«Ella!»
Cercai di afferrare la mano di Matt, ma ancora una volta mi sentì spingere da una forza invisibile contro un altro angolo della casa, sfondai la porta della cucina e rotolai per terra sentendo un dolore lancinante partire dal fianco.
Non feci in tempo a controllare cosa me lo avesse provocato, che mi ritrovai contro ad un albero, caddi a terra a peso morto e strinsi nelle mani la terra umida sotto di me.
«Ella ascoltami! Devi calmarti adesso»
La voce di mia madre si fece strada nella mia testa e io corrugai le sopracciglia sollevando il viso dall'erba bagnata, mi alzai piano e strinsi le mani di mia madre.
Lei mi afferrò stringendomi a sé e sentì di nuovo quella scossa invadermi, ma chiusi gli occhi e mi concentrai ascoltando il battito del mio cuore rallentare.
Qualcosa mi colpì forte allo stomaco e io gemetti scontrandomi contro il petto della mamma dietro di me.
«Ella!»
Mi liberai dalla sua presa e mi inginocchiai a terra sentendomi malissimo, la testa mi scoppiava, ogni muscolo del mio corpo sembrava gridare, gattonai per qualche metro e vomitai affondando le dita nella terra, graffiandomi la pelle con le radici e i rovi a terra.
«Basta...»
Un sussurro soffocato si fece strada nella mia testa, le braccia sembrarono cedermi, ma io mi trattenni.
«Non ce la faccio più»
Ancora quella voce, la sua voce. Mi passai l'avambraccio sulla bocca, mi sedetti ai piedi dell'albero accanto a me e appoggiai la testa al tronco sfinita.
Il silenzio sembrò calmarmi e presto tutto quel dolore sembrò diventare solo un ricordo.
Sentì le mani di mia madre stringermi con forza le cosce e poi sfiorarmi le guance con le dita, asciugandomi quelle lacrime che non mi ero nemmeno resa conto di aver versato.
Chiusi gli occhi, il mio respiro per qualche secondo prese il controllo del silenzio.
Uno...
Due...
Tre...
Un altro respiro, lento, pesante e costante.
Quattro...
Cinque...
Sei...
Mi passai la lingua sulle labbra screpolate sfiorandomi anche i tagli che mi ero procurata.
Sette...
Otto...
Nove...
Aprì gli occhi, Tessa mi guardava in silenzio, le strinsi la mano e lei mi lasciò un bacio sulla guancia accarezzandomi.
Io le afferrai il polso e appoggiai la fronte sulla sua, i tagli sulle labbra mi bruciavano dandomi fastidio, ma mi sentivo meglio.
«Dobbiamo trovarlo mamma»
Le sussurrai sentendo una lacrima non mia scivolarmi sul collo.
«Lo troveremo, e tireremo fuori dai guai anche Ryan se servirà»
Disse appoggiando un ginocchio in mezzo alle mie gambe, mi separai da lei cercando un suo sguardo.

Ryan...

Ripetei quel nome più di una volta nella mia testa e sotto gli occhi caldi di Tessa mi rialzai a fatica.

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