#47 Drake

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Mi svegliai all'improvviso sentendo un aria gelida avvolgermi come un abbraccio, mi alzai a sedere e mi sfregai il viso con una mano per riprendermi.
Andai a chiudere la portafinestra del salotto incastrando un angolo della tenda fuori. Ascoltai il mio cuore battere calmo, come se solo la mia mente fosse idealmente preoccupata di un qualcosa che non conoscevo, difficile da capire, ma più semplice di quanto sembrasse.
Mi passai una mano sul petto sentendomi scomodo dentro quella maglietta fredda. Camminai nel buio raggiungendo la cucina, l'unica luce che entrava veniva da fuori, dalla luna a dire il vero, che questa notte sembrava più luminosa di altre.
Aprì il frigo e socchiusi gli occhi prendendo una birra.
«Che ironia, sveglio anche tu vedo»
Alzai lo sguardo, incontrando due iridi color nocciola studiarmi da lontano, sorrisi e abbassai lo sguardo aprendo quella bottiglia ghiacciata.
Mi appoggiai al bancone e guardai quella ragazza mettere i piedi sul tavolo, si dondolava su quella sedia instabile guardandomi attenta, osservai i suoi lunghi capelli rossi quasi avvolgerla e mi persi a guardare quella figura alta e magra. Notai i tatuaggi sulle sue braccia e alzai un sopracciglio quando vidi delle piume nere intravedersi tra i capelli e la scollatura della canotta che portava.
«Da dove vieni?»
Chiesi incuriosito abbassando lo sguardo.
«Non ti importa davvero, fammi una domanda reale Miller»
Sorrisi divertito ancora una volta, era strana quella ragazza, ma aveva qualcosa che mi spingeva a voler sapere di più su di lei.
Lasciai la birra e la raggiunsi sedendomi davanti a lei.
«Come mai sveglia?»
«Fatico a dormire»
Rispose alzando una spalla, aveva addosso l'odore del fumo, ma non di chi fumava e questo mi disturbava.
«Perché mi hai baciato?»
«Ti ho scambiato per Aston»
«Ma Aston era qui»
Lei alzò le spalle.
«Confusione, sai vi assomigliate»
«Stavi piangendo»
«Non lo vedevo da un po'»
«Menti»
«Continuamente»
Disse alzando un sopracciglio per tagliare  corto, volevo davvero sapere il perché della sua reazione in quell'ufficio, ma lei sembrava non permettermelo.
Annuì divertito, era terribilmente affascinante che avesse sempre la risposta pronta; quel botta e risposta era durato niente eppure l'avevo adorato, era come se in quei pochi secondi il cuore avesse preso una corsa più intensa.
«Quindi è stato un malinteso»
Continuai guardandola dritta negli occhi.
«Si»
«Eppure il nome che hai pronunciato era il mio»
Lei aprì la bocca per parlare, ma esitò, alzai un altra volta il sopracciglio, l'avevo messa all'angolo.
«Che fai? Non parli più?»
Sorrise abbassando lo sguardo, c'era qualcosa che non sapevo e questo mi irritava, non lasciandomi nemmeno dormire.
Tolse i piedi dal tavolo e ci appoggiò i gomiti tornando nei miei occhi, c'era qualcosa in lei che mi teneva incollato a quella sedia.
«Fidati Miller, è complicato»
La sua voce era comune, una classica voce femminile, le stava bene addosso, anche se aveva un modo tutto suo per accentuarla.
«Che razza di risposta è?»
Lei cambiò espressione, sembrò quasi divertita da quella mia domanda seccata.
«Me lo sono chiesta molte volte anche io, ma qualcuno mi ha sempre risposto:
"è complicato
Corrugai le sopracciglia.
«E chi sarebbe l'idiota? Non ha senso come risposta»
Lei rise, una risata semplice, vera e leggera che mi fece mancare un battito.
Si spostò un ciuffo di capelli che la infastidiva e appoggiò la testa sulle mani riprendendosi lentamente.
«Mi mancherà tutto questo»
Disse abbassando la voce, come fosse stato un distratto pensiero a voce alta.
Sorrisi sovrappensiero e mi appoggiai pigramente allo schienale in legno incrociando le braccia.
«Perché mi guardi in quel modo?»
Alzai un sopracciglio alla sua domanda, non sapevo esattamente come definire il mio sguardo quando cadeva su di lei, guardai altrove e mi morsi un labbro distratto.
Sapeva ogni volta di mancanza, me lo diceva il cuore e lo ribadiva la mente.
«Quale modo?»
Chiesi alzando una spalla per prendere tempo, se gli avessi detto la verità di certo si sarebbe messa a ridere.
«Nessun modo, errore mio»
La ascoltai alzarsi dalla sedia e alzai lo sguardo su di lei, si raccolse i capelli in uno chignon disordinato, fermandoli con un elastico nero che si levò dal polso. Corrugai le sopracciglia e mi sfiorai il polso ricordando di averne avuto uno uguale fino a poco tempo fa...probabilmenti sbagliavo.
«Cos'erano? Delle scuse?»
Chiesi con un sorriso, Tessa si voltò e alzò un sopracciglio mettendo una mano sul tavolo, si avvicinò al mio viso, il mio naso sfiorò il suo e sentì il suo respiro caldo sulle mie labbra.
«Io non chiedo scusa Miller»
Sussurrò allontanandosi di qualche centimetro, giusto quel po' che bastò per far incontrare i nostri sguardi.
Mi avvicinai, ma lei si tirò indietro abbassando lo sguardo.
«Levatelo dalla testa»
Disse ad un volume quasi impercettibile, mi alzai in piedi corrugandi le sopracciglia.
«Scusa, non volevo, è stato...»
«Non dicevo a te»
Puntualizzò dandomi le spalle, si accarezzò un braccio e io la guardai in silenzio.
Fece un passo avanti e sparì all'improvviso alzando una forte folata di vento.

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