«Ti riconobbi subito, eri cresciuta, forse avevi diedi, dodici anni, non ricordavo mai se avessi l'età dei gemelli o fossi più piccola, dettaglio banale si.
Mi ricordo ancora quando incrociai il tuo sguardo passando in mezzo al parco, mi guardasti con quell'aria piena di sicurezza che non riuscì a fermarti quando ti allontanasti da tua madre. Io cercai di allungare il passo, ma tu mi sbucasti davanti all'improvviso, con quegli occhi grandi e dal colore proprio, non ti ha mai detto nessuno che al sole tendono al giallo? Sono rari sai»
Allungai una gamba sugli scalini e mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ma a diciassette anni cosa vuoi capire? Sei un ragazzino, non sai nemmeno dove sbattere la testa, giusto?
Mi dicesti semplicemente "ciao", muovendo la mano piena di quegli stupidi braccialetti con i campanelli, odiosi»
Sorrise dolcemente abbassando lo sguardo a quel ricordo, non sapevo cosa provare in quel momento era strano, ma ero talmente concentrata ad ascoltarlo che non riuscivo a provare niente se non pura attenzione.
«Venni a trovarti ogni giorno da allora, alle 17:15 ero seduto su quella panchina, che piovesse, ci fosse il sole o la neve, io ero li. Durante quei mesi mi resi conto cosa ci trovasse Drake nella tua vivacità. Non credo ti sia stato detto, ma la tua famiglia e la mia erano molto unite prima della morte di mia madre.
Non ti vedevo da sei anni...
Un tempo molto lungo se guardato con gli occhi di chi ama, perché Drake era pazzo di te, innamorato ancor prima di saperne il vero significato, è cambiato dopo che i nostri genitori hanno smesso di vedersi, per colpa di qualche scartoffia a quanto pare»
Corrugai le sopracciglia, mi sentivo così vuota, era triste che non ricordassi nulla di quei momenti. Sentì il mio cuore agitarsi e abbassai lo sguardo qualche minuto guardando la mia mano tremare.
«Durarono circa un anno quegli incontri al parco, mi resi conto di aver trovato in te quella sintonia che tra me e i gemelli era sempre mancata, che dentro alla mia famiglia era sempre mancata.
Un giorno arrivasti più triste del solito, mi raccontasti che il tuo papà aveva trovato un buon posto di lavoro in un altra città, alla grande mela, la famosa New York.
Ero così innamorato dell'idea di noi che non riuscì a lasciarti andare, ti convinsi a scappare con me e tu non ci pensasti due volte a dire di sì»
Sorrise attirando la mia attenzione sulle sue labbra, mosse un braccio e sentì il metallo delle manette scontrarsi con una gamba di legno alle sue spalle.
«A quei tempi vivevo a casa di Ryan, un piccolo appartamento arredato e ordinato come la stampa di un catalogo di arredi. Quando mi presentai con te la sua espressione si fece confusa, era palese che sapeva chi fossi, ma non me ne accorsi allora.
Troppo giovane per avere pensieri concreti.
Un esatta settimana dopo Ryan trovò i fondi necessari per dare il via a tutto quello per cui aveva speso notti insonni e non ti rividi più. Lui ti portò via da me e non ci fu giorno che non provai a cercarti, a parlare con i piani alti, a convincerli ad indagare sulla tua scomparsa, su Ryan, ma niente, nemmeno quando gli procurai tutte le copie dei documenti riguardanti il progetto mi credettero.
Così trovai il mio piano B»
Alzai il mento raddrizzando la schiena, mi mancò un battito quando lo sentì pronunciare quel nome.
«Drake.
Negli anni li avevo tenuti d'occhio, anche se fisicamente non ci fui mai stato.
Avevo visto Aston crescere e interessarsi alla medicina, spinto probabilmente dalla morte prematura di mia madre, Drake invece era diventato un problema, sempre attaccato ai videogiochi, ingestibile caratterialmente, un peso per farla breve.
Quando scoprì che nostro padre aveva preso la drastica decisione di iscriverlo al campo mi assicurai che fosse messo nel giusto elenco, dove poi mi accertai personalmente che fosse sottoposto a continui stimoli.
Ti ho già parlato della camera bianca, dove ho tolto il tuo ricordo dalla sua mente»
Strinsi un pugno e posai il coltello a terra, era più sicuro che non mi fosse troppo vicino.
«La usai su di lui per creargli frammenti di ricordi. Semplici modificazioni di ricordi concreti, cambiandone solo alcuni particolari, ma lasciandogli viva l'illusione di quel sentimento che provava nei tuoi confronti, aggiungendo solo un falso senso di colpa che l'avrebbe spinto a cercarti.
Non avrei mai potuto trovarti io, ma lui si, perché non si sarebbe mai fermato, avrebbe potuto ritrovarti al campo, crescere con te, provare sulla propria pelle le tue stesse esperienze...»
Corrugai le sopracciglia, non potevo credere a quanta follia ci fosse nella sua mente, come la sua voce fosse calma e pacata nel raccontare tutto questo.
«...Sapevo perfettamente che nessuno mi avrebbe aiutato, perché il governo mi aveva già taciuto due volte, così accettai di aspettare, ma avevo bisogno che Ryan non fallisse»
Riprese guardando altrove, si sistemò meglio sulla sedia e si prese qualche secondo per fare dei lenti respiri.
«Qualche anno più tardi mandai una lettera anonima ad Aston, sapevo che il suo bisogno di essere apprezzato era più forte di ogni altra cosa, gli scrissi del progetto e dell'assoluta segretezza che ne comportava, aggiunsi che conoscevo il suo metodo preciso di lavorare e la costanza che aveva impiegato nello studio durante gli anni. Presto venni a sapere che il mio fratellino era diventato il braccio destro di Ryan.
Fallire sarebbe stato impossibile per quell'uomo con accanto un genio come Aston.»
Scossi la testa portandomi una mano al petto, un'altra scossa fastidiosa mi colpì all'improvviso e io chiusi gli occhi qualche secondo facendo fatica a respirare.
«Nathan hai fatto tutto questo per dimostrare al governo che avevi ragione?»
Chiesi accorgendomi di respirare appena, il cuore prese a battermi a una velocità folle e io mi alzai in piedi stringendo la ringhiera con forza.
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Dna
FantasyTerzo capitolo della saga. DANGEROUSLY Gli Angeli erano solo un ricordo ormai, nessun civile sapeva nulla e il governo aveva la bocca cucita. Ma quei pochi sopravvissuti ancora resistevano, nascosti aspettavano qualcosa... L'unico problema ormai er...