#49 Tessa

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Mi sciacquai la bocca e sputai l'acqua nel lavandino rimettendo lo spazzolino al suo posto.
Il mio riflesso mi sorrise e io mi sciolsi i capelli tirandomi su la spallina fine della canotta che portavo, lasciai scivolare un coltello nella vita dei pantaloni e mi sfiorai le labbra levando quella goccia d'acqua rimasta. Uscì dal bagno del pianterreno mi guardai le spalle e mi appoggiai alla porta dell'ufficio di Aston entrando velocemente, accesi la luce e aprì i cassetti della sua scrivania cercando la chiave della cantina. Chiusi il secondo cassetto e tirai l'ultimo notando fosse chiuso a chiave, lo sforzai e rompendo la serratura lo aprì, spostai alcuni oggetti e trovai una chiave, girai l'etichetta e sorrisi leggendo "cantina".
Con uno scatto mi ritrovai davanti alla porta che volevo e infilai la chiave nella serratura guardandomi intorno. Era appena mattina, probabilmente Matt era andato a correre e gli altri dormivano tranquillamente.
Girai la chiave e scesi quelle scale a griglia di ferro creando un eco sordo ad ogni passo.
Accesi la luce e un lamento uscì dalle labbra tagliate di Nathan. Sorrisi nel vederlo legato ad una sedia di legno.
«Fame? Sete forse?»
Domandai avvicinandomi mettendo le mani dietro la schiena, lui alzò lo sguardo su di me e io alzai un sopracciglio.
«Jhona ci è andato pesante...»
Feci notare a voce bassa, aveva lividi sul viso e un profondo taglio sulla fronte, le labbra secche mi fecero capire fosse disidratato. Gli misi una mano nei capelli e li strinsi obbligandolo a guardarmi in faccia.
I suoi occhi scuri erano lucidi e lo lasciai andare sentendo la rabbia farsi padrona di me. Gli diedi le spalle e mi passai la lingua sulle labbra.
«Sei meravigliosa»
Mormorò a voce bassa attirando la mia attenzione. Mi voltai e lui si lasciò andare contro lo schienale allungando le gambe.
«Vorrei che fossi tu a torturarmi»
Aggiunse sorridendo, un sorriso che esprimeva troppa gioia per i miei gusti. Tossì più volte sputando sangue e io mi portai una mano in tasca.
«Voglio sapere tutto»
Dissi sfilandomi il coltello lentamente, mi avvicinai e gli lasciai un taglio sulla guancia.
«Parla Nathan e ti regalerò il sollievo della morte»
Gli sussurrai all'orecchio guardando i suoi muscoli contrarsi. Mi allontanai appoggiando un ginocchio a terra e lasciai che i nostri occhi si incontrassero.
«Da qui sotto si sentono tante cose Tessa, si dice che tu voglia l'annullamento. Pessima idea per i miei gusti, non resterebbe uomo, donna o bambino in vita con te in quella condizione. Ti porti troppa rabbia dentro.»
Sorrisi irritata e mi alzai in piedi facendo qualche passo indietro, alzai le mani in segno di resa e ricordai la promessa che avevo fatto a Matt, non avrei sfiorato Nathan con un dito.
«Facciamo così»
Dissi facendo risuonare un battito di mani tra le quattro mura.
«So cosa vuoi Tessa, non c'è bisogno che lanci minacce a vuoto, perché è questo che sarebbero»
La sua espressione si fece seria e io feci qualche altro passo indietro sedendomi sul terzultimo scalino.
«Vuoi conoscere la storia? Bene, ma non restarci troppo male quando scoprirai di non essere così importante come ti è stato fatto credere»
Strinsi le labbra e aumentai la presa sul manico del coltello scaricando la tensione. I suoi occhi si concessero di guardarmi per qualche secondo e poi si chiusero girando lo sguardo altrove.
«Perdonami se sarò lungo, ma per capire dovrai ascoltare.
Anni fa raccontai a Drake come riuscì ad entrare nelle grazie di Ryan, mentì riguardo a certi dettagli per la verità.
Mi fu più che facile affiancarmi a quell'uomo, uomo del quale mio padre si fidava ciecamente.
Quando mia madre morì avevo solo undici anni, i gemelli ne avevano poco più di sei, ancora fortunatamente giovani per creare ricordi concreti»
Corrugai le sopracciglia, non ricordavo se Drake mi avesse mai parlato di sua madre, ma c'era una tale malinconia nelle parole di Nathan che quasi mi dimenticai di chi avessi davanti.
«Mio padre cadde in un forte stato di depressione dopo la sua scomparsa e io decisi di partire qualche anno prima per l'accademia militare, nella speranza che mi avesse distratto dal dolore.
Devi sapere che mio padre, non sentendosi più in grado di procedere nel suo lavoro lasciò tutto in mano a Ryan, non a me, a Ryan, ironico vero?»
Sorrise alzando una spalla, i suoi occhi tornarono nei miei e io rimasi in silenzio.
«Facendola più breve mi imbattei per caso nei file del progetto R, mentre aiutavo Ryan a chiudere qualche contratto. Quando capì la follia di quello che aveva in mente mi opposi, andai da mio padre, dagli altri uomini che facevano parte dei piani alti, ma niente, fui accusato di falsa testimonianza e mi obbligarono ad una cura psicologica per diversi anni.
Quando la "riabilitazione" non fu più d'obbligo me ne andai e tornai da Ryan fingendo di voler collaborare, tanto ormai sapevo e questo, in un certo senso, lo vedeva costretto a tenermi con sé. Mi spiegò ogni cosa, ogni dettaglio, mostrandomi dati, appunti e filmati di ogni progresso svolto fino a quel giorno. Era assurdo, folle, completamente fuori dalla concezione umana una cosa del genere, ma lui ci credeva, credeva in quel progetto in un modo quasi ossessivo. Ancora oggi mi chiedo cosa sia passato e cosa passi per la testa di quell'uomo per credere in un ambizione simile»
Si prese qualche secondo distogliendo lo sguardo da me, si passo la lingua sulle labbra facendo una smorfia di dolore e prese un respiro tornando a parlare.
«Trovare ragazzi che si proponessero di propria volontà era impossibile, così mi diede il compito di andare a cercare tossici e gente che non aveva nulla da perdere se avesse incontrato la morte per seguire la sua causa»
Le sue iridi si fermarono nelle mie un brivido mi percorse la schiena quando sorrise.
«Poi incontrai te»

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