Non più matricola "Quarta parte"

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<Non ci siamo ancora presentati.> Disse il ragazzo al suo fianco, per poi sollevare la mano. <Piacere, Antony.>

Con un sorriso afferrò la sua mano. <Elena.>

<Che bel nome... genitori Italiani?> Fece con tono leggero.

<No... veramente io...> Elena masticò impacciata.

Antony comprese all'istante. <Oh scusami non volevo. Perdonami.>

All'improvviso la voce dell'ufficiale riecheggiò nel corridoio. <Dentro.> Quasi gridò alle reclute.

Con un cenno rapido del capo indicò una porta aperta, che portava all'interno di una larga stanza. Senza esitare i soldati ben ordinati in fila entrarono, finché la stanza non fu piena di uniformi blu e solo allora la porta venne chiusa alle loro spalle.

Le reclute vennero disposte una accanto all'altra di fronte a un lungo tavolo, dove sedevano importanti cariche dell'esercito. Tra cui persino il famigerato maggiore Thomas, notò Elena. Non una persona molto affabile, questo più che altro spiccava fra le tante voci che circolavano. Molti degli ufficiali seduti di fronte alle reclute avevano un aria stanca, impaziente come se non vedessero l'ora che quella procedura attuata ogni qual volta che ci fossero delle nuove reclute, arrivasse prontamente alla sua fine. Il maggiore, senza uniforme vestito con dei semplici pantaloni militari e una t-shirt grigia con delle chiazze di sudore sotto le ascelle e intorno al collo, iniziò a parlare. Al contrario degli altri la sua espressione pareva molto adirata e decisa. Non appena il suo tono si levò dalla stanza, Elena confermò quanto notato in precedenza.

<Normalmente adesso dovrei farvi il solito discorsetto preparato per voi reclute al fine di motivarvi, e per farvi i complimenti per essere arrivati fin qua. Ma oggi non lo farò, ritengo che ciò non sia necessario, perché se adesso vi trovate qui in questa stanza vuol dire che non avete bisogno di ulteriori motivazioni. Ne tanto meno di complimenti, siccome ancora non avete fatto un cazzo. Certo, avete superato l'addestramento, ma questo non vi rende ancora dei soldati: siete ancora lontani dall'essere chiamati con quel nome. Solo quando sarete usciti da queste mura e avrete superato indenni tutta quella merda che risiede là fuori, solo allora sarò ben contento di chiamarvi miei uomini. Ma fino a quel momento, vi riterrò soltanto degli scarti.> Il maggiore si arrestò e incrociò le proprie braccia. <Adesso, vi dirò quello che realmente ritengo più giusto per voi.> Si fermò a pensare, dopo un attimo riprese. <Come ben saprete, all'esterno l'unico problema non sono solo gli infetti. Ci sono anche coloro che chiamiamo banditi. Quell'insulsa feccia che con la loro stupidaggine crede in un modo o nell'altro di poter entrare in questo posto. Ma, sapete benissimo che ciò mai accadrà. Dico bene?> Il maggiore si fermò in attesa di una risposta. <Vi ho fatto una domanda!> Gridò duramente con uno scatto.

<Si signore!> Prontamente urlarono all'unisono le reclute.

Elena ancora si ricordava, quando per la prima volta udì le esplosioni raggiungere la città. Era piccola e si trovava nell'orfanotrofio di Los Angeles, dove qualcuno, forse i suoi genitori, l'avevano lasciata qualche anno prima. Più di una volta, da quel giorno in poi, sentì risuonare la sirena d'allarme. Una voce al megafono gracchiava ordinando ai cittadini di ripararsi in casa, poiché i banditi stavano attaccando. E poi, dopo la prima esplosione, se ne susseguivano sempre altre. Sempre più vicine, fino a schiantarsi ai confini di Los Angeles. E dopo le esplosioni giungevano puntuali gli spari dei fucili. Sia quelli dei banditi che quelli dei soldati sopra le mura, sparavano senza pietà, entrambi con un unico scopo: far fuori il proprio nemico. Ma Elena repentinamente correva a nascondersi sotto il letto, nell'udire i primi boati levarsi al di fuori della città. Domandosi ogni qual volta, in quale inferno fosse terminata. Sola e spaventata, attendeva che la tempesta si placasse: a volte passavano delle ore prima che gli spari cessassero, altre volte appena mezz'ora. Tutto dipendeva dai soldati e dal tempo che impiegavano per sedare l'assalto. E quando le armi si azzittivano e la battaglia si concludeva piena di corpi sparsi per le strade, la sirena smetteva di gridare e tutto tornava per quanto possibile alla normalità: e allora Elena fuoriusciva dal proprio nascondiglio. Correva rapidamente alla finestra del dormitorio, insieme agli altri bambini preoccupati quanto lei; dense strisce di fumo nero si levavano oltre le mura, al di fuori dove la battaglia era infuriata senza esito per i banditi. Ed Elena, vedendo che tutto era rimasto invariato, puntualmente tirava un sospiro di sollievo. Era grata che il muro fosse ancora intatto, senza nessuna breccia che spalancasse le porte a quelle spietate persone. Chissà quali disgrazie avrebbero portato con se, se solo fossero riuscite ad entrare. Elena tremava al solo pensiero, vedendo come i volti dei soldati sopravvissuti si contraessero dalla angoscia e dal timore.

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