Scelta per l'esterno "Terza parte"

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<Matricola!> Udì a un tratto in lontananza.

Elena alzò gli occhi.

<Si tu, riserva.> Fece la donna severa, con voce sprezzante. <Vieni qui.> Con un gesto rapido della mano la chiamò a se.

Elena non avrebbe voluto andare, ma nonostante ciò, intimorita, si alzò dalla brandina per avvicinarsi lentamente alla donna burbera. Una volta raggiunta si fermò a cinque passi di distanza, riuscendo lo stesso a captare l'astio che al momento provava quella soldatessa, nei suoi confronti.

<Fammi un favore.> Disse duramente. <Quando ti ritroverai agonizzante per terra, di loro di non mandare più le reclute a fare il lavoro di noi soldati.> La sua espressione rigida intimoriva Elena. <E poi... schiatta pure quanto ti pare.>

<Ascolta.> Elena trovò un po' di coraggio. <Non so qual è il tuo problema, ma io non ti ho fatto niente. Non capisco perché te la prendi con me: dovresti prendertela con i comandanti se credi che tutto ciò sia sbagliato. Io, non ho fatto niente.>

<E' proprio questo il problema: tu, non solo non hai fatto niente... ma non sai un bel niente. Sei solo una poppante che ancora si succhia il pollice sotto la copertina, eppure ti mandano in missione... a creare soltanto dei danni. Lo conosco il capitano, quando viene per scegliere personalmente i soldati vuol dire che c'è un lavoro da sbrigare. Può essere anche un lavoretto di poco conto, ma deve essere comunque fatto. Ma questo non significa, che una come te non manderà tutto a puttane. E allora, stupida mocciosa, vuoi sapere perché me la prendo con te?> La sua voce si fece rabbiosa. <Quelli come voi, che ancora non sanno cosa significhi camminare per quelle strade, dovrebbero restare al proprio posto e lasciar fare il lavoro a chi realmente è capace.>

<Prima o poi, anche noi reclute dovremmo cominciare.> Disse Elena sentendosi sempre più intimorita.

<Certo, ma quando ne sarete all'altezza.> Il suo sguardo si fece di fuoco. <Per colpa vostra, di voi maledette reclute che non sapete stare al vostro posto, ho perso un'intera squadra.> Minacciosamente si avvicinò ad Elena. <"Portatelo con voi, così potrete insegnarli qualcosa", dicevano. "La vostra esperienza sarà utile per forgiarlo", continuavano gli ufficiali credendo che fosse realmente una buona idea. E così eseguimmo, lo portammo con noi, prendendolo sotto la nostra ala: nonostante io fossi altamente contraria.> Si fermò a pochi passi da Elena, continuando a proiettare fiamme dagli occhi. <Lo vedevo dal suo sguardo, il modo in cui si guardava sempre attorno. Quel tizio temeva la sua stessa ombra. Al minimo suono che sentiva correva a nascondersi dietro una macchina, creando solo inutili incertezze all'interno della mia squadra. Come si può insegnare ad una persona, che ancora non ha capito: che il mondo in cui viveva è andato a puttane parecchio tempo fa. Cosa credi, che l'agnello sopravviva nella gabbia del leone? Tutte stronzate, se ancora non sei capace di sopravvivere non ti sforzare neanche a combattere... tarderesti solo di qualche ora la fine inesorabile.> A un tratto però, per qualche strano motivo la donna arretrò, lasciandosi cadere con un tonfo sulla brandina militare. Seduta, il suo sguardo mutò. Le fiamme si dissiparono, sostituite da ciò che a Elena appariva come, amarezza e dolore.

<Quel figlio di puttana.> Disse a denti stretti. <Avrei dovuto ucciderlo... se solo l'avessi ucciso prima.> Scosse la testa avvilita. <Te non hai idea di cosa un uomo spaventato possa fare, quando la sua vita è appesa a un filo. La disperazione che ti guida, nei momenti più concitati, se non la controlli ti porta solo alla morte. Ed quello che successe, a quella schifosa matricola, che proprio come te non aveva mai messo piede fuori dalla città. Ma quello stronzo, insieme al suo cadavere... portò anche i miei uomini dietro di se.> Alzò lo sguardo verso l'Elena, tornato come prima; ricolmo di ira. <Sai che cosa ha fatto la recluta che avremmo dovuto addestrare?> I suoi pugni si serrarono con forza. <Stavamo perlustrando un edificio, un ipermercato a due piani, dove si credeva ci fosse rimasto ancora qualcosa da arraffare. L'idiota l'avevano mandato in fondo alla fila, così nel caso c'avessero attaccati alla spalle lui sarebbe stato il primo ad andarsene. O almeno, questa era la mia idea... non lo volevo nella mia squadra, sentivo che la sua presenza portava male. Che prima o poi, per colpa sua, sarebbe successo qualcosa di brutto. E infatti: così è stato.>

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