Il cemento sotto i suoi stivali, deturpato e lesionato, a ogni passo riecheggiava lungo le vie della città: vuote e devastate dal tempo implacabile. L'eco cadenzato che si spargeva dal basso, con le sue note ruvide e granulose ipnotizzava Elena. L'unico suono che poteva udire in quella strada deformata: era il rumore dei suoi stivali, che con prudenza battevano il cemento. Il vento aveva smesso di soffiare e insieme ad esso l'oscillare lento delle piante si era arrestato bruscamente; ponendo fine a quella lieve danza che si esibiva sugli edifici distrutti e in rovina. I verdi rampicanti non furono gli unici a riposarsi: le tende strappate che fuoruscivano dalle finestre infrante, non dondolavano più con fare spettrale. L'immondizia e il pattume che fluttuava lungo le strade, improvvisamente si era fermato. Ogni cosa presente in quella città pareva essersi congelata in un profondo sonno: statico e irrecuperabile. Morto come quelle vie che si mostravano di fronte agli occhi della ragazza, provocando nella giovane matricola uno strano senso di inquietudine.
Là fuori, accompagnata esclusivamente da i soli pensieri che accalcavano la sua mente, senza compagni ne persone in cui riporre la propria fiducia. Se affrontato da soli, l'esterno si mostrava più vorace. Più tetro e ambiguo di quanto non lo fosse se fronteggiato in compagnia. Si sentiva come una piccola formica insignificante, solitaria e impotente di fronte a quella vastità decadente. Gli enormi edifici che si perdevano verso il cielo sembravano schiacciarla come appunto, un essere irrilevante.
Il fascino del mondo perduto osservato con occhi cauti e circospetti, si perdeva fra le macerie e i cunicoli bui; nelle zone d'ombra ove il sole non potesse arrivare. Le carcasse rugginose delle auto, in precedenza la affascinavo ma adesso la inquietavano. Gli edifici distrutti e saccheggiati, davano l'impressione di racchiudere all'interno ombre e minacce: tant'è che la ragazza ogni volta che superava delle vetrine infrante di negozi ormai già da tempo razziati, non riusciva a trattenersi dall'osservare con timore quelle strutture cupe ed enigmatiche. I vicoli vuoti a lati della strada una volta oltrepassati non le davano più la sicurezza che qualche ora fa provava con il mercenario. Quelle vie angustie potevano racchiudere fatalità a i suoi occhi celate. Ogni minimo rumore che udiva in lontananza la faceva temere che ci fosse qualcosa in agguato, pronto ad attaccare. La paura che prima non percepiva, siccome accompagnata dalla piccola squadra formata a Los Angeles, adesso si stava vendicando facendole provare quelle sensazioni allarmanti che di consueto si dovrebbero percepire all'esterno.
Stava iniziando a pentirsi di quella scelta, dettata più dal mercenario che dal suo spirito di avventura. Avrebbe voluto soltanto terminare quel viaggio, appena agli inizi, ma la ragazza sapeva che c'era ancora molta strada da fare. Doveva innanzitutto ancora uscire dalla città, per poi, una volta fuori dalla metropoli devastata, raggiungere la fantomatica Rosemead di cui mai in vita sua aveva sentito parlare.
Elena più volte osservò la cartina in cerca di indizi inerenti a quella città: e ciò che vide fu soltanto una piccola zona verde, disegnata con un pennarello da Manfredi, indicate proprio il rifugio di cui le aveva parlato. E proprio lì a ragazza doveva andare, per motivi che solo l'uomo conosceva.
E se le avesse fatto del male? Si chiese a tratto impensierita. Immediatamente scacciò via quel pensiero malevolo: il mercenario non sembrava una persona cattiva. Duro e spietato, questo era certo, ma non crudele. I suoi occhi costantemente emanavano ombra minacciose, a sangue freddo e senza alcun rimorso aveva ucciso certo delle sue scelte. Eppure, nonostante tutto ciò, stranamente alla ragazza non appariva malvagio. Era come un leone racchiuso in gabbia, sereno e pacato se ne stava tranquillo sotto le ombre di un albero: ma se provavi solamente ad avvicinarti, ad aprire quella cella per addentrarti in quel territorio altamente pericoloso, ne pagavi le conseguenze. Così appariva ad Elena il mercenario, come una di quelle creature viste soltanto in un vecchio libro per bambini.
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Sopravviverò
Science Fiction-Storia in revisione- La società già da tempo è collassata, gli uomini aggrappati a ciò che resta dell'umanità sopravvivono alle avversità che il nuovo mondo ha da offrire. Sono passati più di vent'anni, eppure il genere umano esiste ancora: Los An...