3. Scelta per l'esterno

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Il maggiore con la solita fierezza austera varcò la sbarra dell'accampamento, sotto gli sguardi rispettosi dei soldati che, più con timore che con riverenza, si scansavano al suo passaggio. Raggiunse la tenda dove veniva amministrato l'allestimento militare e vicino al capitano Hill, intento a discutere con svariati ufficiali, si fermò.

Bastò uno sguardo severo del maggiore, per far intendere che la loro discussione era appena terminata, siccome a sua volta aveva bisogno di parlare con il capitano. Così quieti, gli ufficiali si scansarono, dandogli lo spazio di cui necessitava.

<Signore.> Salutò Hill gonfiando il petto. <Com'è andato il discorso alle reclute?>

Uno smorfia di scherno si levò dalla sua faccia. <Quei coglioni volevano che gli raccontassi le solite puttanate che diciamo sempre alle matricole. Sai no? Gli stessi discorsi che facciamo per mantenerli motivati, e concentrati verso la causa. Ma oggi non avevo voglia di sentire quelle stronzate. Così, gli ho detto le cose esattamente come stavano.>

Il capitano trasalì. <Signore, non avrà per caso...>

Il maggiore con un gesto vago della mano lo fermò. <Non sono così stupido Hill. Non ho detto niente "dei nostri amici infiltrati." Anche perché, come sai bene, non c'è nulla da dire. Lo sai benissimo che qui dentro non c'è alcun pericolo, ne tanto meno banditi camuffati.>

<Certo signore.>

<Ho detto semplicemente, quello che c'era da dire. Basta con queste stronzate su tutta quella feccia. Là fuori non c'è nulla che può abbatterci, e questo è quanto. Ti giuro che se sento ancora altri discorsi del genere... i nostri soldati inizieranno ad aver paura non solo dei banditi, ma di qualcuno ancora peggiore.>

<Si signore.> Disse il capitano senza battere ciglio.

<Caffè?> L'espressione del maggiore Thomas all'improvviso mutò, già avviatosi verso la postazione dove la vecchia macchina del caffè risiedeva.

<Volentieri, una tazza non la rifiuto mai signore.> E lo seguì a ruota.

Il maggiore alzò il coperchio della caffettiera, messa già da qualcuno a scaldarsi sopra il piccolo fornelletto a gas. Il liquido scuro al suo interno bolliva, facendo salire strisce di fumo dall'aroma tipico del caffè. Con profondi respiri il maggiore si inebriò della fragranza fuoruscita dal bricco malandato. Tali provviste come: caffè, alcool e sigarette erano molto richieste in città, sia dai soldati che dai cittadini. Ma, vista la domanda sempre più crescente e la quantità, sempre misera presente all'esterno, queste piccole forniture un tempo trovabili con estrema facilità, adesso erano divenuti beni di gran valore. I vizi, che le persone avevano mantenuto, erano ancora in grado di fare la fortuna di altri. I prezzi con cui si scambiavano le sigarette, a volte raggiungevano soglie inimmaginabili. In parecchie occasioni, quando i proiettili non bastavano, spesso i mercanti accettavano senza problemi sigarette o tabacco, per concludere l'affare. Molti commercianti, portavano con se sigarette artigianali, alcool prodotto con strani liquidi trovati all'esterno e chicchi di caffè che vendevano a prezzi esorbitanti. Questi tre beni, più i proiettili e le armi acciuffate nelle zone più selvagge, erano gli oggetti più richiesti nel mercato. L'esercito di Los Angeles aveva la propria fornitura personale, distribuita esclusivamente al personale militare. Spesso, come premio per il completamento di una missione, molti soldati venivano premiati con sigarette ed alcool, considerato quest'ultimo, da molti veterani un bene assai inestimabile.

<Adoro il caffè.> Fece il maggiore ammaliato. <Senza, non so proprio come farei.>

Il capitano sorrise. <La capisco signore. Dopo tutto, siamo fortunati ad essere militari... guardi, caffè gratis.>

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