Ma io più di te

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Veronica.

Abbiamo litigato.
Ma come una coppia.
O forse no.
Ma abbiamo litigato, per una cazzata.
Però solo felice.
Mi sento pazza.
Sono pazza.
Ne sono compiaciuta.
Abbiamo litigato.
Ci siamo urlati ad un telefono.
Però poi passa.
Però stavolta non rischiamo di non vederci più.
Mi sono sentita in una coppia.
Tu non mi rispondevi ed io ridevo.
Come le pazze.
Perché mi sentivo in una coppia con te.
Ridicolo, no?
Ho avuto subito bisogno di fare pace.
Io non sento mai bisogno di fare subito pace.
A me piace tirarmela.
A me piace essere rincorsa.

Ho chiamato Seba, mi dice che pensi che io non voglia parlarti.
Allora aspetti che mi passi, col gioco del silenzio?
Allora non hai intenzione di fare niente?

Non è mai facile con me.
A me piace tirarmela.
A me piace essere rincorsa.
Però mi piace avere la certezza di essere rincorsa.
Però voglio rincorrere.
È la prima volta che ho voglia di rincorrere un uomo.
Che poi, non è rincorrere.
È quello che è.

Non mi è mai saltato in mente di regalare fiori ad un uomo.
L'ho sempre trovata una cosa ridicola.
È l'uomo che deve farlo.
Ma tu mi fai venire voglia di regalarti fiori.
Ma tu mi fai venire voglia di sorprenderti, perché quando lo sei, ti ancoro a me.
Ti tengo un po' di più a me.
E non è possessione,
è per come strizzi gli occhi quando sei felice,
è per come socchiudi la bocca quando sei sorpreso,
è per come cammini in tondo in una stanza quando sei troppo euforico,
e un po' sei anche buffo, per chi ti guarda da fuori.

Non ho mai avuto voglia di regalare fiori ad un uomo.
Non ho mai avuto nemmeno il pensiero di farlo.
Me la sono sempre tirata.
Ho avuto uomini bravi a corteggiare, ho avuto uomini bravi a lusingare, bravi a letto.
Non ho mai avuto nessuno come te.

Uomo, poi bambino, poi di nuovo uomo.
È un susseguirsi di vite, tutte all'interno del tuo corpo, che se ti poggi su di me, io queste vite le vedo tutte.
Le prendo tutte.
Le vivo un po' anche io, tutte.

Tutte.

Stamattina sono arrivata più tardi del solito ad Amici.
Solitamente faccio le stesse cose ogni giorno, colazione, palestra, macchina, studi.
Oggi ho fatto una piccola sosta vicino agli studi.

Nel salottino della casetta blu regna uno strano silenzio, trovo solo Seba e Simone. Gli altri sono nelle sale della scuola.
Tu dove sei?
Oggi mi parli?
Non mi hai nemmeno mandato il buongiorno stamattina.
E nemmeno io.
Ma io sono scema, come dici te.
Però ti voglio vedere.
Dove sei?

Non ti chiamo, ma ti cerco in tutte le sale degli studi.
Sei nella nostra sala 4, seduto con la schiena contro lo specchio, una gamba stesa sul pavimento ed una rannicchiata, stai smanettando al telefono.
Sorrido.
Ciao piccino.
Con chi parli?
Cosa guardi?
Chi osservi?
Vieni in casetta?
Mi guardi?

Oggi non hai nessuna lezione insieme a me, né coreografie da montare.
Fra poco vai in pausa?
Ci vediamo in casetta.
Hai il broncio.
Non sai che ti sto osservando.
Rimani così.
Piccino.
Ora sei piccolo.

Quando torni in casetta io sono agli studi, ma oggi non dobbiamo incontrarci?
Ti immagino, sei stanco, hai il viso arrossato, hai ballato tanto ed è ancora mattina.
Ti avvolgi un asciugamano intorno al collo.
Sorridi a chiunque sia lì sul divano.
Ti trovi bene con ognuno di loro.

Amo la tua capacità di fare amicizia subito, di creare legami importanti e veri in breve tempo.

Amo che chiunque ti conosca, si affeziona a te.
Tu non te ne rendi conto, ma le persone pendono dalle tue labbra.
Hai un'aura di Luce attorno.
Sei Luce. Sempre.
Io te lo dico spesso, ma tu ridi, sempre.

Bussano alla porta della casetta, va ad aprire Giuseppe.
Porta dei fiori.
A te.
Ridi.
Ridi, come quando ti dico che sei Luce.
Chiedi se siano per te.
Giuseppe dice che sulla busta contenente il bigliettino, c'è il tuo nome.
In rosso.

Perché
Il rosso era per me
L'irraggiungibile (*)

Guardi meglio i fiori.
Apri il bigliettino.
Leggi.
Una, due volte.
Sorridi.
Strizzi gli occhi.
Lo rigiri.
Prendi il telefono.

Sono in sala, sto tornando in casetta.
Apro instagram, hai fatto una storia.

Che cretino.
Che coglionazzo.
Non riesco a crederci.
Pensavi fossero di Giuseppe?
Sul serio?
Mo te meno proprio.
Mo vengo in casetta.

Arrivo, a passo spedito, sbatto i piedi per farmi sentire già dal cancello.
Cerco di avere una faccia indifferente, ma rilassata.
Ma sono troppo espressiva.
Ma ci provo.
Stronzo.
Non hai riconosciuto la mia scrittura?
Non hai riconosciuto la mia frase?
Non hai riconosciuto la mia richiesta di pace?
Le mie scuse?
Io non chiedo mai scusa.
A nessuno.
Io non rincorro mai nessuno.
Io non regalo fiori mai a nessuno.

Ho chiesto una rosa rossa, al centro di tanta nebbiolina bianca.
L'essenza di tutto.
La rosa rossa in mezzo al bianco ingarbugliato.
La luce nel buio.
Luce nel disordine.
Il mare calmo, io e te, nel disordine, quando tutto sembra distrutto.

Gli altri mi salutano, tu mi fissi.
Cosa vuoi?
Sei seduto al tavolo, annusi la rosa, vuoi farti notare senza chiamarmi a voce.
Io parlo con gli altri, ti controllo con la coda dell'occhio.
Sì lo so.
Volevo fare pace.
Voglio fare pace.
Ma non ti sei accorto che ero io?
Sul serio?
Mi fotti il cervello.
Ti avvicini, mi dici ciao.
Ti dico che sei sudato.
Mi guardi, dalla testa ai piedi, con un sorrisino beffardo.
Ma dolce.
Ma uomo.
Ora sei Uomo.

Mi dici che non hai avuto tempo di farti la doccia perché qualcuno ti ha mandato dei fiori e ti ha totalmente mandato fuori di testa.
Ti dico Buon per te.
Mi giri intorno.

Mi dici che mai nessuno ti aveva regalato dei fiori.
Lo sai.
Ah, lo sai.
Lo sai.
Volevi solo farmi impazzire.
Volevi solo continuare a giocare a chi si sfinisce prima.

Ti dico che c'è una prima volta per tutto.
Sorrido.
Fermo il tuo giro.
La mia mano stretta sul tuo braccio.
Te lo chiedo.

'ah, sapevi che ero io?'

'Mh, sei proprio una coglionazza....più di me!'

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(*) Solo - Marco Mengoni

Andreas&Veronica || PilloleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora