Appena prima di partire

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Lo stage a Novara è terminato da poco.
C'è quello strano momento in cui la musica si spegne, vanno tutti via, la sala ritorna silenziosa, ci siamo solo io e Fabrizio, in due lati opposti della stanza.
Non siamo più obbligati a mantenere una conversazione o condividere.

Prendo il telefono, devo guardare l'ora.
Controllo whatsapp, rimetto il telefono il tasca.
No, ho dimenticato di controllare l'ora.
Lo riprendo.
Sbuffo.

Mi tremano le gambe.

Mi mangio le unghie.
Cammino avanti e poi torno indietro.
Raccolgo le mie cose.
Ho ancora i vestiti addosso con cui ho ballato.
Vado a cambiarmi.
Sto per levare la felpa rosa.
Sorrido allo specchio.
A te piace il rosa.
A me piace il rosa.
Ma a me piace il rosa anche perché a te piace vedermi in rosa.

'come ci becchiamo in stazione? Sapremo riconoscerci? Dovremmo avere un segno di riconoscimento.'

Sfotti. Ti manco. Mi manchi.

Sei euforico.
Ti sento.
Sei agitato.
Per domani.
Per oggi.
Per tutto.

'perché?'

'Perché non mi ricordo la tua faccia'

'potrei dire la stessa cosa di te...E comunque ho postato delle foto, puoi vedere la mia faccia da lì ;)'

'Tipo quella storia che hai postato ora? da lì, tesoro mio, si vede tutto tranne che la faccia'

'cretino'

'Che poi cosa scrivi "ciao vado via"? sbrigati'

'è il nostro codice, non lo sai?'

'è il tuo codice.
Quando abbiamo poco tempo. Quel "vado via" l'avevi scritto anche su quella foto che ti ho scattato io, quel giorno al mare, solo io e te'

'hai studiato bene'

'hai visto, maestra?'

'Ah, io sarò quella con la felpa rosa'

'io sarò quello che beve un milkshake rosa.'

'che stai a dí?'

'guarda la mia ultima storia.'

'Cretino'

'sbrigati'

Mi tremano le gambe.

Milano centrale.

Fabrizio che mi chiede a che ora c'è il treno per Roma.
Parla di cosa mangiare a cena, a Roma.
Parla di riprendere i bambini dai nonni. A Roma.

Non ci sono.
Non lo sente mai subito.
Ci impiega sempre tempo.
Sempre. Sempre.

'mi stai ascoltando, Vero?'
Distolgo lo sguardo.

'cosa?'

'ah, vai'

Non sto chiedendo la sua approvazione.
Certo che vado.
Domani tu parti.
Certo che vado.

Mi tremano le gambe.

'dove sei?'

'dentro, in galleria'

'qui c'è tanta gente, e in tanti stanno bevendo milkshake rosa.
Devo fare una caccia al tesoro?'

'Io sono quello più bello fra tutta la gente che beve milkshake rosa, che ti sta aspettando al centro esatto della galleria'

'Ma perché al centro esatto?'

'perché fa più figo'

'tu sei tutto scemo'

'Ahah lo hai detto come Oli'

'Sì. Sto arrivando'

'Sì, ti vedo'

'veramente?'

'no'

'Andre, sei felice?'
'te lo dico fra poco'

Cammino, vedo il centro, non vedo te.
Poi due ragazzi si spostano, e tu sei lì. Al centro.
Della galleria.
Della stazione.
Di me.

Sto perdendo tempo che non ho, ma se mi soffermo un attimo a guardarti da lontano, forse non è tempo del tutto sprecato.
Voglio imprimere questo momento nei miei occhi.
Te che guardi il telefono, non trovi nessun nuovo messaggio.
Mi scrivi ancora.
'allora dove stai?'

Non ti rispondo.
Rimango a fissare il tuo essere impaziente, il tuo grattarti i capelli che ora sono più chiari.
La bocca socchiusa, sospiri.
Butti aria fuori.
Sei ansioso, e sei euforico.
Sei impaurito e sei voglioso di tutto quello che ti capiterà.

Hai la faccia di un bambino che si affaccia ora al mondo.

Hai i pensieri di un uomo che ha visto già tutte le parti brutte del mondo. Mancano quelle belle, che ci sono, ma non le sai gestire.

Guardi l'orologio, fai un passo avanti, poi indietro.

Dove vai. Sono qui.

Mi tremano le gambe.

Riprendo a camminare, spedita, verso te.
Mi noti subito dopo.
Sorridi.
Gli occhi.
Due piccole fessure a tenere due occhi brillanti.
Brilli.
Sto arrivando.
Non ti muovere.
Mi aspetti.
Mi vuoi al centro esatto di questa sala senza pareti, esposta, scoperta, viva.

Il milkshake a metà, ancora in una mano.
L'altra mano prende subito la mia.
Non mi tiri a te come al tuo solito.
Mi guardi, sorridi ancora.
Non ci salutiamo a voce, usiamo solo quei gesti con le mani aperte, a chiederci cosa c'è.
Embè?
Che fai?
Ti avvicini, mi dici che è bella questa felpa rosa.
Mi stai abbracciando? No.
Mi alzi il cappuccio sulla testa.
Mi dici di seguirti.
Ti dico che mi hai fatto venire qui al centro per poi spostarci dopo un secondo.
Ridi.
Mi dici che le gambe tremano di più a raggiungere il centro.

Mi tremano le gambe.

Vedo solo la tua schiena, mentre cammini qualche passo davanti a me.

Sicuro, impaziente ma lucido.
Io ti vengo appresso.
Come piace a te.
Mi guidi.
Come piace a me.

Mi farei portare ovunque tu voglia, solo per il gusto di seguirti, vedere la tua schiena muoversi, le tue lunghe gambe flettersi a passi veloci, i tuoi piedi calpestare terreno dove dopo passerò io.

Dove ogni tuo passo
Si confonde col mio.

Mi chiedi quanto tempo ho.
Ti dico 'poco'.

Annuisci.
Sospiri.

Non c'è più nessuno intorno.
Siamo solo noi.

Mi tiri i lacci della felpa, li arrotoli attorno alle dita fino ad avvicinarmi. Scontro il mio petto contro al tuo, mi alzo sulle punte.
Sto per baciarti per tutto il poco tempo che abbiamo.
Mi lasci il cappuccio della felpa sulla testa. Tu e le tue manie di proteggermi dal mondo.

Mi hai chiesto di raggiungerti nel posto più affollato e poi mi hai nascosta.

Mi hai portata in questo angolo di pace momentanea e siamo solo noi, e continui a nascondermi.

E continuo a farmi nascondere.
E continuo a fare qualsiasi cosa tu voglia.

Ti chiedo ti cosa hai bisogno per partire al massimo della serenità.
Voglio che tu viva tutto.
Dovrai essere una spugna, assorbire tutto.
Non perderti neanche un secondo di quello che stai per vivere.
L'hai sudato.
È il tuo momento.

Mi chiedi di dirtelo.
Che senza quella parola non riesci a partire.
Che te l'hanno detta in tanti, in questi giorni, ma vuoi sentirla solo da me.

In effetti questa parola sembra così banale.
È solo una.

'Respira'

Andreas&Veronica || PilloleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora