15: Normalità...

1.3K 86 6
                                    

I mesi successivi all'Accademia furono... normalissimi.

Selina e Valentina iniziarono a conoscere gli altri ragazzi e a imparare, tutto procedeva tranquillamente.

La Volante aveva quasi dimenticato il piccolo paragrafo del libro di storia, anzi ora trovava i suoi dubbi insensati, in fondo poteva solo sollevarsi da terra, c'erano poteri ben più importanti e potenti!

                                    ........

Era il 22 Dicembre.
Tutti gli studenti del primo anno si svegliarono allegri ed eccitati, perché per la prima volta sarebbero potuti uscire dall' Accademia.

La scuola, al contrario di ciò che pensavano gli alunni, non era isolata da tutto e tutti, anzi era abbastanza vicina a una città, Genova, dove con permessi speciali o durante le gite i ragazzi potevano trascorrere del tempo o praticare attività fisica nell'enorme centro sportivo.*

Alle otto in punto tutti gli allievi, dal primo fino al quarto anno, uscirono dai cancelli, rilassati.

Viaggiarono sugli stessi pulmini che qualche mese prima li avevano portato fino alla scuola, e in meno di dieci minuti arrivarono.

Gli studenti si catapultarono fuori dagli angusti veicoli, diretti verso le strade, quando il professor Civera ( professore di matematica) , soprannominato Civetta per i suoi grandi occhi, si mise a parlare:

<< Ragazzi, ragazzi fermi!>> disse, lievemente spazientito.
Gli studenti si fermarono di botto a causa dell'enorme campo di forza che ora li circondava come una bolla e che impediva loro di muoversi, mezzo del quale il professore si serviva spesso, essendo il suo potere.

Una volta ottenuta l'attenzione di tutti i ragazzini il professore continuò il suo discorso:

<< Allora, giovanotti:
Avete tempo fino alle tre del pomeriggio, dopo quell'ora  dovrete tornare ai pulmini, non ci faremo scrupoli a lasciarvi qui.
Potete andare ovunque, tranne nei pub, e badate che noi abbiamo occhi ovunque.
Infine coloro con le borse di studio hanno un badget (?) di 25 euro a testa da spendere per regali o cancelleria. È tutto.>>

Gli studenti, appena liberi dal campo magnetico, si buttarono verso la strada principale, ansiosi di comprare i regali per genitori, parenti e amici.

La città offriva amplia scelta di regali: ovunque era pieno di negozi e bancarelle natalizie, dipinte di bianco dalla neve appena caduta.

Le strade più larghe erano costellate di lucine e festoni colorati, mentre nelle più piccola le il terreno era grigio dalla neve sporca che nessuno si era premurato di togliere, e che dava un senso di degrado e abbandono.

Fu lì che andò Selina.

Appena aveva visto tutti i suoi amici dirigersi verso le bancarelle aveva tirato dritto, triste.

Lei non sarebbe tornata a casa per le vacanze, e le faceva male vedere tutti gli altri comprare i regali  per i familiari che non avrebbe rivisto e che non volevano rivederla.

"Chissà cosa stavo facendo i miei genitori..." pensò, perché anche se non lo dava a vedere le mancavano molto.

Dopo il messaggio ( al quale non avevano risposto) Selina non aveva più provato a parlare con loro, in parte perché si vergognava di aver mandato un messaggino così corto, e anche perché nel profondo lei sperava che i suoi genitori non le rispondessero, aveva troppa paura di una risposta che l'avrebbe ferita.

In quei giorni le capitava sempre più spesso di assentarsi dal gruppo, chiacchierava meno e volava anche molto meno.

Si sentiva vuota, e non sapeva perché, inoltre non aveva quasi mai il tempo di parlarne con Valentina, ora che passava molto tempo con Pin (tra i due, secondo Selina, stava nascendo qualcosa) .
Sovrappensiero la ragazza si incamminò ed entrò in una via secondaria, e, senzasapere nemmeno come, si ritrovò in un porto.

Sbalordita guardò le enormi navi e il mare, di un blu come non aveva mai visto, e capì che quella era una città costiera: com'era stata stupida a non capirlo!

Meravigliata iniziò a camminare sulla banchina, e osservò le maestose navi ancorate al molo.

La più bella di tutte era la θάλασσα, doveva essere nuova di pacca, la sua vernice fresca brillava al sole.

La più grande però era un'altra, "Poa" si chiamava, sulla quale i numerosi marinai si stavano preparando a salpare.

Continuò la sua passeggiata, finché non arrivò all'ultima nave.

Era stata messa in disparte, probabilmente per la sua vernice scrostata e la figura per nulla elegante.
Si chiamava Nemomo.

Selina in un certo senso si sentì simile a quella costruzione, diversa dalle altre.

Tutti gli altri erano normali persone speciali, lei... no.
Sorrise alla contraddizione che aveva appena pensato.
"Normali speciali... è ridicolo" si disse.

In quel momento una campana battè tre colpi.

La ragazza, spaventata, vide che il suono proveniva da un campanile.

Controllò l'orologio, e vide che mancavano pochi minuti alle tre: il tempo era volato.

Era troppo lontana dai furgoni per arrivare a piedi, quindi decise di avvalersi del suo potere:

Iniziò a correre e raggiunta una certa velocità si diede una poderosa spinta per staccarsi dal terreno.

Iniziò ad alzarsi, ma piano, troppo piano.
Guardò in basso, e in quel momento cadde come non faceva da mesi, quasi un anno.

Selina sbattè forte sul molo, ma si rialzò subito, dolorante.

Stupita guardò i suoi piedi, responsabili delle sue nuove ferite alle gambe.

Riprovò ancora e ancora, ma non successe nulla, si limitò a fare dei salti particolarmente alti.

Non riusciva più a volare.

Spaventata si guardò intorno, come per trovare qualcuno che potesse aiutarla, ma vide solo un vecchio cieco che arrancava nella direzione opposta.

Ormai sull'orlo di una crisi di panico sferrò un calcio a un lampione, e le venne un'idea:

Prese nuovamente la rincorsa e si diede lo slancio.
Iniziò a salire, e riuscì ad arrivare al lampione, il quale, essendo ricurvo, le offriva un ottimo appiglio.

Come una trapezista si diede lo slancio, e continuò così fino al parcheggio dei pulmini, dove per fortuna non la vide nessuno.

Atterrò, se così si può dire, dietro uno dei mezzi, e poi corse verso il gruppo, facendo finta di nulla.

Durante il viaggio di ritorno provò ad avvicinare Valentina per parlarle, ma ella non aveva occhi che per Pin e Alessandra, con i quali stava scherzando allegramente.

Selina, sconsolata, si sedette, e per poco non fece un salto di dieci metri quando vide che Agata la stava osservando da un bel pezzo.

<< Sei strana, cos'hai?>>  le chiese, osservandola curiosa la telecinetica.

<< N- niente, non ho nulla>> rispose l' altra, a disagio.

<< Come  vuoi, ma se vuoi un consiglio evita di fare così tanto rumore quando oscilli sui lampioni, va bene?>> le disse l'altra, facendole l'occhiolino.

Selina decise di non rispondere.

                                       ....

<< cos'hai visto?>>
Disse una figura di spalle.

<< Sta succedendo. Dobbiamo agire in fretta>>.

* Questa città  di mia invenzione, non rispecchia la vera Genova.

Poteri di settimo grado (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora