Capitolo 18

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Era sempre difficile tornare a quel campo, soprattutto in quel periodo dell'anno.

La neve aveva attecchito al suolo, alcuni ragazzi si erano messi a fare a battaglia con le palle di neve, altri a costruire dei pupazzi che avevano vagamente l'aspetto del signor. D, altri invece somigliavano ad un baby Minotauro o altre figure mitologiche.

Respirò a fondo l'aria fredda del campo: era decisamente diverso da Nuova Roma. All'interno erano ancora presenti pochi semidei, alcuni sarebbero arrivati nel pomeriggio, altri l'indomani.

Si andò a sistemare nella sua cabina, disfacendo i bagagli. Era in qualche modo bello essere ritornati al campo.

Nico stava per buttarsi sul letto e riposare dopo quel viaggio nell'ombra, quando qualcuno andò a bussare alla porta della sua cabina. Con un sospiro si alzò, andando ad aprire, venendo investito dal figlio di Giove. Nico se lo doveva in qualche modo aspettare, già era stato strano non averlo incontrato all'entrata.

« Com'è andato il viaggio? » chiese, entrando dentro la cabina che era tutta il contrario del suo appartamento. Nico sospirò, chiudendo la porta. « Bene » rispose, rimettendosi seduto sul letto. Quanto avrebbe voluto dormire.

« E al campo come stanno? Hanno già iniziato ad addobbare ogni cosa? » accennò una risata, guardandosi attorno. Era strano, ma non era mai entrato lì dentro prima d'ora. Quella cabina era inquietante, una parte di sé temeva fosse una vaga riproduzione del palazzo di Ade, l'unico luogo in cui Nico abbia mai vissuto per davvero. Le pareti erano alte e così scure che sembravano fossero fatte di tenebre. Jason evitò di avvicinarsi troppo, quasi spaventato dall'idea di venir risucchiato dentro. Il pavimento era talmente lucido che creava l'illusione di camminare nel vuoto. Non c'erano molte decorazioni sulle pareti, solo dei rilievi e delle torce che riflettevano – in una danza quasi agonizzante – i riflessi di quella luce verde. La maggior parte delle finestre – che notò avessero dei dettagli molto particolari – erano posizionate ad ovest, solo un paio ad est che andavano ad illuminare un angolo della stanza dove aveva collocato una sorta di altare, accanto ad esso vi era un vaso di melograno, i suoi frutti erano rossi come sangue appena versato. Voltò lo sguardo verso Nico, che si era seduto sul letto di pioppo bianco, una parte di sé immaginava provenisse direttamente dall'Ade. Improvvisamente Jason trovò la propria cabina – con quella statua di Zeus che troneggiava sopra ogni cosa – non poi così male. « Sì » gli rispose Nico, facendo finta di non aver notato la tensione negli occhi dell'amico. Lì dentro non c'era nulla che poteva ferirlo. « Il tempio di Saturno straripa di doni » lo disse con nemmeno troppo entusiasmo. « Frank ha detto che quest'anno esagereranno, qualunque cosa voglia dire » borbottò, stendendosi sul materasso, incrociando dietro la testa le mani. Jason accennò una risata, a quanto pareva il romano aveva ben capito cosa aveva in mente di fare la sua ex legione. « Qui si fa qualcosa? » domando Jason. Dopo Annabeth era Nico quello che ne sapeva di più, essendo uno dei pochi a rispettare e conoscere le tradizioni della Grecia antica.

« In realtà no » gli rispose, guardando il soffitto, anch'esso così scuro da sembrare invisibile. « Un tempo si festeggiava l'abbondanza dei raccolti e venivano fatte delle rappresentazioni teatrali che raccontavano la nascita del signor. D » spiegò. « Ma onestamente nessuno ora lo fa più ».

Jason ci rimase un po' male, era abituato a festeggiare e banchettare in quel periodo dell'anno. « Quindi sarà un mese come tanti altri » ne concluse il figlio di Giove. Nico piegò il capo verso di lui, fissandolo per alcuni istanti senza dire nessuna parola. Anche lui avrebbe voluto dire che era un mese come tanti altri. « Sì, be', almeno c'è la neve » provò a mettergliela su un altro piano, la neve lì al campo piaceva un po' a tutti, tranne che alle figlie e figli di Demetra. L'amico sospirò, era una magra consolazione quella. Nico si rimise seduto, provava un certo dispiacere per Jason, per lui era davvero tutto nuovo.

Poi in lontananza si udì il richiamo della conchiglia, erano rimasti così a lungo a chiacchierare che non si erano accorti dell'ora che si era fatta. Insieme uscirono, attenti a non scivolare sui gradini ghiacciati, dirigendosi verso il padiglione della mensa e sedendosi al solito posto.

Appena si accomodarono vennero serviti dalle graziose ninfe, che leggiadre sembravano danzare tra i tavoli servendo i semidei. Tutti poi fecero le loro offerte al falò, ringraziando uno degli dei. Pure Nico nella sua offerta chiese qualcosa al padre, anche se forse lo avrebbe dovuto chiedere ad una dea in particolare. Scrollò le spalle, sospirando pesantemente, sperando lo stesso che lo avesse ascoltato e che non si fosse messo a ridere assieme a qualche scheletro.

« Hai una faccia... » commentò Jason, vedendolo tornare tutto immusonito, Nico non si era accorto di essere così assorto nei suoi pensieri. « Sì, stavo solo pensando ad una cosa » gli disse, mettendosi seduto e iniziando a mangiare.

« C'entra per caso... » non c'era bisogno che l'amico finisse la frase, ormai lo sapeva ed era chiaro di chi stesse parlando. Nico sospirò, da quando glielo aveva detto era diventato più semplice parlargliene. « Sì » confermò. « Ieri sera abbiamo parlato, mi ha detto che avrebbe passato le vacanze qui al campo questo inverno »

Gli occhi di Jason si illuminarono, finalmente delle buone notizie. « E non è fantastico? »

« Penso di sì » rispose Nico, giocando un po' con il cibo. « Non so che dirgli » sollevò lo sguardo fissandolo dritto negli occhi, spiegandogli il suo problema che detto a voce non sembrava niente di che.

« Ti stai facendo troppi problemi » gli sorrise. « Digli semplicemente le cose come stanno e punto »

Nico si limitò a sospirare, non era così semplice come lui credeva. « Forse » borbottò, mangiando finalmente qualcosa.

Più tardi quel pomeriggio andarono al campo da basket, era una di quelle poche attività che erano rimaste da fare al campo oltre che duellare e dato che nessuno dei due aveva voglia di tirare fuori le spade andarono al campetto a fare due tiri con la palla. Iniziarono con una semplice partita amichevole, per riscaldarsi un po' i muscoli poi però sfociò in una vera e propria partita uno contro uno. Jason era piuttosto rapido, ma scivolava spesso sul ghiaccio, anche Nico non se la cavava così male. A volte sembrava comparisse come un'ombra alle sue spalle e gli rubasse la palla e quindi Jason rispondeva facendo leva sulle sue doti acrobatiche.

Finirono che erano madidi di sudore, con il fiatone a palla ed una risata pronta per essere riversata. Era da un po' che Nico non si divertiva così tanto al Campo Mezzosangue.

« Dei! Mi hai distrutto » ansimò Jason, mentre si passava una mano sulla fronte ghiacciata.

« Tu hai fatto altrettanto » rispose, riprendendo fiato.

Risalirono insieme il campo, con i brividi lungo la schiena, diretti verso le loro rispettive cabine dove li attendeva una lunga e piacevole doccia calda. È stato un vero azzardo andare al campo da basket e lasciare che i loro istinti rivali prevalessero, sarebbe stata una fortuna non ammalarsi.

Il figlio di Ade si beò per un po' sotto il getto caldo dell'acqua, uscendo dal bagno avvolto da una nuvola di vapore. Si mise un maglione addosso e avvolto dai vestiti puliti si stese finalmente sul letto a riposare.

Non prese veramente sonno, rimase più che altro a fissare un punto imprecisato del soffitto a pensare, come ormai faceva spesso, improvvisando un ipotetico monologo nel quale per una volta avrebbe monopolizzato lui il discorso.

RICOMINCIO DA TE // solangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora