Parte 9

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Era sabato sera, e la discoteca non poteva che essere un ricettacolo di umanità di tutti i tipi. La pista era gremita e la folla si dimenava al suono martellante di una canzonetta senza storia.

Linda e Farelli, in cerca del pittore, scrutavano fra quella miriade di facce, aiutandosi con una foto che il giornalista si era fatta dare dal solito direttore: Oscar Gemma appariva come il classico snob dall'aria saccente, poco più di un ragazzo, coi capelli lunghi e neri, un sorriso soddisfatto, ma senza allegria. In quel caos non era facile distinguere i volti, le luci stroboscopiche rendevano la ricerca pura utopia. Lo trovarono solo una ventina di minuti più tardi, nella zona relax. Era seduto su un divanetto e beveva qualcosa di forte, a giudicare dal sorriso ebete che gli incorniciava il viso. Non era abbastanza intontito da rinunciare a darsi delle arie, però. Sedeva in mezzo a due coetanee, atteggiandosi a playboy. Alla sua sinistra stava una biondina, a dir la verità non bellissima, che gli si strusciava addosso, fregandosene di stare in un luogo pubblico; alla sua destra aveva una mora coi capelli corti, carina, dall'aria mite, che osservava delusa l'amica. Vestivano in maniera simile, magliettina corta a scoprire l'ombelico e minigonna, colori sgargianti.

- Siete della polizia? – fu la prima cosa che Gemma disse, con un tono che nelle intenzioni sarebbe dovuto essere spavaldo.

- No, siamo giornalisti. Mi chiamo Giovanni Farelli. Lei è la mia collega, Barbara Rossi. Scriviamo per il quotidiano Italia Oggi. –

Linda trasalì impercettibilmente. Era un'adulta ormai, eppure le bugie, anche quelle senza importanza, la mettevano ancora a disagio.

Senza alzarsi Gemma strinse la mano ad entrambi, e non presentò le sue amiche. Giovanni e Linda si sistemarono sul divano di fronte. Era soffice e comodo, e lì, nella zona relax, la musica arrivava attutita, senza peso. Eppure Linda cominciava a sentirsi a disagio. Che diavolo ci faceva lì? Cosa credeva di fare? Si sentì pervasa da un senso di inadeguatezza sgradevole, deprimente. Intanto Farelli chiedeva candidamente: - Perché pensava che fossimo della polizia? –

- Poco fa mi hanno chiamato sul cellulare. Domani mi devo presentare come persona informata dei fatti. Quali fatti, poi? Ho solo dipinto un quadro... E il nome della ragazza uccisa non mi dice niente. – disse, sicuro che chi aveva di fronte sapesse di cosa parlava – Siete qui per l'omicidio di stasera, vero? – aggiunse pro forma.

- Esatto. Sa di chi sospettano? –

- Si. – e sorrise come fosse uno scherzo – Di quel serial killer... Come lo chiamate voi giornalisti? – chiese come se non lo sapesse.

- Il killer del buio. – stette al gioco Giovanni.

- Cosa volete da me? – chiese Gemma aspro, con scortesia evidente. Era chiaro che avesse altro per la testa. La biondina gli teneva una mano sulla coscia, e ogni tanto lanciava un'occhiata allusiva al maturo giornalista.

- Solo un paio di domande. Sempre se le va, si intende. –

- Va bene, purchè facciate presto. – I suoi occhi erano vitrei, praticamente senza espressione. Si mostrava annoiato dalla loro presenza, ma accettò di rispondere alle domande senza riserve. A dispetto delle sue intenzioni traspariva la smania di farsi bello davanti alle ragazze. La sua iniziale ritrosia era stata una commedia per dissimulare la propria vanità. Bevve d'un fiato l'ultimo sorso del suo drink.

- Allora – iniziò Giovanni, estraendo penna e taccuino – Per quel suo dipinto, La macchia nel cuore, a cosa si è ispirato? Esiste la persona del ritratto? –

- No .– negò decisamente il pittore – E' un personaggio di fantasia. –

- Forse si è ispirato a qualcuno, magari è una specie di collage di più individui? –

- No, neanche questo. Glielo ripeto, solo fantasia. –

Farelli tentò un'altra strada. – Va bene... Senta, cosa le ha fatto scattare la molla, da dove è nata l'idea? –

- Da qui. – e Gemma si toccò platealmente il petto, ad indicare il cuore. La biondina gli mise una mano fra i capelli, come se fossero stati soli, in intimità; l'altra invece continuava a starsene ferma e buona. Parve a Linda che la fissasse con intenzione. Era angoscia quella che credeva di leggerle in faccia?

- Il cuore. – sorrise Farelli, complice. – Anche il suo cuore ha una parte oscura? –

- Certo, ed è quella che uso per la mia arte. –

- Quindi le sue opere nascono da delle intuizioni inconsce... - Farelli cercava disperatamente di farlo parlare. Linda e la brunetta continuavano a scambiarsi occhiate, mute. Quell'idiota gli ricordava i bulletti del suo paese... Ricordava.... Ricordare... Si, ma ricordare cosa? Fu il pensiero di un attimo e nulla più.

- L'ho sognato. – disse Gemma – Mi capita spesso di fare strani sogni. –

Era evidente che non se ne sarebbe cavato niente, quel ragazzino era troppo impegnato a recitare la sua parte per dire anche una sola cosa concreta.

- Be', credo che basti. – lo interruppe Farelli, con finta cortesia – Non vogliamo disturbarla ulteriormente. La lasciamo ai suoi divertimenti. – concluse, ironico e allusivo. La bionda ammiccò. Gemma non seppe trattenersi, e chiese come una casalinga che si è appena fatta intervistare: - Pubblicherà questa intervista? –

- Non credo proprio. – gli rise in faccia il giornalista.

Delusione e dispetto apparvero sul viso del pittore, più puerile che mai.

- Chi se ne frega, tanto non li leggo i giornali! –

- Sogni d'oro... E che le portino l'ispirazione. - lo canzonò il giornalista prima di andarsene, seguito a ruota da Linda.

La macchia nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora