- Ero troppo preso da ciò che mi era capitato. Quella scena mi ballava davanti agli occhi ripetendosi in continuazione. Non mi usciva più dalla testa. Nei giorni, nelle settimane che seguirono, scrissi decine di cupissime poesie su di lei e ciò che mi aveva fatto. Era una vera e propria ossessione. Mi accorsi di odiarla. Si, la odiavo per due ragioni precise: perché la felicità che mi aveva dato era stata solo un'illusione effimera, come con mia moglie... Ma soprattutto la odiavo perché la sua cattiveria rispecchiava la mia! Non potevo non dipingere ciò che provavo. Ne venne fuori un mostro con la faccia divisa in due, metà mia e metà sua. Speravo che quella catarsi mi aiutasse, ma fu un'ingenuità. Quel mostro continuava ad insediarsi nel mio cervello, devastando ciò che restava della mia sanità mentale, già duramente provata. –
- Durante una notte in cui la rabbia montava con il tormento, decisi di distruggere quel quadro che si era rivelato inutile. Gli diedi fuoco. Guardando bruciare quel viso maledetto mi sentii invadere da una cupa gioia. Godevo, godevo della sua distruzione. Fu allora che capii. La mia mente raggiunse profondità prima insondabili. Fu un'illuminazione: ucciderla! Solo così sarei stato libero. –
- Il giorno dopo la vidi passeggiare tranquillamente dalle parti di casa mia. Aveva cambiato pettinatura, portava gli occhiali, ma non riuscì ad ingannarmi. Sembrava diversa, ma era lei... Eri tu! Ti... La uccisi quella notte stessa, e mentre lo facevo provai una sensazione nuova, strana. Mi sentivo leggero come una piuma. La uccisi... Si, la uccisi per essere libero. Ma questa è solo una parte della verità. Lo feci perché i miei motivi comunque non giustificavano un omicidio, la uccisi perché non poteva difendersi. Avevo fatto una scelta. Il buio. Quella notte dormii profondamente, di un sonno lungo e senza sogni. Il mattino dopo ero sereno, tranquillo, un uomo nuovo pronto ad una nuova vita. Ma il destino stava per giocarmi un altro scherzo crudele. La meraviglia si mischiò all'orrore quando scoprii che era ancora viva!! Viveva, e mi sfidava. Aveva dipinta in faccia un'espressione insolente e di scherno. E così la uccisi di nuovo, e di nuovo... Finora è stato tutto inutile. Lei torna, torna sempre. E io sono condannato ad ucciderla mille volte e a vederla resuscitare altrettante. –
- E' devastante. – riuscì a dire Linda, devastata a sua volta. Marco Nero si avvicinò ad un palmo da lei.
- Ricordi? Le tante volte in cui ci siamo incontrati? E stanotte, in pinacoteca? Hai visto? Qualcuno si è ispirato a me. –
Linda si limitò a chiudere gli occhi. Era la fine. Li strinse forte. Li sentiva pieni di lacrime.
- Non ricordi? – insistette lui, deluso. – Già, forse non puoi. Forse... Forse mi sbaglio. Forse mi sono sempre sbagliato. –
Lo sentì allontanarsi. Riaprì piano gli occhi e lo vide in fondo, davanti all'apertura, mezzo nascosto dalle ombre.
- A volte penso delle cose strane, indicibili. Spesso cambio idee e umore nel giro di poche ore. Non capisco, non mi capisco più. La mia mente è ormai lontana, troppo lontana da me. Sono sempre più confuso. Chi sei tu? Sei lei? No, adesso che ti guardo meglio, vedo che somigli alla mia povera moglie... -
Si fece avanti, un'espressione sinistramente triste gli disfece il volto, rivelando il nulla misto all'uomo.
- Sono stanco. – disse gravemente, con una tale malinconia nella voce che Linda non potè trattenersi dal rabbrividire.
- Sono stanco. – ripetè, ed era come se dicesse che la speranza si era esaurita, per sempre. - Stanco di uccidere e stanco di essere solo. Non posso più vivere. Spesso, negli ultimi tempi ho sentito un peso troppo grande gravarmi sulle spalle... E' una sensazione dolorosa, credo somigli al rimorso. E poi... Voglio tornare da mia moglie. Aiutami, ti prego! Fammi smettere di soffrire... Uccidimi! Solo tu puoi farlo! –
Linda non capì subito ciò che gli chiedeva, il suo cervello si rifiutava di registrare un'informazione tanto assurda e inaspettata. I ruoli si invertivano, non riusciva a crederci. Eppure era così.
- No! Non voglio! – urlò disperata. – Non puoi costringermi a farlo! –
Il killer del buio estrasse il lungo coltello da una tasca dell'impermeabile. Era ancora macchiato dal sangue delle due vittime di quella notte. Lo buttò per terra, in mezzo a loro due.
- Uccidimi. – le ordinò – O io ucciderò te... E le altre. –
- A che ti servirà morire? Il suicidio è solo l'ultima delle sconfitte! –
- Sono sconfitto comunque. –
- Non posso. Tu non capisci... - lo pregò Linda – Io sono una donna... E le donne la danno la vita, non la tolgono! – Come faceva a non capire? Era contro natura, contro la sua natura. Piangeva, come mai prima d'allora. Non credeva di poter provare tanta amarezza e disperazione. Gli occhi del maniaco scintillarono di un'intelligenza malsana.
- Ti aiuterò... - disse sibillino. Salì su un piccolo sgabello in mezzo ai dipinti, e spense con una mano guantata una candela del lampadario. Il mondo divenne un po' più buio.
- Vedrai, col buio sarà più facile. – disse con convinzione. Sembrava quasi felice. Linda guardò il coltello buttato lì in terra. Era così vicino... Intanto l'uomo spegneva ad una ad una le altre candele, aiutandosi facendo ruotare su sé stesso il lampadario circolare. Linda pensò che presto sarebbe stata costretta al buio con quel mostro, loro due soli nelle tenebre più fitte. La sua mente ormai era quasi spenta. Non la sfiorò neanche l'idea di approfittare della situazione per fuggire. Si sentiva manipolata da un fato crudele e spietato, ineluttabile. Sentì pulsarle dolorosamente la vescica.
Era rimasta una sola candela, l'ultima flebile luce. Marco Nero disse, sorridendo soddisfatto: - Fra poco dovrai sporcare ciò che è bianco con ciò che è nero. –
Mise la mano sulla fiamma, a soffocarla, e fu il buio.
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La macchia nel cuore
Misteri / ThrillerNel cuore di ogni uomo c'è un assassino: si nasconde nei suoi ricordi più amari, nei suoi segreti più inconfessabili, nei suoi sogni infranti, nel suo rancore. Un serial killer terrorizza la città, e la soluzione del caso si trova nella memoria di u...