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Londra, 22 marzo 4105 d.C
Sera

Quella sera Rin era assorta in uno dei suoi loschi affari; era piegata sulla scrivania, la schiena curva che mangiava il suo stesso collo e una mano che sosteneva la testa. Era una persona taciturna, a tratti scontrosa, con un carattere a dir poco complicato. Con gli anni avevo imparato a capire quando aveva bisogno di silenzio e quello, poiché si trattava di lavoro, era uno di quei momenti. Guardavo quindi il soffitto per perdere tempo, cercando di non disturbarla né di spezzare la bolla di densa concentrazione in cui era immersa.

Comunicava con i suoi clienti, così li definiva, attraverso strani codici su carta, che nascondeva all'interno delle pareti di vari edifici del Sichern, la zona sicura, di cui pochissima gente a lei fidata era a conoscenza. Rinaza aveva provato a spiegarmi come funzionasse il suo mercato, sebbene non mi avesse mai detto cosa lei scambiasse per rimediare tutti quegli oggetti di dubbia provenienza -spesso libri o fumetti di chissà quale anno-, ma avevo sempre capito poco a riguardo, forse perché mai mi ero davvero interessata alle sue misteriose trattative. Sapevo solo che di rado agiva in prima persona, che qualcuno posizionava i codici al suo posto e che ogni sera riceveva sottili pacchi da sotto la porta, contenenti opere e volumi antichi. Non ero a conoscenza di chi fosse il suo fattorino e tantomeno era mia intenzione scoprirlo.

Mi chiedevo solo cosa Rin ci trovasse in tutte quelle pagine di semplici parole per rischiare addirittura la propria carriera militare o, chissà, la sua stessa vita. Era risaputo: i testi del passato andavano conservati per le generazioni future e, a tal proposito, dovevano essere sigillati nella biblioteca sotterranea, dove niente e nessuno avrebbe potuto rovinarli.

La osservai scrivere i codici, richiudere i bigliettini e infilarli all'interno di una semplice penna senza cartuccia dell'inchiostro.

«Naomi, incontri Guren anche stasera?»

Annuii distrattamente, controllando l'ora e alzandomi dal letto. Ero in ritardo. Infilai una felpa, raccogliendo poi i capelli bianchi in una coda veloce.

«Quando passi dall'ingresso la potresti lasciare nello stanzino del portiere? Non dovrebbe esserci»

«Nessun problema» risposi, prendendo la penna e uscendo.

Attraversai il corridoio con il cappuccio alzato, ormai l'ora del coprifuoco era passata e, per via dei miei stessi capelli, ero purtroppo facilmente riconoscibile. Come detto da Rinaza la postazione del portiere era vuota, così lasciai la penna al suo posto e uscii dal dormitorio femminile, sgattaiolando nell'ombra della notte e degli edifici, pronta ad evitare qualsiasi guardia di vedetta.

Guren mi stava sicuramente già aspettando alla torretta, il nostro posto speciale da quando, anni prima, avevamo iniziato l'allenamento da cadetti. Oltre ad essere un luogo per noi simbolico, la torretta era anche un posto strategico: abbastanza alta da poter osservare ciò che c'era all'esterno, permetteva al contempo di non essere avvistati dai soldati di turno che si trovavano sulle mura.

Mi arrampicai sulla scala di puro metallo, con il vento che, più salivo, più mi soffiava violento addosso. Ormai la nostra era diventata una sorta di tradizione: ritrovarci prima di andare a dormire era d'obbligo, soprattutto quando in missione non eravamo in squadra insieme. C'era sempre qualcosa da dire, qualcosa da raccontarsi, mai ai tempi avrei rinunciato a un momento così intimo con Guren.

«Eccoti» mi salutò appena sbucai sul pianerottolo.

«Eccomi»

Io e Guren eravamo cresciuti insieme; per me era come un fratello maggiore su cui potevo sempre contare, di cui non avrei mai potuto fare a meno. Poggiai la testa sulla sua spalla, rivolgendo poi lo sguardo al cielo notturno. Poche erano le stelle che quella notte lo illuminavano, brillanti di una fioca luce tremolante, così debole da dare la sensazione di poter spegnersi da un momento all'altro.

Blood Bullet [IN REVISIONE] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora