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Londra, 5 aprile 4105 d.C

Come di mia abitudine mi arrampico sulla torretta dove solitamente mi incontro con Guren. Il vento della notte soffia sfacciato sul mio viso, scompigliandomi i capelli illuminati dalla tenue luce della luna. Non mi aspetto di trovare il mio migliore amico al nostro solito posto. Non si presenta ormai da giorni, giorni in cui non ho fatto altro che cercarlo. Mi evita e ciò mi fa terribilmente male. Ho provato a parlargli, a fermarlo in più di un'occasione, ma ormai sembra che con me non voglia più avere niente a che fare.
Siamo sempre stati insieme. Sempre. Ci siamo sempre sostenuti, aiutati, ed ora tanti anni di amicizia sembrano essere volati via come polline primaverile. Non capisco del tutto questo suo comportamento. Non capisco perché si sia allontanato così da me senza nemmeno dirmi una parola. Preferirei mille volte che mi sputasse addosso tutti i suoi pensieri, le mie colpe, tutto. Tutto piuttosto che non averlo più al mio fianco. Mi sento sola senza di lui, senza le sue battute, le sue frecciatine.
Per la prima volta la nostra squadra non è più tale. Siamo solo individui. Individui che combattono per la propria sopravvivenza. Non so nemmeno se possiamo definirci un gruppo o semplicemente amici. Guren non mi parla, Rin sembra odiarmi, Nick è sempre il solito insensibile. Dov'è la mia famiglia?
Rin e Guren passano molto tempo insieme dalla morte di Taro. Si consolano, si distraggono. Credo che Rin fosse innamorata di Taro nonostante la grande differenza di età, e che lui ricambiasse, anche se non permetteva agli altri di capirlo. Guren li prendeva sempre in giro quando la sera, prima di andare a dormire, osservavamo le stelle e ci perdevamo a parlare. Mi manca un po' il nostro rapporto. Mi manca un po' tanto.
Infine c'è il nuovo arrivato, il francese. Lui è davvero un mistero.
Nessuno sa niente di lui, sparisce per ore, a volte neanche le guardie di vedetta hanno idea di dove si trovi. Durante il giro della zona militare ha osservato senza fiatare e non ha posto neanche una domanda, il che è strano visto che tutti hanno dei dubbi appena iniziano ad operare nel nostro esercito. Avendo preso il posto di Taro, divide la camera da letto nei dormitori maschili con Guren, ma sinceramente non so quanto possano andare d'accordo. Il mio migliore amico è sempre agitato, allegro, con la bocca che non si stanca mai di chiacchierare e soprattutto non si fa mai gli affaracci suoi, o almeno era così prima della morte del fratello, mentre André mi sembra un ragazzo molto riservato e abbastanza particolare. Non so come inquadrarlo e di solito sono molto brava a capire le persone.
Sospiro esausta di pensare e di farmi mille problemi e gioco distrattamente con la collanina che mi ha regalato Ron. Mi perdo nel bagliore delle luci ancora accese, provenienti per lo più dal settore B, dove i miei superiori stanno classificando le varie missioni da assegnare alle varie squadre.
Ad un certo punto scorgo una figura sospetta nascosta tra le ombre della notte. Salta fuori da una delle finestre del primo piano dei dormitori maschili ed atterra senza la minima difficoltà. Si guarda intorno furtivo, per poi addentrarsi in un vicolo.
Non ci penso due volte: scendo dalla torretta alla velocità della luce e parto al suo inseguimento stando attenta a non farmi vedere dai soldati del turno notturno. Alzo il cappuccio per nascondere la mia chioma bianca, a causa della quale sono facilmente riconoscibile, e procedo poi nella mia missione improvvisata. Raggiungo il mio obiettivo in pochi minuti e resto ad una distanza di sicurezza per osservarlo meglio. È vestito completamente di nero, un ottimo modo per passare inosservato a quest'ora, e un cappuccio gli copre il viso, non permettendomi di vederlo. Cammina con le mani nelle tasche con una tranquillità pazzesca, non si guarda neanche intorno.
-Guarda che non ti mangio- dice ad un tratto cogliendomi alla sprovvista. Sapeva che lo stessi seguendo?
Si gira nella mia direzione abbozzando un sorriso e quindi esco dal mio nascondiglio con le mani in alto.
-Non pensavo fossi tu- rispondo, osservando André dalla testa ai piedi. Lui ridacchia.
-Neanch'io-
Ci guardiamo intensamente per una frazione di secondo, come per capire l'uno le intenzioni dell'altro.
-Dovresti sapere del coprifuoco-
-Disse la ragazza che gironzolava nel cuore della notte-
Faccio spallucce e mi avvicino appoggiando la schiena al muro.
-Mai rispettato-
-Vuoi?- chiede porgendomi una sigaretta. Scuoto la testa disgustata.
-Non dovresti fumare. Fa male- gli faccio la predica.
-Ho i polmoni di ferro- risponde lui tranquillamente accendendone una.
-Dove stavi andando?-
-Sei la mia guardia del corpo?-
Arrossisco sotto il suo sguardo provocatorio e liquido la domanda con una mano.
-Assolutamente no, cerco solo di conversare-
Lui scoppia a ridere vedendomi in imbarazzo e lancia la sigaretta per terra per poi calpestarla.
-Non l'hai finita- borbotto confusa.
-Non mi va più-
-Il tuo sembra tanto un capriccio-
-Forse voglio solo toglierti dal viso quell'espressione nausetata-
Alzo gli occhi al cielo.
-Andavo in una delle palestre-
-Sono chiuse- gli ricordo.
André sorride e riprende a camminare. Lo seguo cercando di stare al suo passo. Ha un' andatura decisa, ma delicata, veloce, ma silenziosa. Difficilmente qualcuno lo sentirebbe arrivare.
Quando arriviamo davanti al portone d'ingresso delle palestre, André mi fa segno di fare silenzio. Si guarda intorno ed inizia ad armeggiare con la serratura. Lo guardo affascinata quando con uno scatto metallico la porta si apre. Lui ricambia vittorioso il mio sguardo e mi lascia passare facendo un inchino.
-Mademoiselle-
-Merci Monsieur- rispondo ridendo.
-Conosci il francese?- balbetta stupito.
-L'ho studiato durante l'addestramento. Era una delle materie facoltative.-
-Si spiega perché hai riconosciuto il mio accento-
-Più che altro non si spiega come gli altri soldati non se ne siano accorti. Non sono l'unica che l'ha studiato-
Ci sediamo su un materassino e immediatamente si alza uno strato di polvere che mi fa starnutire.
-Allora... perché sei a Londra?-
-Morivi dalla voglia di farmi questa domanda, ammettilo-
-Lo ammetto-
André si sdraia e chiude gli occhi. Ci mette un po' di tempo per rispondere, non facendo altro che far crescere la mia curiosità.
-Sono stato trasferito-
La sua risposta mi fa innervosire. Trasferito? I trasferimenti dei soldati sono stati annullati anni e anni fa. Da ormai tanto tempo ognuno opera sul proprio territorio.
-Navi e aerei molto raramente arrivano qui. E trasportano solo medicine. Non ci sono abbastanza risorse per trasportare farmaci sufficienti per tutti i malati ed i feriti. Vuoi davvero farmi credere che ti hanno trasferito? I soldati non vengono trasferiti, non cambiano squadra quando e come piace a loro, e tanto meno secondo la volontà dei loro superiori. È qualcosa che non avviene più.-
L'occhiataccia che mi lancia mi fa rabbrividire. Non è da me accusare le persone, non so cosa mi sia preso.
-Scusa, non volevo-
-Non mi piace restare per troppo tempo nello stesso posto, tutto qui-
-Devi appartenere ad una famiglia importante. Non tutti hanno la fortuna di spostarsi quando vogliono.-
-Sei mai stata fuori Londra?-
Scuoto la testa osservando un punto fisso del pavimento.
-Il mio sogno è viaggiare per il mondo. Voglio trovare un luogo adatto a me. Non ho intenzione di fermarmi a combattere per qualcosa in cui non credo, per qualcuno. Io combatto solo per me stesso.-
-Sarebbe bello- ammetto a malincuore.
-Ma anche impossibile-
Alle mie parole André si alza di scatto piazzandosi davanti al mio viso.
-Niente è impossibile. Basta volerlo.-
-Non se hai una famiglia che ha bisogno di te. Una famiglia che ti vuole bene. Il tuo è un sogno bellissimo, ma egoista.-
Assottiglia le labbra e mi brucia con i suoi occhi infuocati. Un pesante silenzio cala tra noi. Restiamo così, vicini, le sue iridi scure non si staccano neanche per un secondo dalle mie.
-Sei la prima persona sincera che incontro da anni-
Alle sue parole rimango sorpresa. Mi aspettavo una sfuriata, di certo non un complimento.
-Sei una ragazza sveglia, Naomi. Un giorno questo potrebbe costarti la vita-
Non rispondo e distolgo lo sguardo. Costarmi la vita? Fin'ora me l'ha sempre salvata.
-I tuoi capelli sono tinti?- domanda per cambiare discorso e alleggerire l'atmosfera.
-No, sono nata così- prendo una ciocca ed inizio a giocarci girandomela tra le dita.
Sono abituata alle domande sui miei capelli, anche quando ero piccola tutti li osservavano incuriositi. Secondo la mamma e il papà li ho presi dal nonno. Non ho mai capito se quando me lo dissero mi stessero prendendo in giro o se fossero seri.
All'improvviso André mi posa una mano sulla bocca, facendomi sussultare. Con un dito mi fa segno di fare silenzio e di ascoltare. Dei suoni provenienti dall'ingresso mi fanno irrigidire. Qualcuno sta entrando. Fisso negli occhi il francese per poi prenderlo per mano e iniziare a correre verso il primo piano. Ci ritroviamo presto sulle scale antincendio all'esterno dell'edificio e, notando delle guardie di vedetta appostate davanti le varie porte, decidiamo di salire sul tetto.
-Siamo in trappola- affermo affannosamente tra un respiro e l'altro.
Il ragazzo si guarda intorno cercando una via di fuga, stringendo più forte la mia mano. Solo al suo gesto mi rendo conto che le nostre dita sono intrecciate.
-Ti fidi di me?- dice ad un certo punto.
-Ho altra scelta?- domando io.
Mi scappa un piccolo grido sorpreso quando lui mi prende in braccio e si lancia dal tetto verso l'edificio accanto. Succede tutto così in fretta che non riesco nemmeno a respirare durante il salto. Rotoliamo sulle tegole per un tempo che mi sembra infinito, ci fermiamo solo quando la sua schiena sbatte violentemente contro un camino.
-Stai bene?- mi informo preoccupata.
-Non è niente-
Aiuto André ad alzarsi per poi correre verso il dormitorio femminile. Fortunatamente non incontriamo nessun altro durante il breve tragitto e nessun ostacolo si presenta neanche quando entriamo di soppiatto nel corridoio e infine nella mia stanza.
-La tua coinquilina?-
Alzo le spalle e scuoto la testa.
-Ha voluto cambiare camera-
Non riesco a decifrare lo sguardo che mi rivolge, ma sono certa che il luccichio nei suoi occhi non sia pietà, compassione o curiosità.
André è strano e forse, proprio per questo, mi sento a mio agio con lui. Mi perdo a guardarlo e poi, ripensando alla situazione assurda che in una sola notte si è creata, scoppio a ridere. Rido fino alle lacrime, rido sinceramente.
Inizialmente il ragazzo mi scruta confuso, ma si lascia andare in fretta e, come me, arriva presto a stringersi la pancia a causa delle risate. Non penso più a niente, non penso più alla missione che tra poche ore dovremo svolgere, non penso più ai conflitti interni alla mia squadra e non penso più al perché mi trovi insieme a questo misterioso ragazzo.
La mia mente si svuota ed io magicamente mi sento libera e leggera come una farfalla che si è appena trasformata. Basta piangersi addosso, la vita è una. E va vissuta.

Blood Bullet [IN REVISIONE] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora