22

1K 92 16
                                    

Londra, 20 giugno 4106 d.C

È passato quasi un mese da quando l'esercito mi ha fatta prigioniera. Sono state settimane atroci quelle passate, in particolare modo le prime. Ora, ogni tortura mi sembra sopportabile, ogni insulto non ha alcun significato, ora non mi importa più nulla. I primi giorni forse sono stati i peggiori. Colmare la sensazione di vuoto e la solitudine non è stato semplice. Piangevo, piangevo così tanto che probabilmente non avrò più lacrime a disposizione per almeno tre mesi. Ero sola, sola con me stessa in quattro mura di cella. A proposito di questa... rimpiango quella di Cumnock. E non perché quella in cui mi trovo sia più sporca o altro, è proprio il contrario. È così pulita, in ordine che mi fa venire i nervi. Si tratta di una piccola stanza dalle pareti di un triste grigio. C'è un lettino ed una vetrata dalla quale posso vedere e parlare con i comandanti. Ho provato più volte a rompere il vetro, ma ho scoperto presto che è indistruttibile. Se da un lato odio terribilmente la mia cella, dall'altro odio ancora di più quando i Capitani mi prelevano per portarmi nella sala delle torture. È lì che provano ad ottenere informazioni sui vampiri. Quello che ancora non hanno capito è che anch'io conosco quanto loro. Tutto ciò che so l'ho imparato dal mio addestramento militare. Ma loro come possono rendersene conto dato che mi trattano come un mostro, come una traditrice, come un nemico dell'umanità? Come possono dato che negano l'evidente? Io non so niente. Eppure loro sono convinti che André mi abbia parlato di tutto, aprendomi il suo cuore.
Il ragazzo sono riuscita a vederlo solo una volta in tutto questo lasso di tempo. Mi stavano trascinando fuori dalla sala e lui lo stavano portando dentro.
I nostri sguardi si sono incrociati per qualche secondo e il francese mi ha sorriso. È riuscito a sorridermi nonostante la situazione in cui ci troviamo, che peggiora di giorno in giorno. Grey Hamilton invece non l'ho più incrociato, ma se non è ancora morto, probabilmente lo farà presto.
-Comandante Howard, a cosa devo questo onore?- esclamo ironica appena vedo il suo viso dietro il vetro.
Lui è l'unico, tra i dieci Capitani dell'esercito inglese, a non avermi mai fatto visita fino ad ora.
-Alzati, è il tuo turno-
Sbuffo ed alzo gli occhi al cielo, mentre con non poca difficoltà provo ad alzarmi in piedi, cercando di stare in equilibrio sulle mie gambe.
Raggiungo molto lentamente l'unica porta d'ingresso, che si apre solo dall'esterno, e aspetto che il comandante mi ammanetti.
-Come stanno tutti?- domando appena usciamo nel corridoio, riferendomi ai miei vecchi compagni di squadra. Ormai conosco a memoria la strada per arrivare all'inferno. Ho capito che ci troviamo sotto al County Hall, probabilmente in un piano sotterraneo, dato che l'antico palazzo è ormai utilizzato come prigione. Ciò che più mi sorprende è però che, mentre nei piani superiori ci sono i civili che hanno trasgredito a qualche regola, in quelli inferiori c'è qualche vampiro su cui fanno addirittura esperimenti. E tutto ciò la gente non lo sa, tutto ciò è segreto persino ai soldati. È per questo che so che non uscirò viva da questo posto. So troppe cose, cose scomode persino al Generale.
Non ottenendo nessuna riposta sbuffo di nuovo e mi osservo intorno, aguzzando la vista e mettendo in ascolto le orecchie. Spero sempre di sentire qualcosa su André o che comunque mi possa tornare utile, ma purtroppo ci hanno educato bene al silenzio durante l' addestramento. In questo dannato luogo sembra che non voli mai neanche una mosca.
Entriamo in una stanza dalle pareti bianche come la neve, all'interno della quale c'è solo una sedia di metallo. Mi fa sedere senza troppe cerimonie e mi lega le mani ai braccioli e le caviglie alle gambe.
-State sperimentando una nuova tortura?- lo punzecchio fissando il neon sopra alla mia testa. Fa uno strano rumore, molto fastidioso che per lo meno mi permetterà di distrarmi da ciò che tra qualche instante dovrò subire.
-Questa volta a chi toccherà? Al capitano Owen o al capitano Lewis? O magari a Clarke, o Walker, o Cooper, Martin, Allen, Watson, Campbell, o a lei, Comandante Howard?- domando elencando tutti i cognomi dei miei superiori, marcando appositamente il suo.
Lo schiaffo che mi arriva in pieno viso mi fa spaventare. Non me lo aspettavo, ma nonostante ciò continuo a guardare l'uomo davanti a me con un'espressione tagliente e schifata.
-Una volta portavi più rispetto, Naomi- si limita a rispondermi dopo essersi pulito la mano sulla sua divisa.
-Sono cambiate un po' di cose ultimamente- sputo con acidità.
Lui non dice niente, rivolgendomi solo un'occhiataccia con i suoi occhi glaciali prima di uscire dalla stanza e posizionarsi dietro alla vetrata, pronto a godersi lo spettacolo.
Non aspetto molto prima che entri qualcun altro.
Appena mi rendo conto di chi si tratta mi impongo di non tremare o comunque di non farmi vedere impaurita. Il comandante Campbell è il mio incubo, il peggiore fra tutti i capitani. Lo odio, lo odio terribilmente.
Credo che idee più malate delle sue non esistano. Tra i prigionieri è chiamato anche Il diavolo Rosso, proprio perché se non c'è sangue sembra non essere contento. Si è occupato di me solo tre volte in un mese e sono stati i tre giorni più brutti della mia vita.
Il primo giorno si è mostrato anche gentile in un primo momento ed io pensando di poterlo intortare e di aver trovato un amico in questo terribile posto, sono caduta esattamente nella sua trappola. Ha fatto finta di aiutarmi, di farmi fuggire, ma quando finalmente i miei occhi hanno incontrato la luce del sole, lui mi ha infilzata con un coltello dritto nella pancia. Ha girato l'arma più volte nella mia carne evitando gli organi vitali ma colpendomi nei punti più dolorosi. La seconda volta mi ha legata ad un lettino immobilizzandomi tutti gli arti e mentre usava sempre il coltello per ferire la mia pelle e infliggermi dolore, proiettava davanti ai miei occhi immagini della mia famiglia dei miei amici e persino di André. Il terzo giorno invece ho pensato seriamente di morire annegata. Il comandante aveva infatti preparato un grande recipiente riempito, non di acqua, bensì di sangue. Era così denso che solo al pensiero mi viene da vomitare. Ricordo alla perfezione quando spingeva la mia faccia al suo interno, il liquido che mi entrava nelle narici, nella bocca, perché non mi dava neanche il tempo di trattenere il respiro. Ricordo anche le mie lacrime che si mescolavano al colore rosso di cui il mio viso era sporco.
Vederlo ora, di nuovo, sorridente, non fa altro che terrorizzarmi.
Rimango in silenzio, mentre lui mi scruta con i suoi occhietti marroni e il suo sorriso sadico.
-Purtroppo oggi non resterò con te per molto- annuncia fingendosi dispiaciuto. O forse lo è realmente, dipende molto dalla sua prospettiva.
-Ma che peccato- borbotto mordendomi le labbra.
-Sai... un giorno la tua bella lingua velenosa potrei aggiungerla alla mia collezione- afferma accarezzandomi il viso con la lama del coltellino che si porta sempre dietro.
Cogliendo la sua minaccia chiudo immediatamente la bocca sigillando le labbra, forse un po' per paura che mi tagli la lingua all'istante.
Soddisfatto del risultato, sorride di nuovo, premendo l'arma sulla mia guancia.
-Ora si inizia-
Bastano tre parole per far scatenare il mio cuore in una corsa verso il nulla. Trattengo un urlo di dolore quando con un gesto velocissimo mi squarcia la camicia, procurandomi una ferita nel solco tra i seni quasi inesistenti. Continua con i suoi tagli netti e precisi, rovinandomi la pelle e facendomi gridare dalla sofferenza.
-E questo non è niente... tra poco vedrai cosa ho in serbo per te- sussurra prima di abbandonare il coltello ai miei piedi e lasciarmi gocciolante di sangue e sudore.
Respiro a malapena quando nella stanza entrano sia André che Hamilton, entrambi debolissimi, entrambi senza forze.
Li posizionano nelle estremità opposte della camera, circondando la loro vita con uno strano apparecchio. Sembra una sorta di cintura.
Incrocio gli occhi neri e spenti del francese, trasmettendogli tutta la mia preoccupazione. Lui mi osserva e scuote la testa improvvisamente per poi tornare a guardarmi. Le sue labbra screpolate si schiudono per lasciare spazio alle sue zanne. Solo a questo punto mi rendo conto della situazione in cui mi trovo: sono in una stanza, sanguinante, con due vampiri affamati a pochi metri di distanza.
-Ehi! Cosa credete di fare!?- urlo rivolta ai capitani.
Mi giro di scatto verso Hamilton, che tra i due è quello che mi fissa più famelico, voglioso di nutrirsi. Sento il cuore pompare più velocemente ed il mio respiro accelera.
Non posso fidarmi neanche di André. Da quanto tempo i due non si cibano? Ho al sensazione che la risposta sia "troppo".
-Ehi!- grido di nuovo strattonando le cinte che mi tengono immobile sulla sedia.
Da dietro la vetrata, al sicuro, sento Campbell parlare.
-Naomi cara, tutto bene? Lo vedi il coltello per terra, giusto? Hai cinque minuti per liberarti perché poi le cinture permetteranno ai tuoi amichetti di muoversi e tu dovrai cercare di sopravvivere. E come puoi farlo se non uccidendoli? Questa volta non avrai scelta, o meglio, dovrai scegliere tra la tua vita e la loro! Non è fantastico!?- la sua risata rimbomba nella stanza facendomi rabbrividire.
Punto il mio sguardo su André, sconvolta e impaurita. Come posso io ucciderli? Anche volendo non ci riuscirei e tutti là fuori lo sanno bene.
I suoi occhi, ora rossi come il fuoco, mi scrutano affamati. Il volto teso del ragazzo è attraversato da sentimenti contrastanti, da una lotta interiore contro il suo institore predatore. Non posso dire lo stesso di Grey Hamilton. Quest'ultimo mi sta già mangiando mentalmente, gli manca solo la bava alla bocca.
Lancio un urlo di frustrazione e mi agito sulla sedia, cercando di liberarmi.
Ma come posso farlo dato che sono legata come una salsiccia?
-Naomi... il coltello...- biascica André cercando di non perdere il controllo.
-Grazie tante! Come ci arrivo?!- esclamo non riuscendo a ragionare lucidamente.
Che situazione.
Il ragazzo prova a fare un passo nella mia direzione per aiutarmi, ma subito dall'apparecchio parte una scossa che lo fa cadere per terra.
-Diamine!- impreco muovendomi ancora di più e facendo cadere la sedia all'indietro.
Grazie a questo però la cinta che mi tiene legata la mano destra si allenta, permettendomi con uno strattone di liberarmi.
-Due minuti- sento la voce di Campbell che mi avverte.
-Forza!- inveisco contro le altre cinte, che non hanno intenzione di collaborare. Inoltre, come se non bastasse, le mie mani tremano senza mai fermarsi e sudano dal nervoso.
Una volta liberato l'altro polso passo alle caviglie, cercando di fare il più velocemente possibile.
Sento solo il mio battito cardiaco rimbombarmi nelle orecchie, il resto mi pare lontano. È per questo che quando afferro il coltellino sporco del mio stesso sangue, non mi rendo nemmeno conto che il tempo a mia disposizione è già scaduto.
Hamilton balza su di me, velocissimo. Mi stringe con forza il braccio, facendomi male, e, appena le mie dita lasciano il manico del coltello, lui lo afferra per poi scaraventarmi contro la parete.
Spalanco gli occhi terrorizzata quando passa la sua lingua sulla lama e lecca il liquido rosso con gusto. La sua pelle pallida riprende immediatamente colore ed i suoi occhi bramano ancora di più ciò che ha appena assaggiato.
Mi schiaccio contro la parete, come se potessi nascondermi in qualche modo, ed il mio corpo viene sopraffatto dai singhiozzi. Tuttavia, proprio quando sto per chiudere le palpebre in attesa della mia sorte, André si scaglia contro Grey con una potenza che mai avevo visto prima. Osservo la scena sconvolta, mentre i due vampiri lottano, ringhiandosi contro come lupi inferociti. Pensare che quei due prima di tutto questo già si conoscevano mi turba, so bene che se la fame non ragionasse al loro posto, ora non combatterebbero. Per quasi tutto il tempo André è in vantaggio, noto che nonostante sia fuori di sé non ha intenzione di ucciderlo. Non posso dire lo stesso dell'altro, dato che continua a tempestare il mio amico di pugni e calci. Non riesco a seguire tutti i loro movimenti a causa della velocità con cui si spostano all'interno della stanza, ma appena Hamilton prende il sopravvento, mettendosi a cavalcioni su André, capisco che per lui è finita.
Gli tira un pugno in faccia, poi un altro, un altro ancora. Il suo sangue schizza in ogni dove, arrivando persino sui miei vestiti. Solo allora mi riprendo dal mio stato di shock e decido di intervenire. Afferro con uno scatto il coltello, che durante il combattimento è caduto nuovamente per terra, e trafiggo la sua schiena. Hamilton si irrigidisce sorpreso, gira la testa verso di me e allunga una mano nella mia direzione, ma poi si lascia cadere sul pavimento ghiacciato in preda agli spasmi. Il coltello deve avergli colpito il cuore, ma non essendo entrato in profondità non lo ha ucciso.
Mi precipito su André, scuotendolo violentemente.
-André ti prego apri gli occhi, lo so che non sei morto- dico. Non ottenendo alcuna risposta decido di fare la prima cosa che mi passa per la mente. Avvicino il mio polso alle sue labbra e quando sento le sue zanne trapassare la mia pelle, gli spingo dolcemente la testa verso di essa.
-Guarisci, forza- sussurro, trattenendo un gemito di dolore.
Fa male, molto male. È così affamato che non se ne rende neanche conto. Succhia il mio sangue con avidità, voglioso, bramoso, assetato. Quando si stacca, piegando la testa all'indietro e scuotendo i suoi meravigliosi capelli neri, quasi penso che sia riuscito a controllare il suo appetito, ma mi ricredo appena incastra le sue iridi infuocate nelle mie. Scatta di nuovo verso di me e mi azzanna il collo senza delicatezza. Lo lascio fare, mentre lo abbraccio forte. Dio, mi era mancato così tanto.
Il suono improvviso dell'accensione di un ingranaggio all'interno dei conduttori d'aria, mi fa però portare all'istante lo sguardo verso l'alto e per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Come ho fatto a non accorgermene prima? Nessuno uscirà vivo da questa stanza.
Con uno spintone allontano André da me, che sembra finalmente essere ritornato in sé, nonostante ancora abbia gli occhi rossi. Gli indico gli angoli tra le pareti e il soffitto e subito impallidisce. C'è un motivo dietro l'efficacia delle armi dell'esercito contro i vampiri: il materiale con cui sono costruite è unito ad una particolare pianta, chiamata verbena, in grado di intossicarli ed ucciderli.
-André devi aiutarmi-
Lui annuisce continuando a fissare la pianta incastrata perfettamente laddove tra qualche minuto uscirà l'aria.
Senza aspettare ulteriormente mi spoglio, sfilandomi prima la camicia e poi i pantaloni, rimanendo quasi del tutto nuda di fronte al ragazzo ed ai capitani dietro alla vetrata.
Sposto la sedia verso l'angolo della stanza e mi metto in punta dei piedi, cercando di infilare i miei vestiti nel condotto in modo tale da non permettere la diffusione dell'odore della verbena.
-Mi vuoi aiutare?- sbotto rendendomi conto di non arrivarci.
André riprendendosi come per magia dal suo stato di trance e sbattendo un po' di volte le palpebre mi prende in braccio, alzandomi.
Incastro gli abiti e dando un colpetto al ragazzo sulla testa, gli faccio segno di farmi scendere. Nel mentre il mio corpo struscia praticamente contro il suo e quando i miei piedi toccano terra, non c'è niente a dividerci. Alzo il viso per guardarlo negli occhi, ora neri e scuri come la pece. Sono socchiusi e le sue labbra carnose sono terribilmente invitanti.
-Naomi- sussurra il mio nome a pochi centimetri dal mio viso ed io lo fisso incantata, rapita dal movimento dolce della sua bocca.
-Spogliati- dico di getto allontanandomi leggermente.
Mi rendo conto di ciò che ho detto solo in un secondo momento ed arrossisco di vergogna.
-Non ti facevo così intraprendente- ridacchia lui scompigliandomi i capelli.
-Ne manca uno, muoviti- balbetto indicando il condotto dall'altra parte della stanza.
Non è il momento di scherzare, tanto meno di distrazioni. Eppure cavolo, appena si toglie la maglietta sgualcita ed i pantaloni, rimanendo in boxer, l'unica cosa che vorrei fare è contemplarlo in tutta la sua bellezza.
Sposto lo sguardo imbarazzata e cerco di guardarlo in faccia il più possibile. Cosa per niente facile tra l'altro. Quando mi prende in braccio di nuovo, toccando la mie pelle scoperta, sento di andare a fuoco. Cerco di fare in fretta, da una parte per evitare che l'odore circoli, dall'altra per fermare il mio cuore impazzito. Sto per avere un arresto cardiaco, me lo sento.
-Idea davvero ingegnosa, Naomi! Devo farti i miei complimenti!-
La voce di Campbell mi fa sobbalzare ed irrigidire sul posto. Per un attimo mi ero completamente dimenticata della presenza dei Comandanti, i quali hanno osservato tutta la scena. Mi nascondo dietro André, con le guance in fiamme e il corpo tremante, corpo ferito e distrutto che ho dovuto esporre davanti ai loro occhi.
-André ho una richiesta da farti. Prendi Grey e scappa. Scappa appena aprono la porta, ti prego-
-Non ho abbastanza forze per combatterli ed in ogni caso non ti lascio qui- mi risponde stringendo i pugni.
Sorrido involontariamente e lo abbraccio da dietro.
-Devi e lo sai anche tu. Nutriti di me finché non sarai sazio. Non mi lasceranno morire-
Dell'ultima affermazione non ne ho la certezza, ma non mi importa. L'unica cosa che voglio è che lui si salvi.
-Naomi, io...-
-Fallo André- gli ordino costringendolo a girarsi verso di me.
Ci osserviamo, ci guardiamo disperatamente. Sono persa nelle sue pozze nere, profonde, infinite. Passano solo pochi secondi, secondi che mi sembrano un'eternità, prima che entrambi ci fiondiamo l'uno sulle labbra dell'altro, unendo le nostre bocche in un bacio pieno di tormento e speranza, speranza di rivederci.
Le nostre lingue si rincorrono, danzando, giocando tra di loro, mentre le mie mani stringono i suoi capelli e le sue il mio viso.
Il mio cuore esplode di gioia, non credo che abbia mai battuto così forte e mille brividi percorrono la mia schiena, mandando in tilt il mio cervello.
Tremo, tremo di tristezza e felicità, tremo di paura e di piacere. Mai nella mia vita ho provato tali sensazioni, mai in diciassette anni mi è mancato il respiro in questo modo.
Vorrei che durasse per sempre, vorrei che i nostri corpi rimanessero così per l'eternità, vorrei che i nostri cuori si toccassero in questo modo ogni secondo, ogni minuto, ogni ora del giorno. Vorrei che André fosse mio ed io sua.
Ma non ora, non è il momento.
Mi stacco da lui con malavoglia e lo abbraccio con le lacrime agli occhi e il cuore ancora palpitante.
-Ora- deglutisco cercando di trattenere il pianto in arrivo.
Il francese mi abbraccia più forte, con fare protettivo e dolcemente penetra la mia carne, nutrendosi di me.
-Codice R-001- mormoro prima di sentire lo scatto della porta.
André mi lascia, poggiandomi delicatamente sul pavimento, mi deposita un altro piccolo bacio sulle labbra e più veloce che mai, afferra Hamilton, ancora svenuto, e fugge non dando il tempo di reagire ai miei capitani.
-Tu! Stupida ragazzina!- urla Campbell tirandomi un calcio.
Non sento più dolore, non sento neanche le voci dei Comandanti che discutono. Sento solo il sapore di André sulle mie labbra, un sapore dolce, mischiato a quello amaro del mio sangue. Poi, la debolezza e la stanchezza mi assalgono, e chiudendo gli occhi mi ritrovo inghiottita dal nero più totale. Nero come lui, nero come André.

~~~
Mi odierete e amerete, io lo so

Blood Bullet [IN REVISIONE] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora