12. Cold Spring

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Allen
Dopo aver salutato Francisco e gli altri ragazzi vado verso la mia auto. Mi stiro socchiudendo gli occhi per il flebile sole che oggi batte sui grattacieli. Sono così rilassato. Allenarmi distende la mia mente e mi fa sentire decisamente meglio, in pace con me stesso e con gli altri. Salgo in auto e tiro fuori il cellulare dalla tasca. È quasi l'una, e mi chiedo se Cheyenne abbia già mangiato, oppure se possiamo andare da qualche parte insieme. Mentre sono intento a pensare a dove poterla portare a mangiare, mi viene in mente una cosa. Ci metterei la mano sul fuoco che Cheyenne non ha mai fatto un picnic o un escursione da qualche parte, e sarebbe davvero divertente sperimentare qualcosa del genere. Faccio una veloce ricerca su internet, e sorrido quando trovo quello che cerco. Chiamo Cheyenne e metto in viva voce, per poi allacciarmi la cintura e inserirmi nel traffico, che mi inghiotte. A volte la città mi opprime, e sento il bisogno di allontanarmi dalla vita frenetica e caotica, e non c'è nulla di meglio di un bel viaggio nello stato di New York. Ci sono dei villaggi bellissimi immersi nella natura, Amy li adora e da piccoli ci andavamo sempre, specialmente in una cittadina, che è proprio quella in cui voglio portare la regina di ghiaccio.
«Pronto?»
«Ehi, Kate, sto venendo a prenderti, dove sei?»
«Allen! Devo andare alle prove con le cheerleader, non le ho mai saltate!»
Sorrido. «Appunto.»
«Non farmi arrabbiare...»
«Mettiti qualcosa di comodo e pesante, sono sotto casa tua tra un'ora.»
Butto giù tra le sue proteste e mi sento ancora più entusiasta dell'idea che sta prendendo forma nella mia mente. Arrivo a casa mia anche prima del previsto, dato il traffico, dove trovo Amy e Taylor che stanno vedendo un film in salotto.
«Allen! Che fine avevi fatto?» Amy scatta in piedi e mi viene incontro, abbracciandomi.
«Ehi, paperella, scusa se non ti ho chiamata, mi stavo allenando con i ragazzi... vado via, probabilmente torno domani, puoi dirlo alla mamma?»
«Eh? Cosa? Frena, Allen. Dove vai?»
«Ho una cosa da fare con una ragazza» non so perché le ho detto questo, d'altronde conosce Cheyenne, ma non vorrei si facesse idee strane.
La sua faccia è il ritratto della furbizia mentre mi scruta minuziosamente. «Per caso è una certa Cheyenne Leroy?»
La oltrepasso e salgo le scale a due a due. «Fatti gli affari tuoi!»
«La mia ship si sta avverando!» sento la sua voce dal piano di sopra e scuoto la testa con un sorriso. Non so perché le piace così tanto l'idea di me e Cheyenne insieme, ma Amy è forse più strana di me, dunque non mi faccio troppe domande.
Prendo due sacchi a pelo e la vecchia tenda dall'armadio di mia madre, assieme a due zaini da trekking. Frugo nel mio armadio alla ricerca di coperte e vestiti pesanti, quando l'occhio mi cade sul raccoglitore blu che ho lasciato sul comodino. Decido di prenderlo, potrebbe uscire fuori qualcosa di indimenticabile. Torno di nuovo al piano inferiore e preparo dei sandwich semplici da portare via, e anche due borracce riempite fino all'orlo di acqua.
«Stai sul serio andando in campeggio senza di me?» Amy fa la faccia da cane bastonato, dopo avermi placcato sulla porta, essendosi accorta degli zaini.
«Vuoi fare il terzo incomodo?» cerco di farla demordere, e lei sembra vacillare.
«Ti lascio passare solo se mi dici con chi vai e dove vai» ghigna, mettendo in mostra un sorrisetto furbo. È proprio mia sorella.
Faccio un sospiro. «Voglio portare Cheyenne a Cold Spring, tornerò domani mattina.»
Amy inizia a saltellare sul posto, poi mi abbraccia. «Sono così felice! Devo dirlo a-»
«Nessuno, Amy.» Il mio cambio d'umore è troppo brusco perché non si insospettisca, ma Cheyenne è stata chiara questa mattina, e non ho intenzione di porre fine alla nostra amicizia così presto.
«Okay, burbero, me lo terrò per me... che noia, però!» Incrocia le braccia al petto, ma non riesce a tenere il muso troppo a lungo. «Torna presto, però, domani è Vigilia!»
Sorrido. «Promesso. Ciao Am, ciao Taylor.»
Esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle. Carico come un mulo da soma torno verso la macchina, controllando l'ora. In una ventina di minuti dovrei essere da Cheyenne. Mi ha mandato un paio di messaggi coloriti, tra cui però spicca l'ultimo.

Va bene, faremo come vuoi tu, ma almeno portami da mangiare che la cuoca se n'è andata e non so cucinare nemmeno un uovo.

Scoppio a ridere e decido di fare una breve sosta in pasticceria, per poi andare verso Villa Leroy. Il cancello è imponente, non mi ci ero mai trovato davanti. L'edificio è costruito in modo molto elegante, lo stile è quello di un cottage di campagna, ma moderno. Non ho mai visto una villa così grande, e non oso immaginarne l'interno. Suono il citofono e aspetto che Cheyenne risponda. Dopo qualche secondo il cancello inizia ad aprirsi e la vedo, in cima al vialetto, venire verso di me. Soltanto quando si fa più vicina mi rendo conto che indossa un paio di pantaloni pesanti, degli anfibi e una giacca imbottita della North Face.
«L'hai presa sul serio» rido. Lei assottiglia lo sguardo.
«Tu sei immune al freddo, io no, e siccome immagino che non si tratterà di una piacevole gita al calduccio, mi sono attrezzata.»
«Saggia decisione, cara la mia ragazza... forza, si parte all'avventura!»
Il cancello si chiude di nuovo alle nostre spalle mentre saliamo in macchina. Accendo il riscaldamento, poi mi immetto in strada.
«Allora... dove andiamo?» chiede Cheyenne, guardando New York fuori dal finestrino.
«È una sorpresa, e sono certo che la adorerai» sorrido. O almeno spero, ma non ne sono tanto sicuro, non credo che la natura incontaminata sia il suo forte. Ed è proprio questo che mi carica. Non vedo l'ora di fare questa esperienza con lei.
«Perché sento che non mi piacerà?» si lagna.
«Ti prometto che ti piacerà.»
Cheyenne torna a guardare fuori dal finestrino, e dopo un po' si volta verso di me. «Mi hai portato il cibo?»
Alzo gli occhi al cielo e le indico gli zaini sui sedili posteriori.
«Oh. Mio. Dio. Stiamo andando in campeggio, Allen?!»
Le lancio un'occhiata. I suoi occhi sono completamente terrorizzati, come se le avessi appena detto che stiamo per lanciarci da un treno in corsa, bendati per di più.
«Non sei mai andata in campeggio?»
«Secondo te? No, Allen, assolutamente no, torna indietro!»
«Calmati, Cheyenne» le lancio un'altra occhiata. Con le mani strette a pugno e premute contro le cosce, è rigida e immobile.
«Il campeggio mi terrorizza, molto più dell'altezza.»
«Ci sono io con te, e ti prometto che andrà tutto bene» sorrido e le poggio una mano sulla gamba per rassicurarla. Annuisce, pallida, ma sembra che i muscoli le si rilassino un po'.
«Dio, se finirò sbranata da un orso sarà tutta colpa tua!» Addenta il panino e si appoggia al sedile, sconsolata.
«Non ci sono gli orsi» rido.
«Ne sei sicuro?» mi guarda con gli occhi verdi sgranati, come una bambina, e la cosa mi diverte da morire.
«Almeno credo.»
«Allen!» si lagna, io scoppio a ridere.
«È un luogo della mia infanzia, una vacanza all'anno ce la faccio sempre... dovresti sentirti onorata di essere la prescelta» le faccio l'occhiolino, ma non credo di averla convinta, almeno non a giudicare da come alza gli occhi al cielo.
«Mi hai comprato dei dolci» constata, frugando nello zaino, e rimango sconvolto dal cambiamento nel suo tono di voce, che adesso è gentile.
«Sei proprio incredibile!» sbatto la mano sul volante scherzosamente, ma a Cheyenne sembra essere salito il buonumore tutto insieme. Mi appunto mentalmente di ripiegare sui dolci per convincerla a fare qualcosa che non le piace. Si allunga verso la radio e la accende, scegliendo una stazione a caso, dove stanno dando All I want for Christmas is you di Mariah Carey.
«Questa cosa è così scontata che non riesco nemmeno a esserne sorpresa» afferma Cheyenne, ma nonostante ciò alza il volume, e devo ammettere che ben presto veniamo catturati entrambi dal ritmo. Il resto del viaggio trascorre in questo modo: spensierato, divertente e leggero. Quando il cartello di Cold Spring compare nella nostra visuale mi lascio andare a un sorriso. Ho bellissimi ricordi legati a questa città, di cui stranamente fa parte anche mio padre, forse è l'unico caso in cui qualcosa che ha toccato nella mia infanzia non è marcito.
Scendiamo dall'auto dopo che sono riuscito a trovare parcheggio a qualche metro dalla via principale, ma la mia idea non è una tranquilla gita per la città. Afferro Cheyenne per il braccio prima che si incammini lungo la strada, e le rivolgo un sorriso furbo. Riesco letteralmente a vedere la felicità nella sua espressione mutare e trasformarsi in preoccupazione.
«Che ore sono, Kate?» sghignazzo.
«Le tre e mezza» risponde, preoccupata.
«E tra quanto farà buio, più o meno?»
«Non lo so... all'incirca due ore...»
«Allora faremo una fantastica escursione sul monte Bull Hill.»
Cheyenne sgrana contemporaneamente occhi e bocca, pietrificata. «Eh
«Hai capito bene: forza, in marcia!»
Mi volto, ma lei mi afferra per le spalle e mi si pianta davanti. «Stai scherzando, Allen? Dimmi che stai scherzando o potrei dare di matto.»
«Non sto scherzando.»
Mi lascia andare le spalle e indietreggia, si abbassa, poi torna di nuovo davanti a me e mi guarda supplicante. «Ti prego no, ho troppa paura! E una volta che saremo arrivati in cima? Come faremo a tornare a valle?»
«Dormiremo nelle aree allestite a campeggio.»
Mi punta un dito contro il petto. «Tu. Stai. Fuori. No, assolutamente no, sto tornando a New York in questo istante.»
Sotto il mio sguardo divertito e allo stesso tempo sgomento si volta e ripercorre la strada che abbiamo fatto per arrivare qui. Aspetto il momento in cui si fermerà e tornerà indietro, e non tarda ad arrivare. Corre verso di me e mi abbraccia, stritolandomi. «Ti prego non lasciarmi da sola, o qualche animale mi ucciderà e farà scempio del mio cadavere.»
«Sei davvero una drama queen, non potevo darti appellativo migliore» scuoto la testa e devo faticare per staccarmela di dosso. «Come mai hai tutta questa paura del campeggio e delle escursioni?»
Nel frattempo la sospingo verso la macchina. Devo guidare ancora un po' per raggiungere il punto in cui lasciare la macchina e iniziare l'escursione. «Aspetta! Volevo vedere la città...»
«Ti prometto che se ti farai coraggio e riuscirai ad arrivare a domani mattina senza scappare a gambe levate, faremo un giro per la città» le dico, anche se non credo che ci saranno negozi aperti, dato che è Vigilia.
«Se solo mia madre lo sapesse... mi ucciderebbe» sembra più che stia parlando fra sé e sé, ma la cosa non mi sfugge.
«Allora è la perfetta occasione per fare qualcosa che normalmente non faresti.» Questa frase sembra convincerla, perché smette di farsi trascinare e inizia a camminare con le sue gambe verso la macchina.
«Perché ho paura del campeggio? Di preciso non lo so, però l'ho sempre associato a qualcosa di spaventoso nella mia vita, d'altronde è il contesto in cui è ambientata la gran parte dei film horror... davvero, Allen, più ci penso e più mi terrorizza» scuote la testa con violenza, come se volesse scacciare una particolare immagine dalla sua mente.
«Come hai fatto a combattere la paura dell'altezza?» le chiedo, con un sorriso.
«Beh... salendo sempre più in alto.»
Le circondo le spalle con un braccio, per infonderle coraggio. «Faremo la stessa cosa col campeggio, che ne dici?»
Sospira. «Che schifo.»
Pochi minuti dopo siamo al punto di partenza per l'escursione. Le passo il suo zaino, che continua a osservare riluttante.
«Tu ne sei davvero sicuro? Perché io non lo sono affatto.» Cheyenne mi osserva con sguardo supplicante. Decido di rallentare un minuto.
«Ascoltami» le poggio le mani sulle spalle e mi abbasso per guardarla dritta negli occhi. È seriamente terrorizzata. «Se davvero non vuoi non c'è problema, Cheyenne, torniamo in città e facciamo un giro, senza pressioni.»
Se per quel poco che la conosco ho capito qualcosa di lei, sono sicuro che vorrà andare fino in fondo a questa esperienza. Mi intriga questo di lei, che non so mai davvero cosa aspettarmi. Per un attimo sembra incantarsi a fissare i miei occhi, poi guarda alle mie spalle, al sentiero che porta in cima al monte. Si morde il labbro e si carica lo zaino in spalla. Sorrido. «Va bene, facciamolo.»
Insieme ci incamminiamo lungo la via alberata. Chiudo per qualche secondo gli occhi e mi godo il rumore del vento fra i rami e quello dell'erba che viene calpestata. Il clima è rigido, ma il paesaggio è sempre bellissimo. Gli alberi si susseguono a perdita d'occhio, il cielo si intravede a spicchi attraverso quell'intrigato rincorrersi di rami e l'erba ondeggia pacata per il vento. Guardo di sottecchi Cheyenne, che osserva il paesaggio.
«Ti piace?» le chiedo, ma non ho bisogno che mi risponda, lo vedo da come brillano i suoi occhi.
«Sì» risponde piano.
«Ti ho portato nel tuo habitat naturale» le faccio l'occhiolino, e lei aggrotta le sopracciglia.
«Che intendi?»
«Un luogo gelido e spoglio per la regina di ghiaccio.»
«Che simpatico» esclama, alzando gli occhi al cielo. Rido piano e insieme proseguiamo lungo il sentiero, addentrandoci nella natura. Superiamo un masso enorme e ci ritroviamo in un'ampia vallata, al cui centro c'è un piccolo stagno in cui si riversa un ruscello. Mi incanto a osservare l'acqua che scorre, il suono è così pacifico e rilassante, mi ricorda quando io e Amy facevamo il bagno al fiume, da piccoli, e poi ci sedevamo sulla sponda e lanciavamo i sassi al suo interno, ridendo per il rumore che facevano quando incontravano l'acqua.
All'improvviso il braccio di Cheyenne mi colpisce lo stomaco e poi mi afferra il bicipite, stringendo a morte. «Allen!» esclama in un sussurro urlato.
Distolgo lo sguardo dal ruscello, chiedendomi cosa possa mai aver visto, e sgrano gli occhi. A qualche metro da noi ci sono due cerbiatti.
«Non urlare» le dico. Non è la prima volta che li vedo qui, ma non sono mai stati così vicini. Felice come un bambino muovo un passo verso di loro, ma Cheyenne stringe ancora più forte il mio bicipite.
«Sei pazzo? Sono dei mostri di Satana!»
La osservo, incredulo. Ha gli occhi sgranati, come se stessi per lanciarmi in pasto agli squali. «Ma come fanno a essere dei mostri di Satana? A tutti piacciono i cerbiatti, Cheyenne.»
«Non a me» scuote con violenza la testa, ma entrambi veniamo distratti dal rumore di un ramoscello che si spezza. Uno dei due cerbiatti ha fatto un passo verso di noi. La stretta di Cheyenne sul mio bicipite è così forte che a malapena mi circola il sangue.
«Oh, buon Dio.» Quando il cerbiatto fa un altro passo, lei scatta alle mie spalle, e sbircia da dietro la mia schiena.
«Abbassa quella mano, Allen, te la staccherà a morsi» mi intima quando alzo il braccio.
«Lo sai che sono erbivori, vero?»
«Per me possono essere anche cannibali, basta che mi stanno alla larga!»
Non riesco a nascondere il mio divertimento. Cheyenne che non ha la situazione sotto controllo è uno dei miei spettacoli preferiti. Sento le sue mani aggrapparsi alla mia giacca quando il cerbiatto allunga il collo verso di me. Sorrido. Tendenzialmente scappano, è raro che si avvicinino all'uomo, ma questo deve essere coraggioso. Annusa la mia mano, poi passa alle gambe, e infine si sposta di lato, allungando il collo dietro la mia schiena. Riesco a sentire Cheyenne che trattiene il respiro.
«Allunga una mano» le dico.
«Eh? Nemmeno se mi paghi.»
«Dai, fidati.»
La osservo da sopra la spalla e, anche se titubante, la allunga davvero la mano. Non posso crederci. Il cerbiatto la annusa, e vorrei seriamente fare una foto a questa scena. L'espressione di Cheyenne è la più bella che abbia mai visto: un misto di disgusto, incredulità, paura e curiosità. Rido piano per non spaventare il cerbiatto.
«Va bene, basta, fallo andare via» sussurra, stringendomi la giacca con la mano libera.
Purtroppo non faccio in tempo, perché delle risate e degli schiamazzi spaventano i cerbiatti, che corrono via a gambe levate. Cheyenne, alle mie spalle, tira un sospiro di sollievo, poi torna di fianco a me.
«È stato... bello» mormora. Le sorrido.
«Ne sono felice.» Mi piace vederla così, spensierata, con le guance arrossate per il freddo e i capelli che sono un disastro. È ancora più bella di ieri, quando siamo usciti da scuola dopo gli allenamenti e le avevo prestato la mia felpa. Sbatto le palpebre quando mi accorgo di averla definita bella. Lo è, senza dubbio, ma questo lo sapevo già. Eppure nella mia testa è suonato in modo diverso. La scuoto piano. Sarà il freddo a farmi delirare, non c'è più coerenza tra i miei pensieri.
«Allen?» sbatto le palpebre, accorgendomi che mi ha beccato a fissarla. Giurerei che questa volta il rossore sulle sue guance non sia colpa del freddo. Ancora una volta delle voci attirano la nostra attenzione, e vediamo un gruppo di ragazzi che sta scavalcando il masso che prima abbiamo oltrepassato anche noi. Sono due ragazzi e una ragazza, e quando si accorgono di noi si fermano.
«Scusate, pensavamo non ci fosse nessuno» dice la ragazza, ha la pelle abbronzata e un accento che mi sembra australiano. Gli altri due invece sono entrambi biondi con gli occhi azzurri, e probabilmente non australiani, ma nemmeno americani.
«Di nulla» sorrido educatamente. Uno dei due biondi le dice qualcosa in una lingua che mi sembra tedesco e poi indica me e Cheyenne. Ci scambiamo un rapido sguardo. Vogliono ucciderci?
«Potrei chiedervi un favore?» fa la ragazza, un po' imbarazzata. Annuisco. «Innanzitutto mi chiamo Danielle, e loro sono Dominik e Christoph.»
Stringo la mano a tutti e tre. «James, Allen James.» È un'abitudine presentarmi in questo modo, forse perché tutti mi chiamano James, e allora mi presento prima per cognome. Mi torna in mente la prima volta che ho incontrato Cheyenne, quando le ho fatto quella battuta su James Bond, e la trovo che mi guarda complice, probabilmente abbiamo pensato la stessa cosa. Si presenta anche lei, poi Danielle fruga nello zaino enorme che ha sulle spalle e tira fuori la mappa di Bull Hill.
«Allora, speravo di portare i miei cugini a fare una tranquilla gita in America, ma a quanto pare il mio senso dell'orientamento fa davvero pena... come facciamo ad arrivare in cima? E qual è la migliore vista sull'Hudson River?»
Le indico due o tre punti sulla mappa, provando a spiegarle il tragitto, ma dubito che abbia capito qualcosa.
«Table Rocks è semplice da raggiungere, in quindici minuti dovreste farcela, è un buon punto in cui osservare il paesaggio.»
Annuisce, ma non è convinta. «Preferite che vi accompagniamo?» le propongo infine, divertito.
«Forse sarebbe meglio, ma non vorrei assolutamente disturbarvi» dice, imbarazzata.
«Non c'è problema, giusto?» chiedo a Cheyenne, sorridendole. Lei annuisce, così rivolgo un sorriso rassicurante alla ragazza e, tutti insieme, ci dirigiamo verso il sentiero che porta a Table Rocks. Ho percorso tutti questi sentieri così tante volte da conoscerli a memoria. Mi pongo alla testa del gruppo e indico a Danielle dove ci troviamo sulla mappa. Di tanto in tanto lancio un'occhiata a Cheyenne per vedere se ha bisogno di qualcosa, ma sembra tranquilla. Si guarda intorno con le mani in tasca, più rilassata di prima. Torno a guardare avanti e faccio cenno a Danielle di girare a destra.
«È la tua ragazza?» mi chiede a un certo punto.
«Cosa?» sbatto le palpebre, confuso.
«Cheyenne, è la tua ragazza?» ripete, ridacchiando.
«Oh, no, siamo amici.»
«E lei lo sa?» sussurra, guardandola di sottecchi.
«Cosa vuoi...» dire, stavo per chiederle, ma poi capisco a cosa si riferisce. Cheyenne ci fissa con una delle sue solite espressioni di ghiaccio e, anche se solo a pensarlo lo trovo surreale, mi sembra... gelosa? Ma quando distoglie lo sguardo e torna a osservare la natura circostante è come se non fosse successo niente. Danielle mi sorride, poi calcia un sasso col piede. Proseguiamo fino a Table Rocks in silenzio, e quando arriviamo è il paesaggio a parlare per noi. Io sorrido, l'ho visto un miliardo di volte ma l'emozione è sempre la stessa. Gli altri sono senza parole. Guardo Cheyenne e la colpisco leggermente con la spalla. «Ne è valsa la pena?»
«La scalata, vorrai dire» replica, e anche se il suo tono di voce è neutrale lo vedo che è emozionata.
Dopo la sosta a Table Rocks salutiamo Danielle e i suoi cugini, che ci ringraziano, e ci rimettiamo in marcia.
«Sei stanca?» le chiedo, notando che arranca un po' in salita.
«Posso confessarti una cosa?»
«Certo.»
«Sono sfinita, Allen» piagnucola. Rido e mi fermo, lei mi imita. Mi osserva sospettosa mentre mi levo lo zaino dalle spalle e lo indosso da davanti, poi mi volto e le faccio cenno di salirmi sulla schiena.
«Stai scherzando?» mi chiede. «Non ce la puoi fare, Allen.» È seria, ma non ha idea invece di quello che sarei disposto a fare per lei. Cioè, per farle raggiungere la cima di Bull Hill. D'altronde siamo venuti per questo, ha sfidato la sua paura per questo, e non sarà di certo la stanchezza a fermarmi.
«Placco energumeni di centocinquanta chili e non riesco a portare sulle spalle una gracile ragazzina che ne peserà a malapena cinquanta? Forza, fidati se ti dico che posso farcela.»
Cheyenne sospira, probabilmente è troppo stanca per controbattere. Mi abbasso un po' e lei salta sulla mia schiena. Le afferro le gambe da sotto le ginocchia e ricomincio a camminare.
«Sei pazzo, Allen» sospira, ma sento l'affetto nella sua voce. Mi poggia le dita gelide sulla nuca mentre mi sistema il capello di lana.
«Non mi alleno tutte queste ore per niente, Kate» rispondo. I suoi capelli infiniti mi solleticano il volto quando poggia il mento sulla mia testa.
La scalata prosegue in silenzio, di tanto in tanto le indico dove guardare per non perdersi paesaggi indimenticabili, e lei in cambio continua a sistemarmi il berretto sulla testa.
«Okay, Cheyenne, sei pronta?» Siamo finalmente arrivati in cima. Ho il fiatone, effettivamente non è stato facile, ma nemmeno poi così faticoso. Osservo la freccia bianca dipinta sulla roccia di fianco ai miei piedi e sorrido. Molti scalatori passano oltre questo punto senza accorgersene, e in realtà quella che si perdono è la migliore vista sulla valle che si possa trovare. Lei scivola lungo la mia schiena e torna coi piedi per terra.
«Sono pronta.»
Le faccio strada e percorriamo tutto il sentiero, fino a sbucare qualche metro più là, in cima al Bull Hill. Il tempismo è senz'altro perfetto, perché proprio in questo istante il sole sta tramontando oltre il lato occidentale delle Hudson Highlands. Una sporgenza rocciosa si affaccia sulla valle, che si apre sotto di noi. Purtroppo gli alberi sono spogli, ma il fiume è di un colore brillante, su di esso si riflettono i colori del tramonto, che illuminano tutta la valle circostante di un caldo arancione. Porgo la mano a Cheyenne e salgo sulla sporgenza rocciosa. Lei non riesce a smettere di guardare il tramonto, ma quando si accorge di quello che le sto chiedendo scuote la testa.
«Troppo alto» mimano le sue labbra, il vento è molto forte e non riesco a sentirla da questa distanza. Sorrido, consapevole che ciò che sto per fare la manderà in bestia, ma me ne frego. Mi sporgo verso di lei e la afferro per la vita, depositandola poi a terra di fianco a me. Ha gli occhi chiusi e le mani strette a pugno, che temo possano schiantarsi sulla mia faccia da un momento all'altro, ma incredibilmente non lo fanno. Cheyenne apre lentamente gli occhi, e quando si accorge del paesaggio che la circonda mi afferra un bicipite, per fortuna non lo stesso di prima.
«È bellissimo, Allen» mormora, accanto al mio orecchio. La guardo, felice e spensierata, per la prima volta osservo tutto il suo viso sorridere di fronte allo spettacolo incontaminato della natura. I capelli le ondeggiano attorno al volto, strapazzati dal vento, gli occhi corrono lungo tutta la valle, e il tramonto si specchia al loro interno. Sento il cuore battermi nelle orecchie, e non so quale dei due paesaggi che ho di fronte ne sia la causa.
«Anche tu lo sei» mi lascio sfuggire. Cheyenne però non mi sente, perché il vento tira troppo forte.
«Hai detto qualcosa?» mi chiede, con le sopracciglia aggrottate. Sorrido e scuoto la testa. Lei ricambia il mio sorriso, poi torna a guardare il cielo. Faccio un sospiro, e mi rendo conto che la situazione non va affatto bene. Mi rassicuro dicendomi che è solo l'emozione per il viaggio, per l'esperienza, ma una parte remota di me rimane dura da convincere.
Alla fine, portare via Cheyenne dalla cima di Bull Hill è stato addirittura più difficile che convincerla a scalarla. Ha voluto scattare almeno un milione di fotografie, poi si è seduta sulla roccia ed è rimasta a osservare il tramonto finché il sole non è scomparso dietro le montagne.
«Dove ci fermiamo?» mi chiede, una volta che ci siamo incamminati di nuovo lungo il sentiero. «Devo ammettere che adesso questa foresta è davvero inquietante.»
Mi guardo intorno, generalmente non sono uno che si lascia intimidire, e in questi boschi ci sono stato davvero tante volte, però devo ammettere che il clima è abbastanza spaventoso.
«Torniamo alla vallata che abbiamo visto all'inizio» le dico, stringendomi nella giacca. Le temperature sono iniziate a calare precipitosamente.
«Allen ci vorrà almeno un'ora! Tra poco sarà completamente buio...»
Penso a un'altra soluzione, e per fortuna mi viene in mente. «Seguimi, ma stai attenta a dove metti i piedi.»
«Dio, ricordami di non partire mai più per un'avventura con te!» esclama, ma il tono della sua voce è divertito. La prendo per mano e la aiuto a superare un gruppo di rocce. Scendiamo lungo una parete e ci addentriamo in un sentiero che, da quello che mi ricordo, sulla mappa non dovrebbe essere segnato.
«Posso confessarti una cosa?» le chiedo, lanciandole un rapido sguardo. Annuisce. «In realtà non so se ci si può accampare in quest'area, anzi probabilmente no.»
«Allen!» esclama, esasperata. Io scoppio a ridere. «Non voglio essere arrestata!»
«Non ci arresterà nessuno, stai tranquilla, Kate.»
Trovo il punto perfetto, un piccolo spiazzo dove gli alberi si diramano e il cielo è perfettamente visibile.
«Adesso: tu tieni la torcia, io monto la tenda» le dico, porgendole il cellulare e il mio zaino.
«Allen, ora che ci penso, non è una grande idea... le temperature sono veramente basse... e se moriamo per ipotermia? Non si va in campeggio d'inverno! Accidenti a me che ti seguo anche.»
«Stai tranquilla, ho pensato a tutto» la rassicuro, poi inizio piantando i picchetti a terra, dopo aver posizionato la tenda. Certo, il vento non aiuta, ma in un paio di minuti ho finito.
«Okay, accomodati, Kate» le indico l'ingresso con il braccio, e lei non se lo fa ripetere. Mi affaccio dentro la tenda e le lascio le ultime istruzioni. «Mentre io vado a cercare della legna, tu accendi la lanterna che ti ho messo nello zaino, non è difficile: devi premere un solo tasto.»
«Scusami, mi stai lasciando qui, da sola?» mi domanda, incredula.
«Proprio così.»
«Allen!» esclama.
«Torno fra dieci minuti, va bene? Sono qualche metro più giù, stai tranquilla.»
Anche se riluttante, annuisce. Cerco qualche ramoscello secco a terra, poi prendo un paio di sassi di media dimensione e torno da lei.
Dispongo i sassi in cerchio e poi i ramoscelli secchi. Per fortuna il vento si abbassa un po' e mi permette di accendere il fuoco.
«Ehi, regina di ghiaccio, vieni a scaldarti» la chiamo. Cheyenne esce dalla tenda e si siede di fianco a me vicino al fuoco.
«Se ci arresteranno sarà tutta colpa tua, sappilo!»
Alzo gli occhi al cielo. «Hai freddo?» Il fuoco le adombra il volto, riflettendosi nei suoi occhi chiari. Annuisce. Mi allungo verso il mio zaino e ne tiro fuori una coperta.
«Ne ho anche altre due termiche, pensi di farcela a non morire di freddo?» scherzo, ma non troppo, perché le temperature sono davvero rigide.
«Farò del mio meglio» scherza a sua volta, avvolgendosi nella coperta. Restiamo in silenzio, entrambi ipnotizzati dal fuoco. La sera è ormai completamente calata e io inizio ad avere fame.
«Vuoi mangiare qualcosa?» le propongo.
«Volentieri.»
Prendo i panini rimasti e gliene porgo uno.
«Se c'è una sola cosa che ho sempre sognato di fare, quella è arrostire i marshmallow sul fuoco» riflette lei, addentando il panino.
«Indovina chi ci ha pensato...» Afferro lo zaino e tiro fuori il pacco di marshmallow, porgendoglielo.
«Ti adoro, Allen, sul serio» batte le mani e apre il pacco, poi – con mia immensa sorpresa – raccoglie un bastone e ci infilza il marshmallow, contenta come una bambina.
Il fuoco è davvero piacevole e mi sembra di essere tornato piccolo, era da un po' che non andavo in campeggio. Certo, la stagione non è proprio l'ideale, ma non è andata poi così male. Cheyenne mi racconta alcune delle sue vacanze e io faccio lo stesso con le mie, perdendo la cognizione del tempo che passa.
Mentre la ascolto parlare di una recente vacanza in Francia, dai nonni, alzo lo sguardo verso il cielo. La sua piena visione è ostacolata dai rami spogli degli alberi, che impediscono di distinguere le stelle.
«Cheyenne» la richiamo. Lei smette di parlare e alza lo sguardo su di me. Vedo la stanchezza della giornata riflettersi nei suoi occhi, e mi trovo a pensare che sia davvero coraggiosa. D'altronde chi altro sarebbe partito così, alla cieca, allontanandosi dal sentiero conosciuto? Non mi aspettavo lo facesse qualcuno come Cheyenne, questo è poco ma sicuro. Non mi stancherò mai di ripetere che è la qualità che apprezzo di più in lei. «Voglio farti vedere una cosa.»
Mi alzo in piedi e le faccio cenno di seguirmi a qualche metro di distanza dalla tenda, dove gli alberi lasciano spazio al cielo scuro, in cui le stelle stanno sospese come fiocchi di neve prima di cadere a terra. Le indico il cielo, e lei alza lo sguardo. Riesco chiaramente a sentire che rimane senza fiato.
«Wow... non ho mai visto niente di simile» sussurra, poi guarda me che stavo guardando lei. Mi rendo conto di farlo spesso, quasi sempre oserei dire.
Cheyenne alza di nuovo gli occhi verso il cielo senza nemmeno sbattere le palpebre, come se avesse paura che tutto questo possa scomparire. Cogliendomi totalmente alla sprovvista, allunga il braccio verso di me e mi stringe la mano. È fredda, come sempre, ma non mi importa. È come se in questo momento fossimo una sola cosa, un solo corpo che vede con gli stessi occhi, ma in fondo chi se ne frega di cosa siamo? Io e lei insieme siamo, e questo basta e avanza.
«Grazie di tutto, Allen, davvero con il cuore» sussurra, stringendomi più forte la mano.
«Grazie a te, Kate, per aver fatto irruzione sul tetto tre settimane fa.»
Mi sorride e si poggia alla mia spalla, continuando a guardare il cielo. Io invece mi concentro sulle sue labbra. Sono screpolate e provate dal freddo, ma di un adorabile colore rosato. La forma è deliziosa, fa venire voglia di baciarle. Scuoto la testa e la alzo verso il cielo, concentrandomi sulle stelle che brillano come piccoli diamanti.
«Vuoi andare a dormire?» le chiedo dopo un po', notando che le si chiudono gli occhi. A fatica distoglie lo sguardo dal cielo stellato, ma alla fine sbadiglia e annuisce. Insieme torniamo verso la tenda. Lei entra e io spengo il fuoco, poi la seguo all'interno, chiudendo l'entrata. Frugo nello zaino e tiro fuori il sacco a pelo, realizzando solo adesso che non ho pensato a un cambio per la notte. Decido di essere troppo stanco per rimproverarmi, mi levo la giacca e la felpa e tengo soltanto la maglia a maniche lunghe, avvolgendomi nella coperta termica. Cheyenne non vorrebbe togliersi neanche la giacca, ma alla fine riesco a convincerla a tenere soltanto il maglione di lana.
«Buonanotte, Kate» le dico, spegnendo la lanterna.
«'Notte, Allen.»
Gli occhi mi si chiudono e la stanchezza inizia a farsi sentire, i muscoli fanno male e probabilmente mi prenderò un bel raffreddore, ma non riesco a smettere di sorridere. Quando sto finalmente per addormentarmi, un rumore mi fa aprire di nuovo gli occhi.
«Cheyenne?» chiamo, nel buio. «I tuoi denti che sbattono mi impediscono di dormire.»
«Scu-scusa, proverò a m-morire di freddo in silenzio» ringhia. Scoppio a ridere e accendo di nuovo la lanterna. Lei mi osserva da sotto le coperte, che le lasciano scoperto solo il naso. «Ma come fai?!» esclama, vedendo la mia maglietta di cotone. Alzo le spalle, poi apro il mio sacco a pelo e batto la mano di fianco a me.
«Vieni qui, dai.»
Stranamente non controbatte, anzi si sbriga a infilarsi vicino a me. I suoi piedi gelati mi fanno venire un brivido.
«Cristo santo, sei congelata!»
«Ma va, genio!» risponde, acida. Sospiro e poggio di nuovo la testa contro il cuscino. Il silenzio torna fra noi. Spengo la lanterna e chiudo di nuovo gli occhi. Sento la sua mano contro lo stomaco, che si solleva ad ogni respiro che faccio, e i capelli che mi solleticano il volto.
«Va meglio?» sussurro. Lei annuisce e sbadiglia, sistemandosi meglio contro il mio corpo. Non so come sentirmi di preciso, sono un po' confuso, e detesto dirlo ma sento di dover prendere un po' le distanze da lei. Da domani. La Vigilia mi farà bene, un po' di calore familiare e meno tempo per farle occupare i miei pensieri.
«Allen?»
«Mh?»
«Non ho mai dormito con un ragazzo.»
Sorrido, forse troppo. «Neanch'io» scherzo.
«Idiota» Cheyenne ridacchia, ma io torno serio.
«Un'altra prima esperienza dentro una prima esperienza.»
«Prima esperienza-ception» ride lei.
«E poi sarei io l'idiota» alzo gli occhi al cielo.
Mi odio, perché non riesco a smettere di sorridere, eppure allo stesso tempo non sono mai stato così felice in vita mia.

Ciao fiori di campo! 🌻

Sono tornata (prestissimo) con un nuovo capitolo (lunghissimo)!

Veneratemi come fossi la vostra dea 😌
Vabbè scherzo (non troppo).

Cosa ne dite del capitolo?

Vi è piaciuto?

Cosa prova Allen per Cheyenne? E lei per lui?

Cosa accadrà domani? Brutte notizie in arrivo? Lo scoprirete (spero) a breve!

Vi amo ❤️

Al prossimo capitolo!🔜

-A

Misfits - DisadattatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora