24. Le tre C

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Cheyenne
«Pensate che per il Sadie Hawkins sia meglio un vestito color cipria o pesca?» chiede Chantal con quella sua voce acuta, afferrando un abito e poi un altro e un altro ancora e ammassandoli tutti su un solo braccio.
«Sono entrambi colori... estivi, Chantal, io opterei per un blu petrolio» le risponde Courtney, io nemmeno ci perdo più tempo. Con le braccia conserte osservo Chantal balzare da una parte all'altra del negozio come una palla matta. Cosa avrà mai trovato Allen in lei? A quanto pare abbastanza da liquidare la nostra amicizia. Non parliamo da quella notte, ormai sono passati cinque giorni, è sabato, e la settimana prossima c'è il ballo. Il Sadie Hawkins, un'altra iniziativa a cui desidererei con tutta me stessa non partecipare, ma per la quale ovviamente mia madre ha già iniziato i preparativi prima di Natale. Il sabato mattina è da sempre giorno di shopping con Courtney e Chantal, ma oggi a loro detta è "speciale". Da quando siamo freshmen hanno dato inizio a questa tradizione della scelta dell'abito, nemmeno dovessimo andare ad un matrimonio. Sbuffo involontariamente, e Courtney mi lancia un'occhiata stranita. «Andiamo, Cheyenne... fai finta di essere contenta, almeno per Chantal.»
«Non credo che se ne accorgerebbe» mormoro fra me e me, quando lei mi chiede di ripetere, sorrido. «Scusa, è che ho tanto per la testa.»
«Figurati... di sicuro decidere chi invitare al ballo non è affatto un pensiero da nulla» replica lei. Certo, come se scegliere un idiota – su cui in realtà l'ultima parola spetta a mia madre – di cui non mi importa niente, con cui trascorrere una serata di cui non mi importa niente, fosse in cima alle mie preoccupazioni. Che problema! Alzo gli occhi al cielo facendo attenzione a non farmi vedere. Non ne posso più di queste pagliacciate. Chantal, che ancora stava facendo rimbalzare lo sguardo dal vestito cipria a quello pesca, ci viene incontro con espressione smarrita. «So che non sono colori invernali, ma io ho la carnagione chiara, un vestito scuro mi starebbe malissimo, i colori pastello invece sono perfetti.» Qualcuno mi uccida, ora.
«Scegli il vestito che più ti valorizza, Chantal, alla fine è una serata dedicata alle ragazze, più che ai ragazzi... e poi nessun ragazzo saprà mai che indossi un colore estivo o della passata stagione, non preoccuparti» la tranquillizza Courtney, pacata. Da un lato meno male che c'è lei, non saprei come gestire Chantal da sola. Da quando abbiamo cominciato le superiori siamo sempre state insieme, pur conoscendoci da prima, tanto che ci hanno ribattezzate "Le tre C". Ovviamente la nostra amicizia non è stata una scelta volontaria ma una forzatura, una conseguenza. Tre cognomi importanti, un'amicizia necessaria, mi ripeteva sempre mia madre, tanto che alla fine sono arrivata a crederci anch'io, adesso me lo ripeto da sola ogni volta che mi chiedo perché continui a uscire con loro. È un mantra che dà parziale calma. In generale imputare la colpa delle cose che ci succedono nella vita ad enti esterni, è tranquillizzante. L'ho imparato negli ultimi tempi, da quando ho cominciato ad imputare a me la responsabilità di ciò che mi accade. D'altronde sono io a fare determinate scelte, persino a scegliere di non prendere una posizione, dunque la responsabilità deve essere per forza mia. Però molto spesso mi aggrappo a questa finzione mentale secondo cui continuo a uscire con loro perché lo vuole mia madre, e dunque non è colpa mia. Infantile, lo so, ma alcune abitudini sono dure a morire, e io ho da sempre difficoltà coi cambiamenti.
«Magari un ragazzo non sa che indosso un vestito della passata stagione, ma io lo so, e questo mi basta» decreta alla fine Chantal, lasciando tutti i vestiti che aveva preso alla cassa, con un sorriso di scuse per la commessa, che si sforza di non guardarla male. Courtney sospira, poi scoppia a ridere.
«Va bene, proviamo alla boutique qui di fronte, penso abbiano qualche abito di Versace.» Quando Chantal sente dire "Versace" perde completamente la testa, e infatti questo accade. Scatta fuori dal negozio fiondandosi in quello di fronte. Noi rivolgiamo un altro paio di sorrisi di scuse alla commessa e la seguiamo.
Finalmente, dopo almeno due ore, Chantal ha deciso quale abito indossare: un grazioso vestito bianco – mai fuori moda, a sua detta – con la scollatura a V e che finisce a tubino. Tiro un sospiro di sollievo quando fa strisciare la carta di credito, confermando l'acquisto. Spero che a suo padre non venga un colpo quando vedrà l'estratto conto, d'altronde è un Versace, pezzo unico.
«A questo punto» esordisce Courtney prendendo una patatina dal vassoio al centro del tavolo. «Parliamo di cose serie: chi inviterete al ballo? Io ovviamente mi tiro fuori.» Temevo questa domanda, è da quando siamo salite in macchina stamattina che mi preparavo al momento, eppure non posso fare a meno di soffocare un gemito disperato. Al Sadie Hawkins sono le ragazze a invitare i ragazzi, e sarebbe anche fantastico, se non fosse che per me è solo un ulteriore problema: normalmente i ragazzi mi chiedono di andare con loro, mia madre conferma o rifiuta, e il gioco è fatto; in questo caso sono fottuta, perché sono io a dover fare la prima mossa, e lei ancora non ha deciso in quale direzione. Mi balena alla mente un nome, ma ovviamente è improponibile: Allen James; e lo è per tre ragioni: abbiamo litigato, mia madre mi scuoierebbe viva, i balli scolastici non sono roba da Allen James, non l'ho mai visto partecipare a uno solo di essi.
«Allora? Vi siete ammutolite entrambe» Courtney schiocca le dita davanti alla mia faccia e a quella di Chantal. «Mi correggo: Chantal si è ammutolita, Cheyenne è solo... Cheyenne... ehi, è imbarazzo quello che vedo stampato sulle tue guance?»
Sollevo la testa dal mio cheeseburger per chiedere a Courtney di cosa stia parlando, ma mi rendo conto che si riferisce a Chantal. La guardo anch'io, e noto conto che è arrossita davvero. Sollevo entrambe le sopracciglia verso l'alto. Non so cosa abbia detto a Courtney del suo "appuntamento" con Allen, entrambe sono sempre state più vicine l'una all'altra rispetto a me, ma a giudicare dall'incredulità di Courtney e all'imbarazzo di Chantal, Miss Popolarità non deve saperne niente. E la cosa mi lascia basita. Chantal non è affatto tipo da nascondere le sue relazioni, anzi è sempre stata abbastanza aperta riguardo a questo tema, spesso in modo disgustosamente dettagliato, per questo sono scioccata, e mi rendo conto che anche Courtney fa fatica a nascondere la sorpresa.
«Chantal? Sputa» dice soltanto, occhi e bocca spalancati. Lei si agita sulla sedia, senza incrociare mai lo sguardo di Courtney.
«Non c'è niente da dire! Inviterò Rick come ogni anno» risponde, nervosa.
«Andiamo! Siamo migliori amiche da sempre! Con chi sei uscita senza dircelo?»
Se possibile, Chantal arrossisce ancora di più; sarei curiosa di vedere come potrebbe uscire da questa situazione, anche se in realtà un po' mi dispiace per lei, e il fatto che non voglia raccontarcelo mi fa pensare che magari abbia vissuto dei bei momenti e voglia tenerseli per sé, a detta di Allen sono stati bene, per quanto la cosa mi infastidisca.
«Lasciala stare, Courtney» intervengo. Entrambe mi guardano sorprese, Chantal per averla difesa e Courtney per averla ripresa.
Per fortuna, a salvarmi dall'imbarazzo mi squilla il cellulare. È mia madre, che al cellulare non chiama mai, quindi deve essere importante. «Scusate, devo rispondere.» Colgo la palla al balzo e mi allontano verso le vetrate del McDonald's, osservando la gente che passeggia allegra per il centro commerciale. «Ehi, mamma.»
«Cheyenne, ho una grandiosa notizia!» È raggiante, il che non promette bene.
«Ovvero?»
«Stasera avremo un ospite a cena... un ospite molto importante, tuo padre è in affari con il suo da un po', è una porta per l'Europa, il grosso cliente che ci manca, capisci? Devi assolutamente tornare subito a casa dopo le prove con la squadra oggi pomeriggio, ho già detto a Samantha e Lauren di prepararti un bagno caldo e un bel vestito, mi raccomando, Cheyenne!»
«Va bene... quanti anni ha?» domando, curiosa.
«Oh, non lo so! Sulla ventina, credo, è giovane e per niente brutto! Purtroppo suo padre non potrà esserci, viene lui al suo posto per discutere di affari, ma non solo... non so se capisci cosa intendo.» È in fibrillazione.
«Stai per caso cercando di maritarmi?» chiedo, scioccata.
«Oh, non essere stupida, Cheyenne! Però, se ci scappa qualcosa: è ricco, bello...» mormora, sognante. Questa donna a volte mi dà i brividi.
«Mamma!»
«Oh fai un po' come ti pare, peggio per te, mi basta che sei a casa per le cinque.»
«D'accordo... ah, una cosa...» Non so come mi sia venuto in mente, ma il nome mi è balzato in testa d'improvviso, come una scintilla. Fuori dalla vetrata osservo una bambina afferrare la madre per il giubbotto e costringerla a fermarsi di fronte a una vetrina di giocattoli. Involontariamente sorrido.
«Cosa? Sbrigati, Cheyenne, non ho tempo da perdere... devo chiamare la parrucchiera e l'estetista.» Sento i suoi tacchi a spillo sbattere sul pavimento del salotto, riconoscerei questo suono fra mille.
«Che ne diresti se invitassi Jordan Peck al Sadie Hawkins?»
«Il figlio del banchiere?»
«Sì, mamma, il figlio del banchiere.» Alzo gli occhi al cielo, tanto non può vedermi. È tutto ciò che conta per lei.
«Mmmh... direi che va bene, Cheyenne... ora ti saluto, devo dire alla signora Rousseaux di mettersi d'accordo con la Lawrence riguardo ai bouquet di fiori da preparare, ci vediamo stasera... mi raccomando, Cheyenne: puntuale come un orologio svizzero!»
«Ho capito, ciao mam-» Non faccio in tempo a salutarla che già ha attaccato. Sospiro e non abbasso subito il braccio, per godermi ancora un po' il paesaggio tranquillo oltre il vetro spesso. Dopo un minuto però non posso più stare di fronte alla vetrata in silenzio, dunque sono costretta a tornare al tavolo, dove Courtney interrompe l'interrogatorio che stava facendo a Chantal solo quando mi vede arrivare, ne sono sicura.
«Dunque... stavamo dicendo: Chantal mantiene l'alone di mistero, ma sono sicura che da qui a una settimana crollerà... tu invece, Cheyenne?» mi chiede prendendo un sorso dalla sua Coca Cola.
«Jordan Peck» rispondo soltanto.
«Uuuh» replica lei.
«Gli piaci» la asseconda Chantal. «Magari sarà la vostra notte.» E mi fa l'occhiolino. Dio, spero di no, non perché io abbia qualcosa contro Jordan, anzi lui è davvero gentile, ma proprio non mi sembra il caso né la persona adatta. Il punto è che quando penso a Jordan mi viene sempre in mente la stessa cosa: uno scudo dai pettegolezzi. E mi dispiace, perché davvero è una brava persona, eppure non posso farne a meno. Con lui mi sento tranquilla, perché è educato, ma niente più di questo. Sono certa che prima o poi questa cotta per me gli passerà.
«Chissà» rispondo invece, con tanto di risatina finta. Non si meritano di sapere cosa mi passa per la testa, non farebbero altro che prenderlo, accartocciarlo e gettarlo via come un volantino, uno di quelli che ti mollano per strada e che afferri tanto per non essere sgarbato, ma di cui in realtà ti importa meno di zero.

Misfits - DisadattatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora