6. La vodka dei piloti

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Allen
La notte scorre rapida fuori dal finestrino dell'auto. I grattacieli si susseguono, privi d'identità, l'uno all'altro. Fisicamente sono qui, ma con la mente sto correndo da tutt'altra parte. Il litigio con Amy continua a ripetersi nella mia testa, non mi lascia scampo. Non è raro che litighiamo per nostro padre, ma che siano passate quasi dodici ore e tutto non sia ancora tornato a posto sì. Dopo il disastroso pranzo sono andato direttamente agli allenamenti di football, per sfogare la rabbia, e quando sono tornato a casa Amy non c'era. Al suo posto ho trovato un biglietto che aveva lasciato per informarmi che rimaneva dalla sua amica Taylor. Diceva anche di aver già avvisato la mamma, che oggi lavora durante il turno di cena, quindi ho mangiato da solo, rimuginando. In questo Amy è uguale a me, quando ha bisogno dei suoi spazi è meglio lasciarla stare ed evitare di forzarla, altrimenti ci si scaglia solo contro un muro insormontabile. Comunque, per sicurezza, ho chiamato la signora Parker, la mamma di Taylor, e mi ha assicurato che mia sorella avrebbe dormito da loro.
Generalmente non sono un amante dell'alcol, o delle ubriacature insensate, ma questa sera sento davvero il bisogno di dimenticare.
«Perché mi hai fatto indossare una maglietta con su scritto "Hakuna Ma'vodka?"» la voce delicata di Cheyenne mi fa quasi sobbalzare. Il suo vestito era davvero bello, la fasciava come un guanto, e proprio per questo è inadatto a una festa. Oltretutto l'ho sempre vista perfetta, in tiro fino all'estremo, e per una sera mi piacerebbe osservarla così: semplicemente una ragazza con una maglia e un paio di jeans.
«Almeno è più divertente» rispondo invece con una scrollata di spalle, senza distogliere lo sguardo dalla strada. Non so perché sento questo desiderio di conoscerla, di capire quello che le passa per la testa. Ha sempre destato la mia curiosità, da quando, il primo anno di liceo, ha iniziato a sedere assieme alle cheerleader sugli spalti durante le partite. Quell'espressione seria, di ghiaccio, vorrei fare a pezzi la sua maschera e osservarla sgretolarsi sotto i miei occhi, e così riuscire a vedere la luce di cui sono sicuro si privi lei stessa. O molto più semplicemente non c'è un perché, è così e basta. Cosa ci impone di trovare sempre un significato ad ogni cosa? Alcune cose succedono e basta, non puoi prevederle, e forse questa è una di quelle. Anzi, senza forse. Per qualche strana congiunzione astrale io e Cheyenne eravamo destinati ad incontrarci, e così è stato, niente di più, niente di meno. Che io stia diventando un po' paranoico? Colpa di Amy.
«Sei molto pensieroso, oggi» la rossa assottiglia lo sguardo, il rumore della strada che corre rapida sotto gli pneumatici mi trasmette tranquillità, ma i miei pensieri tornano sempre allo stesso punto.
«Ho litigato con mia sorella» sputo fuori, un po' a forza. Non mi piace parlare di me, sono sempre stato molto riservato, forse perché mio padre, invece, si è sempre trovato sulla bocca di tutti, e quindi io ho cercato in ogni modo di scomparire. E ci provo ancora. Ma per tutti rimarrò sempre James, il figlio del miliardario di Manhattan.
«Come mai?» chiede, mentre i suoi occhi restano catturati dallo spettacolo di colori fuori dal finestrino. Non deve uscire spesso di sera.
«Non esci così spesso dopo il coprifuoco, eh?» non riesco a frenare la domanda, ma Cheyenne non sembra infastidita. Si gira a guardarmi, le luci blu di un palazzo di fronte a cui ci siamo fermati le risplendono alle spalle. Ci metto un po' ad accorgermi che sta sorridendo.
«Stavamo parlando di te, o sbaglio?»
Un sorrisetto mi stira le labbra, ma ben presto si spegne. «I miei genitori sono divorziati, io non ho un bel rapporto con mio padre, al contrario Amy, mia sorella, spera sempre che lui si interessi a noi. Litighiamo spesso per questo motivo, più le dico che sta perdendo tempo e più lei non mi ascolta.»
Cheyenne rimane in silenzio, tanto a lungo che mi domando se mi abbia sentito. Distolgo lo sguardo dalla strada e le rivolgo un'occhiata. È così distratta a guardare fuori che non si è nemmeno accorta che la maglietta le è scivolata sulla spalla, mettendo in mostra la pelle lattea.
«Ti sei mai chiesto se fossi tu ad essere in errore?» la sua voce è talmente bassa che impiego qualche secondo a capire quello che ha detto. E quando realizzo, entrambe le mie sopracciglia scattano verso l'alto per la sorpresa. Apro la bocca per risponderle che una delle poche certezze che ho nella vita è di non sbagliarmi su mio padre, ma qualcosa nella sua voce mi fa vacillare.
«Non ci ho mai pensato» confesso.
Cheyenne resta in silenzio, e quando mi giro a guardarla sta sorridendo. Eppure non c'è niente di divertito, nel suo sorriso. A tratti mi sembra così triste da rabbuiare il mondo intero.
«È che... quando passi tutta la vita a cercare di proteggere qualcuno da una persona che si è sempre comportata come un mostro, è difficile immaginare che all'improvviso sia cambiata e voglia diffondere il bene in tutto il mondo.» Visto che lei non è in vena di conversare, decido di farlo io. Ancora silenzio.
«Devi solo cambiare prospettiva» dice dopo un po'.
Alzo le sopracciglia e le lancio un'occhiata fugace. Siamo quasi arrivati.
«Che significa cambiare prospettiva? È così e basta: mio padre è uno stronzo e mia sorella lo crede un eroe, e quando provo ad aprirle gli occhi allora il mostro sono io, e non un uomo che ha preferito centinaia di stupide amanti alla sua famiglia e che preferisce ignorare che sua moglie lavori tutte le notti per arrivare a fine mese e debba crescere due figli da sola!»
Mi accorgo troppo tardi di averci messo un po' troppa enfasi. Rallento davanti alla casa in cui è in corso la festa e mi passo entrambe le mani sul volto. Riesco a percepire gli occhi di Cheyenne che mi bucano la pelle.
«Mi dispiace» dico. «Mi dispiace davvero.»
«Non preoccuparti, non hai niente di cui dispiacerti» risponde lei, poi mi poggia una mano sulla schiena. Il calore che trasmette mi rincuora un po'.
«Cerca solo di non vedere le cose in modo assolutistico: ognuno ha la propria verità e le proprie ragioni per comportarsi in un determinato modo, certo, possono essere discutibili, ma cerca di dialogare, è l'unico modo per risolvere i problemi.»
La musica e le voci che arrivano dalla casa riempiono per un paio di secondi il silenzio.
«Sembra che tu stia parlando più di te che di me» la osservo sbattere le lunghe ciglia colorate di nero, continua a osservarmi per un po', poi lo stesso sorriso triste di prima le alza gli angoli delle labbra.
«Io e la mia vita non siamo poi così interessanti.» Detto ciò apre la portiera dell'auto e scende con passo sicuro, poi si gira e mi fa l'occhiolino, indicando con la testa la casa alla sue spalle.
«Oh, invece non hai la minima idea di quanto tu sia interessante, Cheyenne» sussurro, poi mi allontano di qualche metro per parcheggiare e scendo dall'auto. Non ho neanche il tempo di raggiungerla che già due idioti ci stanno provando. Alzo gli occhi al cielo. Tipico. E menomale che le ho impedito di indossare quel vestito. La affianco e faccio per aprire bocca, ma Cheyenne mi precede.
«Non mi interessa vedere il tuo salotto, né tantomeno il tuo garage» ghigna, guardando prima uno poi l'altro ragazzo, che la osservano sbigottiti, e anche io. «Se volete conquistare una ragazza, almeno prima imparate qualche stupidaggine da rifilarle, la maggior parte è abbastanza stupida da crederci. Ed ora, se volete scusarmi, io e il mio amico dovremmo far vedere a questa gente come si fa una festa, Adieu
Mi afferra la mano e si fa spazio fra i due tizi, che si scansano sgomenti. La seguo con gli occhi sgranati, continuando ad osservare i suoi capelli che ondeggiano di fronte a me.
Quando finalmente mi riprendo la affianco e le passo un braccio attorno alle spalle. È così minuta che riesco ad avvolgerla tutta.
«Tu sì che hai le palle, ragazza!» rido dandole il cinque, e lei fa lo stesso.
«Insomma, di chi è questa casa?» mi chiede una volta che siamo in giardino. Ci sono già tizi che barcollano di qua e di là, e qualcuno è così ubriaco da cadere nella piscina.
«Non ne ho idea» le rispondo con un sorrisetto.
Lei volta di scatto la testa verso di me, con gli occhi verdi sgranati. «Che significa che non ne hai idea?»
«Significa che dobbiamo imbucarci.»
«Imbucarci?» ripete, ma è più curiosa che spaventata, e per questo la adoro.
«Proprio così.»
Cheyenne si solleva sulle punte, fino ad individuare due bodyguard ai lati della porta d'ingresso. Siamo abbastanza lontani dal centro della città, in un quartiere costituito di sole ville.
«Lascia fare a me» sorride furba.
«Con piacere.»
Cheyenne afferra l'orlo della maglietta e lo infila nei pantaloni, poi si tira indietro i capelli scoprendo il collo e le clavicole e mi prende la mano.
«Ti faccio vedere come ci si imbuca ad una festa, mantieni un atteggiamento sicuro e accattivante.»
Camminiamo verso i bodyguard, e mi duole un po' ammetterlo ma sembra assurdo che io non l'abbia mai vista ad una festa, perché è davvero il suo habitat naturale. Cheyenne tira la mia mano attorno alla sua vita quando siamo a pochi passi dai bodyguard. Sbatto le palpebre, perplesso. Cos'ha in mente?
«Buonasera! Siamo i migliori amici di Rick, arrivati direttamente dalla California per fargli una sorpresa!»
Rick? Migliori amici? California? Sono confuso.
«Il signor Smith ha detto che non sareste arrivati prima di domani perché il vostro volo è stato cancellato» replica quello più alto e più grosso, ma Cheyenne non molla. Mi chiedo dove abbia reperito tutte queste informazioni.
«Ci siamo fatti assolutamente trovare un altro volo, non ci saremmo persi questa festa per nulla al mondo!»
«Va bene, va bene... nome e cognome» l'altro bodyguard taglia corto, squadrandoci da capo a piedi.
Lancio un'occhiata a Cheyenne in cerca d'aiuto, ma lei sembra totalmente a suo agio.
«Camille e Jonathan Preston» dice sicura. Sono sempre più confuso. Il bodyguard più basso tira fuori una lista e scorre i nomi più di una volta. Approfittando della loro distrazione tiro un pizzico a Cheyenne sul fianco. Lei sobbalza leggermente, e mi osserva confusa.
«Che c'è?» mima con le labbra.
Sgrano gli occhi e lei ridacchia.
«Dopo ti spiego» mimano ancora le sue labbra.
Sono davvero curioso.
«Bene signori Preston, potete entrare, scusate per l'attesa, ma si tratta di prassi.»
«Non c'è problema, siete stati gentilissimi! Buona serata!»
Ci defiliamo attraversando il portico ed entrando in casa. Cheyenne scoppia a ridere, ma io sono davvero curioso di sapere come ci sia riuscita.
«Okay, sputa il rospo» le dico, lei non smette di ridere.
«Cheyenne!» la scuoto, ridendo a mia volta.
«Scusa, era da tantissimo che non mi divertivo così, dovevi vedere la tua faccia, Jonathan.»
Alzo gli occhi al cielo e lei si asciuga le lacrime.
«Okay, ci sono» fa un sospiro, poi ci spostiamo verso quella che sembra essere la cucina, dove c'è chi beve direttamente dalle bottiglie allineate sul bancone. La casa è enorme, ma per quanta gente c'è non si distinguono nemmeno le pareti.
«Quando sei andato a parcheggiare ho sentito una ragazza parlare al cellulare e dire che "gli amici VIP di Rick, Camille e Jonathan Preston non sarebbero arrivati prima di domani, perché non vogliono assolutamente perdersi la festa di laurea di Rick". Ora però io ho una domanda per te: se non conosci questo famoso Rick, come facevi a sapere di questa festa?»
Mi osserva convinta di avermi colto con le mani nel sacco, ma la mia risposta probabilmente la deluderà. «Lo sapevo perché un mio compagno di squadra mi ha detto che suo fratello sarebbe andato a una festa universitaria fuori città, e mi sono fatto dare l'indirizzo, molto semplice, Sherlock.»
«Se proprio lo dici tu...» alza gli occhi al cielo e si gira verso il bancone.
«Cheyenne?»
«Sì?» mi osserva da sopra la spalla.
«Davvero hai improvvisato, prima?»
Lei ride. «Lo sto facendo da quando ti ho conosciuto.»
Quella frase mi fa sorridere, scuoto la testa e la sorpasso, mi faccio largo fra la gente fino ad arrivare di fronte al bancone, afferro un paio di bottiglie di alcolici a caso e torno da lei, che nel frattempo si è messa seduta sul davanzale dell'ampia finestra.
«In alto come sempre» praticamente grido per sovrastare la musica, poi le porgo una bottiglia di quella che sembra essere vodka.
«Posso confessarti un segreto?» replica. I suoi occhi brillano per le luci provenienti dall'altra stanza, collegata alla cucina tramite degli archi. Annuisco.
«Soffro di vertigini.»
Rimango allibito. «Sul tetto della scuola sei salita sul cornicione, e mi hai preso pure in giro quando ti ho detto che saresti potuta morire, e non in modo felice!»
Cheyenne ride di nuovo, poi scende dal davanzale e mi sorride. «Si chiama far fronte alle proprie paure, convincendoti che ciò che ti fa più paura non ti spaventi. Cerco di farlo tutti i giorni.» Per un attimo è come se scomparisse, i suoi occhi si perdono nel vuoto e sono sicuro che sta pensando a ciò che le fa più paura.
«Qual è la tua più grande paura? Sentiamo» le chiedo dopo aver preso un sorso di quello che scopro essere gin dalla mia bottiglia. Storco un po' il naso. Decisamente non il mio alcolico preferito.
Cheyenne gioca con l'orlo della maglietta, ma sembra che non sia più qui con me.
«Senti, se te lo dico, prometti di non ridere, fare facce strane o prendermi in giro?» chiede secca.
«Lo giuro» affermo senza esitare. Cheyenne prende il primo sorso dalla bottiglia e poi fa un colpo di tosse.
«Fa schifo.» Lo dice con un'espressione troppo buffa, così tanto che scoppio a ridere. Che ragazza che ho trovato!
«Va bene, va bene Cheyenne, nessuno ti giudicherà» borbotta fra sé e sé, poi prende un profondo respiro e mi fissa con quegli occhi che mi sembrano ancora più grandi per quanto li tiene sgranati.
«Ho paura di... non trovare mai il mio posto nel mondo» scandisce piano le parole, come se anche lei le stesse assimilando per la prima volta. Resto in silenzio, aspettando che continui. «Non so come spiegartelo... ho paura che non avrò mai il lavoro che voglio io, la famiglia che voglio io, la vita che voglio io, e quindi...»
«Hai paura di non essere felice» la interrompo, lei distoglie lo sguardo dal mio e annuisce. Poi si passa una mano sul volto e beve.
«Non c'è niente di cui vergognarsi, Cheyenne, è la paura più reale di tutte... mi sarei preoccupato se avessi detto che la tua più grande paura è non riuscire a diventare ricca sfondata» cerco di alleggerire la tensione.
«Quello non ho bisogno di diventarlo, purtroppo.» Dopo aver terminato la frase si porta di scatto una mano alla bocca. «Questa suonava proprio da riccona viziata.»
Scoppio a ridere, la sua voce suona così dispiaciuta.
«Credo di essere un po' ubriaca, perché sto straparlando e non lo faccio mai.»
«Non puoi essere ubriaca dopo due sorsi di vodka, è scientificamente impossibile» le dico divertito, facendo roteare il liquido trasparente all'interno della bottiglia.
«Allora la scienza si sbaglia, perché ho anche voglia di ballare» aggiunge, poi mi afferra una mano e, con una forza che non avrei mai immaginato avesse, mi trascina nell'altra sala. Se il suo corpo minuto non ha alcun problema a svicolare fra la gente, io sono decisamente troppo massiccio per starle dietro, infatti rifilo qualche gomitata a qualcuno, ma per fortuna Cheyenne sembra trovare il posto adatto senza che io dia inizio ad una rissa. Mi guarda per un paio di secondi, poi sorride e si tira indietro i capelli. C'è qualcosa che non va. È troppo ubriaca per quanto poco ha bevuto, o sta fingendo, oppure... le strappo la bottiglia di mano mentre prende l'ennesimo sorso e, fra le sue proteste, la alzo in aria verso la luce fino a decifrare il nome sull'etichetta. Spalanco gli occhi.
«Porca merda, Cheyenne!»
«Cosa?» chiede cercando di afferrare di nuovo la bottiglia.
«È la Spyritus, ha 96% di gradazione alcolica! Pensavo che neanche fosse legale venderla, anzi molto probabilmente non lo è!»
Cheyenne sbatte le palpebre e poi scoppia a ridere. Forse non ha capito che un altro sorso l'avrebbe mandata al tappeto.
«Si dice che venga bevuta dai piloti siberiani, e che quando il carburante degli aerei finisce la mettano al suo posto!»
«Quanto sei esagerato» alza gli occhi al cielo. «Tu non senti caldo?»
I campanelli d'allarme mi risuonano in testa quando con le mani afferra i lembi della maglietta.
«No, Cheyenne!» esclamo e le blocco le mani, poi la faccio volteggiare fino a immobilizzargliele dietro la schiena. «Mannaggia a me, potevo scegliere tante di quelle bottiglie...»
«Certo che sei noioso... mi hai detto tu che avremmo costruito un ricordo alcolico insieme! Mi hai anche fatto mettere questa maglietta! Sei un fifone!» si divincola, non riesco a trattenerla.
«Ehi, ascoltate tutti! Allen James è un fifone!» grida, indicandomi. Scuoto la testa, frustrato. Come la faccio smettere? «Fifone! Fifone! Fifo-»
Le tappo la bocca con una mano, lei socchiude gli occhi. «Facciamo una cosa, Cheyenne» dico lentamente. So che domani me ne pentirò in maniera irreparabile. «Io bevo tre sorsi di questa stramaledetta vodka e tu la smetti di urlare.»
Lei annuisce soddisfatta. Le tolgo la mano dalla bocca e ingollo tre sorsi copiosi di Spyritus. Non ho mai creduto nel "mi è salita subito di botto", ma purtroppo questa sera tutte le mie certezze sono state ribaltate. È questione di pochi minuti. La mente si offusca, i suoni cominciano ad essere ovattati e mi fischiano le orecchie. I pensieri iniziano a scivolarmi fra le dita, e non è poi così spiacevole.
«La vodka dei piloti!» ride Cheyenne scuotendo la bottiglia in aria. Con l'ultimo barlume di lucidità che mi rimane gliela sfilo dalle mani e la faccio cadere a terra, poi con un calcio la spedisco fra le gambe della folla intorno a noi. Va bene divertirsi, va bene perdere il controllo, ma non voglio rischiare la vita, né tantomeno che lo faccia Cheyenne.
Quando torno a guardarla lei mi afferra le mani e inizia una specie di ballo scatenato. Ben presto, grazie all'alcol, mi sciolgo e la assecondo. Ondeggiamo da una parte all'altra, urtando le altre persone, e ogni volta ridiamo sempre più forte. Non ho nemmeno idea di quanto tempo sia passato, ma ne ho abbastanza di ballare, sono sfinito.
«Andiamo a prendere una boccata d'aria» urlo nell'orecchio di Cheyenne. La gente alla festa sembra triplicata.
Lei annuisce e mima il gesto di fumare una sigaretta. Alcol e fumo sono davvero una combinazione letale, ma chi sono io per dirle cosa fare? Oltretutto se riuscissi per lo meno a vedere nitidamente potrei provarci, ma forse è più lei a portare me che io lei.
Quando finalmente l'aria gelida di dicembre mi investe faccio un sospiro di sollievo. Cheyenne non perde tempo e tira fuori il pacchetto di sigarette dalla pochette. Faccio altrettanto e poi lo infilo di nuovo nella tasca posteriore dei jeans. Aspiro il fumo, poi lo lascio libero di disperdersi nel cielo. Cheyenne si porta una mano alla testa, dopo di che si mette seduta goffamente sul prato, fino quasi a sdraiarsi.
«Ho mal di testa, Allen» si lagna. Alzo gli occhi al cielo. Detesto le sbronze lagnose. «Ho anche freddo...»
«Buon segno, significa che ti sta scendendo.»
All'improvviso si tira su di scatto. «Come sono caduta?» E scoppia a ridere.
«No, evidentemente ho interpretato male.»
Faccio un sospiro divertito, ma l'occhio mi cade sui bodyguard di sorveglianza all'ingresso. Stanno parlando con due tizi, e di tanto in tanto allungano l'occhio verso me e Cheyenne. Ho un brutto presentimento.
«Ehi, alzati» la afferro per le ascelle e la tiro su, quando entrambi si dirigono minacciosi verso di noi. La tiro dietro le mie spalle.
«Ma cosa...» farfuglia, ma le stringo il braccio per intimarle di fare silenzio.
«Bene bene, Camille e Jonathan Preston, giusto?» ghigna quello più basso.
«L'ultima volta che ho controllato, sì» rispondo ironico. Non andrà a finire bene. La sbronza si è finalmente vaporizzata.
«Si dà il caso che siano arrivati altri due Camille e Jonathan Preston, e che abbiano delle carte d'identità con sopra i loro nomi e le loro foto.»
Quello più robusto fa scrocchiare le nocche. Mi schiarisco la gola, stasera non sono proprio in vena di risse. «Sentite...»
Non ho nemmeno il tempo di finire la frase che quello più basso mi afferra per il colletto della maglia.
«E va bene, l'avete voluto voi» ringhio tra i denti, pronto a rispondere alla violenza, ma Cheyenne decide di ricordare a tutti la sua presenza, e per farlo lancia due drink dritti in faccia ai due bodyguard. Io rimango sbigottito, i due tizi si contorcono per il bruciore, e Cheyenne ne approfitta per strattonarmi per il braccio e iniziare a correre verso la macchina. Quando la raggiungiamo tiro fuori le chiavi e sblocco la sicura, entrambi saliamo in auto.
Per almeno trenta secondi rimaniamo entrambi in silenzio con il fiatone, poi non riesco più a trattenermi e scoppio a ridere. Cheyenne mi guarda inizialmente allibita, poi comincia a ridere pure lei.
«Sei pazza, fottutamente pazza» dico tra una risata e l'altra. «Dove li hai presi?»
«Da un tavolo a qualche metro da noi» risponde ridendo. Alzo la mano e le batto il cinque.
«Grazie per avermi salvato il culo, allora, Camille
Cheyenne scuote la testa. «Certo che anche i Preston... che tempismo!»
Ridiamo ancora, poi cala nuovamente il silenzio. Lei sbadiglia e si stravacca sul sedile.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» le domando dopo un po'. L'orologio sul quadrante segna le due di notte. Dato che non ricevo alcuna risposta mi volto a guardarla, e rimango stupito di trovarla addormentata. Come se non avessi mai visto una persona dormire, la guardo curioso, osservando ogni suo lineamento. Non sembra neanche lei, è così rilassata, persino la faccia da stronza si è affievolita.
«Beh, a quanto pare mi rimane una sola possibilità...»
Di svegliarla non ho voglia, e poi non credo che sua madre sarebbe felice se la riportassi a casa in queste condizioni. Domani si inventerà una scusa. Con un paio di manovre, finalmente riesco a svicolare fra le altre macchine parcheggiate completamente a caso lungo la strada, e imbocco la via di casa.

Ciao fiori di campo! 🌻

Ecco (finalmente) il nuovo capitolo di Misfits! Spero che vi piaccia...

A breve arriveranno gli ultimi aggiornamenti di Friends.

Che ne pensate del capitolo?

Allen?

Cheyenne?

Le loro (dis)avventure?

Piccola anticipazione aka promemoria: Cheyenne si è scordata di dire ad Allen che sarebbe dovuta tornare a casa alle due e mezza...

Eheheh... come la prenderanno a Villa Leroy?

Al prossimo capitolo!🔜

-A

Misfits - DisadattatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora