25. La lista

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Allen
Il sole sta iniziando a calare dietro ai grattacieli che si stagliano verso il cielo, le giornate hanno già cominciato ad allungarsi, e l'ombra del tramonto si dirama sulla strada tempestata di macchine che conduce a Manhattan. Osservo il sole brillare tiepido sulla città fredda, e d'improvviso un'urgenza irreprimibile s'impossessa di me. Allungo un braccio verso la scrivania e afferro il raccoglitore blu, con l'altra mano tiro verso di me la sedia e poi mi ci lascio cadere. Col raccoglitore poggiato sulle gambe, che uso come base, inizio a disegnare su un foglio il tramonto. È uno dei disegni che genera più angoscia e allo stesso tempo concede liberazione. Sei lì, piegato sul tuo foglio, mentre cerchi di trovare la tonalità perfetta di arancione, e nel frattempo il sole continua inesorabilmente la sua discesa verso l'oscurità, il tuo tempo è limitato, devi ottenere il disegno migliore nel minor tempo possibile. Eppure osservarlo quando è concluso è una vera pace dei sensi. A volte ci riesci, a volte no, è un po' una metafora della vita: a volte fallisci, a volte raggiungi l'obiettivo.
Il sole tramonta e il mio disegno è quasi concluso, non è terminato, ma ci sono andato vicino. Lo ammiro per un po', non mi trasmette quella sensazione armoniosa che solo un disegno finito può dare, però non è terribile. Sospiro e chiudo il raccoglitore, ma con la coda dell'occhio mi accorgo di un foglio piegato che è scivolato a terra. Probabilmente si trovava nascosto fra le prime pagine, non mi ricordo di averlo mai visto prima. Lo raccolgo da terra e lo apro, aggrottando le sopracciglia nel tentativo di capire di cosa si tratti. È una sorta di elenco, in cui sono scritte delle... azioni? Fare bungee jumping, fare skinny dipping, viaggiare in una città soltanto per vedere il tramonto... D'improvviso i ricordi mi colpiscono come uno schiaffo. È una lista che avevo scritto a tredici anni, ero un ragazzino solo e spaventato all'idea di iniziare il liceo, scrivere questa lista di cose che credevo non avrei mai avuto il coraggio di fare mi avrebbe aiutato ad avere più fiducia in me, o almeno così credevo. In effetti ricordo che mentre le trasportavo dalla mia testa alla carta mi sono sentito più sicuro, come se un giorno avrei davvero potuto realizzarle. Alcune le ho portate a termine, ma altre sono morte proprio come sono nate: in un batter d'occhio. Rileggo la lista più volte, forse alcune di queste potrei tenerle, e il ritrovamento mi fornisce anche una fantastica idea per stasera, che sono sicuro Cheyenne apprezzerà. Ultimamente ci siamo un po' allontanati, e il modo migliore per riavvicinarci è di sicuro tornare a fare ciò che facevamo prima: divertirci insieme, senza nessuno in mezzo, lontano da un mondo che non ci appartiene. Avevo già in mente di riesumare il piano Adolescenti ribelli, quello che scherzosamente le avevo proposto, ed ora potremo addirittura avere una vera e propria lista di cose "folli" da portare a termine.
Senza perdere altro tempo corro a prepararmi per stasera, Cheyenne mi aspetta al café dove l'ho portata la volta in cui abbiamo approvato il piano, e non ho intenzione di fare tardi.

Il parcheggio del café è quasi del tutto occupato, mi ero dimenticato che la domenica ha luogo la serata a tema, ma dovremmo comunque trovare posto. La macchina di Cheyenne è parcheggiata a pochi metri di distanza dalla mia, è già arrivata, e spero abbia preso un tavolo. Mi sbrigo a raggiungere l'entrata del locale e la cerco con lo sguardo al suo interno, per fortuna è difficile non notare una ragazza con dei capelli rossi, e infatti la trovo quasi subito, seduta allo stesso tavolo al quale sedevamo la prima volta che siamo venuti qui, accanto alla vetrata che si affaccia sui grattacieli. Lei non si è accorta del mio arrivo e ne approfitto, come al solito, per osservarla. Non credo che mi stancherò mai del suo volto sempre serio, dei suoi occhi chiari e delle lentiggini che le inondano il viso. Non penso che riuscirò mai a guardare le sue labbra senza pensare alle volte in cui hanno toccato le mie, ma le ho fatto una promessa, che sarei rimasto suo amico e niente di più, e non ho intenzione di romperla, non ancora almeno.
«Ehi, James!» Distolgo a malincuore lo sguardo da Cheyenne per guardare alla mia destra e trovare Lydia tutta sorridente come al solito. Indossa un cappello da cowboy, deve essere il tema della serata.
«Ehi, Lydia, come stai? È un po' che non ci vediamo» le sorrido, anche se non posso fare a meno di grattarmi la nuca, in imbarazzo, mentre ripenso all'ultima volta che siamo stati qui, con Cheyenne, e c'è stato quel momento di totale disagio – più per Lydia che per Cheyenne – perché lei non ha voluto stringerle la mano, e Lydia è scattata via pensando che fosse la mia ragazza, dato che indossava la mia felpa.
«Benone, tu?» Arrossisce, probabilmente deve aver pensato la stessa cosa nel notare il mio imbarazzo.
«Tutto bene... se non ti dispiace–» faccio per andarmene, e lei scuote la testa, il volto le va a fuoco. Mi sento un po' in colpa per averla messa in imbarazzo, ma non sono riuscito a comportarmi diversamente.
«Oh no, vai pure!» dice in un soffio, scuotendo le mani di fronte al viso. Le rivolgo un ultimo sorriso imbarazzato e mi dileguo. Dannazione, sono un vigliacco, ma non potevo starmene lì a guardarla scavarsi la fossa da sola per l'imbarazzo, avrei solo contribuito, e già che c'ero mi sarei scavato pure la mia. Quasi mi fiondo sulla sedia di fronte a Cheyenne, e a lei per poco non viene un colpo.
«Certo che ti spaventi facilmente, Kate» la prendo in giro, lei mi lancia un'occhiataccia.
«Continui ad arrivarmi intorno di soppiatto, cosa ti aspetti?»
Alzo gli occhi al cielo. «Drama queen.»
«Quanto era che non mi affibbiavi questo fantastico soprannome!» esclama ironica, poi si spinge in avanti sul tavolo per strizzarmi una guancia, proprio come quella vecchia zia che vedi solo a Natale e che ti stacca la faccia a suon di pizzichi.
«Ahi» mi lamento, portandomi una mano al volto. Cheyenne tira fuori un sorriso furbo, le lentiggini si muovono con la sua pelle chiara, disegnando quasi un secondo sorriso sui suoi zigomi alti. «Questo era per avermi fissata almeno cinque minuti prima di decidere di venire a sederti, James.»
Arrossisco un po', e lei sorride ancora di più. Sono stato beccato in flagrante. «Valutavo se darti buca oppure sacrificare la mia domenica sera per te» replico, facendole l'occhiolino.
«Certo, come no... ah, una cosa, la tua amica Lisa-»
«Lydia» la correggo, lei mi guarda male.
«La tua amica Lydia mi ha dato questo.» Afferra qualcosa che era poggiato sul divanetto sul quale è seduta e me lo porge.
«Un cappello da cowboy» lo prendo, scettico. Avevo dedotto fosse il tema della serata, ma non ho intenzione di indossarlo.
«Uno di noi deve essere a tema» sbatte le ciglia, sollevando le spalle.
«E perché io?»
«Perché io sono troppo carina per rovinarmi l'acconciatura con un cappello da cowboy» dice come se fosse ovvio, ghignando subito dopo. Sospiro, desolato.
«Ti odio.» Mi metto il cappello in testa, e lei scoppia a ridere, poi mi tira un calcio sotto al tavolo.
«Dai, toglitelo, stavo scherzando!»
«Nah, penso che ora lo terrò, mi piace» esclamo, sistemandolo meglio in testa.
«Fai come ti senti più a tuo agio» ride, io sorrido. È tanto che non la vedevo così allegra, le volte in cui ci siamo parlati nelle ultime due settimane era sempre per chiarire discussioni che hanno portato solo altri motivi per discutere, mi mancava semplicemente questo. Mentre Cheyenne è occupata ad asciugarsi il trucco sbavato sotto agli occhi per le risate con una mano, le afferro l'altra; sgrana leggermente gli occhi e li fissa nei miei, senza dire nulla, non ce n'è bisogno, perché c'è di nuovo quella connessione fra noi, quella per cui io sento ciò che c'è nella sua testa e lei ciò che c'è nella mia.
«Mi è mancato tutto questo, semplicemente io e te.» Sono sorpreso che sia lei a dirlo, perché è esattamente quello che stavo pensando.
«Anche a me» confesso, stringendole più forte la mano, ha le dita fredde come al solito.
«Però levati quel cappello, ti prego» scuote la testa, io scoppio a ridere e faccio come mi dice, poggiandolo sul tavolo.
«Meglio?»
«Meglio» sorride.
«Ragazzi, volete ordinare?» Un cameriere interrompe le nostre risate, ordiniamo da mangiare e da bere, poi ci lascia di nuovo soli. Decido che è il momento di rivelarle la mia grande idea. Mi schiarisco la gola per attirare la sua attenzione, e Cheyenne solleva quegli occhi verdi chiarissimi su di me. «Ho qualcosa da farti vedere, sono sicuro che ti piacerà, è la grande idea di cui ti parlavo ieri.»
«Oh, è meglio che sia qualcosa di strepitoso, ho gettato all'aria una serata interamente dedicata a Leonardo DiCaprio per te.»
«Lo è, fidati» dico, elettrizzato, frugo nella tasca dei jeans e ne tiro fuori la lista. «Questa è la lista delle cose che non ho il coraggio di fare.» La poggio sul tavolo di fronte a lei, che abbassa lo sguardo su di essa, scettica, poi lo solleva su di me.
«Ci sono cose che non hai il coraggio di fare?» domanda, ironica.
«Aprila e lo scoprirai.» Le faccio un sorrisetto sornione. Lei la afferra e se la rigira tra le mani.
«Mi stai dicendo che dovremo fare tutto quello che c'è scritto qui, immagino, dato che hai detto che a che fare col piano...» mormora, incerta.
«Oh no, tu aprila, poi ti dirò cosa faremo.»
Lei sbuffa e alza gli occhi al cielo. «Perché devi essere così misterioso...»
«Sennò dove sarebbe il divertimento?» ghigno. Cheyenne apre il foglio e inizia a leggere. «Fare skinny dipping, fare bungee jumping, ubriacarmi fino a dimenticare il mio nome... ma quando le hai scritte? A tredici anni?» domanda, inorridita.
«Esatto» confermo io. Cheyenne mi guarda, poi scoppia a ridere.
«Guarda che dicevo sul serio, la lista risale a quando avevo tredici anni» dico, e lei smette subito di ridere.
«Oh mio Dio... perché a tredici anni dovresti voler fare certe cose?» chiede, con gli occhi sgranati.
«Perché tutti i bambini con un'infanzia normale quando entrano nell'età dell'adolescenza desiderano fare cose stupide e imbarazzanti che molto probabilmente se venissero realizzate li condurrebbero a morte certa... e noi faremo queste cose!» Le rivelo il grande piano, gli occhi di Cheyenne sono così sgranati che ho paura possano uscirle dalle orbite.
«La parte sulla morte non ti preoccupa minimamente?» mi chiede con un filo di voce. Scoppio a ridere, lei continua a osservarmi incredula. «Ti sto prendendo un po' in giro, Kate, sceglierò cosa mantenere di questa lista, e tu ne scriverai una tutta tua, poi le metteremo insieme e cercheremo di realizzare i nostri buoni propositi... Si possono chiamare così? Diciamo di sì, come se fossero i propositi per il nuovo anno leggermente in ritardo.»
«Questo mi sembra più fattibile» annuisce.
«D'accordo... allora cominciamo, ti serve un foglio?»
«A meno che tu non voglia che scriva sul tavolo...»
«Sempre così simpatica.» Alzo gli occhi al cielo e lei ridacchia. Strappo un foglio dal raccoglitore e glielo porgo, con tanto di penna. «Almeno cinque, che ne dici?»
«Affare fatto» mormora, concentrata, poi inizia ad appuntare qualcosa. Distolgo lo sguardo da lei per osservare la mia lista. Scelgo di tenere viaggiare in una città soltanto per vedere il tramonto, fare skinny dipping, fare qualcosa di illegale, ballare in modo imbarazzante in pubblico senza musica e farmi un tatuaggio, l'ultima scelgo di modificarla, e scrivo: "fare un altro tatuaggio", dato che ne ho già numerosi, ma Cheyenne non ne ha nemmeno uno, per questo ho scelto di tenerla. Alcune di queste cose le scrivo perché voglio farle, altre perché voglio vedere Cheyenne che le fa, non penso ne avrebbe il coraggio, ma con lei non si sa mai.
«Io ho fatto» dichiaro, abbastanza soddisfatto della mia lista, Cheyenne è ancora tutta concentrata a scrivere. Provo a sbirciare, ma lei me lo impedisce. «Ho detto cinque cose, Kate, non un tema!»
«Che noioso che sei! Non distrarmi» esclama, senza alzare lo sguardo.
«Va bene, va bene...» rido.
Dopo dieci lunghi minuti di attesa, finalmente stacca la penna dal foglio e me la restituisce.
«Okay» esordisco. «Piega il foglio.» Lei fa come le dico, poi torna a guardarmi, in attesa. «Adesso ce li scambiamo, li leggiamo, e poi mettiamo insieme il vero e proprio piano Adolescenti ribelli, sei pronta, Kate?» Devo ammettere che sono elettrizzato, e anche se la similitudine che avevo fatto la scorsa volta con i "classici film che parlano di adolescenti ribelli che fanno cose stupide" era ironica, in realtà mi sento proprio come uno di loro.
«Sono pronta» annuisce lei, e anche se è meno esplicita di me, lo vedo che è emozionata.
«Tre, due, uno... apri!»
Faccio scorrere rapidamente lo sguardo sulla sua lista, ci sono numerose cancellature e un paio di frecce, così decido di andare con ordine e cominciare dall'inizio. Il cuore galoppa nel petto mentre attraverso le sue idee più intime e folli, con la consapevolezza che lei sta facendo lo stesso con le mie, è come se ci stessimo leggendo dentro a vicenda.

Misfits - DisadattatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora