25 capitolo

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Molti sono i pensieri che riecheggiano pesanti nella mia testa, si scontrano con le pareti di essa provocandomi dolori alla testa.

Testa o cuore?

Testa, ho scelto lei, il secondo mi fa male, ancora ha molte ferite da rimarginare che forse non potranno mai essere chiuse, perché sono state causate dalle persone che mi aiutano a chiuderle.

L'ospedale si affaccia su una grande strada, io ho bisogno di respirare un po' di bosco, un po' di alberi e albe.

Qui non posso, la ragione poi si fionda in testa e il mio corpo si dirige automaticamente verso la macchina nera dai vetri anch'essi neri.

Mi siedo sul seggiolino morbido di pelle rossa, nessuna parola fuoriesce dalle labbra violacee dell'autista ed è meglio così.

Mi è stato chiesto «vuole vedere per un'ultima volta sua zia?»una domanda semplice da formare con le parole, ma difficile col cuore.

Non ce l'ho fatta, io voglio ricordarla così, col suo essere mia zia Carmela, sorella di mia madre.

"Mai morire nell'animo Soraya» queste sono le uniche parole che ricordo di lei, di mia madre,non ricordo il suo contatto col mio corpo, non ricordo i suoi occhi, possedevo solo quelle foto in cui c'erano immagini sfocate.

La macchina sfreccia sull'asfalto, l'autista barcolla, cosa sta succedendo?

L'auto svolta a destra, il manubrio raggiunge la sua massima rotazione, il ragazzo dalle labbra violacee sviene.

I fari che mi accecano capisco siano di un grosso camion.

I capelli prima sulle mie spalle adesso sparsi in aria, la macchina gira in aria e come se lo vedessi in slow motion, vedo tutte le schegge dei vetri infrangersi a terra e volare in aria.

I miei occhi vedono nero, la forza di gravità porta la mia testa a scontrasi col seggiolino talmente forte da non sentire più dolore, fin a non sentire più nulla.

Un gocciolare mi fa svegliare, apro gli occhi lentamente e prendo coscienza della morte di mia zia Carmela e lì vorrei richiudere le palpebre.

Poco dopo inizio a sentire le mie gambe formicolare e incominciare a farmi male davvero.

Comincio a far girare il mio collo per ottenere la mobilità normale, cerco di alzarmi, ma non posso qualcosa me lo blocca.

Mi guardo intorno, la vettura è sopra il mio piede.

«Perchè?» urlo con tutto il mio fiato e mi lascio cadere sulla terra.

Sto immobile come un vegetale che vive, ma senza emozioni, amore...

Vive senza vivere.

Sbatto i pugni sul terriccio che entra nelle mie unghie, cerco l'autista, giro ancora di più la mia testa e lo vedo, lì disteso in terra, inerme, come se fosse morto, ma non lo è, i suoi occhi si spalancano e si alza, il suo corpo è sfregiato da mille tagli.

Si dirige velocemente verso di me, spinge, o meglio cerca di spingere la vettura da sopra il mio piede.

«dobbiamo andarcene velocemente»dice senza voler ricevere obiezioni ed io non sono proprio in grado di farle.

Sento il ragazzo sussurrare
«Sono arrivati, cazzo»

poi sento i ramoscelli che si spezzano sotto il peso di qualcuno.

La promessa sposa dell'alpha.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora