IV

18 2 0
                                    

I primi messaggi che ci mandavamo me li ricordo belli. Erano timidi, ma allo stesso tempo ci stavamo studiando. Era un bel botta e risposta, non era una di quelle conversazioni vuote.

Oggi giorno i messaggi sono fondamentali per una relazione sia amorosa sia d'amicizia. Molte persone si rifugiano nei messaggi, dietro uno schermo è tutto più facile. È più facile dichiararsi, aprirsi, litigare dietro uno schermo, non si mette la faccia. Il mondo vanta la connessione, la comunicazione attraverso la tecnologia. Io la tecnologia la vedo come un distacco, come un allontanarsi dalle persone, come un'evasione.

Abbiamo incominciato per scherzo, come se fosse un gioco. Abbiamo riso fin da subito e ci dicevamo tutto e di più, ma questa era la mia più grande paura. La mia paura era dovuta al fatto della nostra prima uscita.

La prima uscita doveva essere perfetta. Poteva decidere il mio destino. Ogni persona, secondo me, ha un pò paura delle uscite. Sopratutto se si esce con qualcuno di speciale. Ma di cos'hanno paura? Hanno paura dei silenzi che ci possono essere. I silenzi possono essere devastanti per una persona come me. Per una persona buona. Ti mettono in imbarazzo, anzi mettono in imbarazzo.

Tornando alla prima uscita, ero in panico, non sapevo minimamente come comportarmi. L'appuntamento era di mattina, dovevamo fare colazione e pranzo. La sono andata a prendere sotto casa sua e mentre la aspettavo pensavo a come salutarla. Il saluto è fondamenta, e io non sono mai stato bravo a salutare le persone. Col bacio sulla guancia o no? Stretta di mano? No, troppo formale. Nel frattempo, mentre mi facevo e mi rispondevo alle mie domande, lei era scesa. E appena l'ho vista, beh appena l'ho vista non mi è più importato cosa facevo, come la salutavo, come ero vestito, ma importava che era con me in quel momento.

Era bellissima, era vestita in modo semplice, con un parka color nero e con una sciarpa nera e bianca che la copriva tutta. Si vedevano solo gli occhi. Sono bellissimi i suoi occhi. Il colore è difficile da definirlo, non ne ha uno solo. È una miscela di colori, ha tutte migliori sfumature del marrone, da quello chiaro a quello oscuro. Mi hanno subito affascinato, mi hanno catturato, ma notavo della paura, erano belli ma spenti.

Siamo andati a un bar molto carino, pieno di libri e proprio per questo l'abbiamo soprannominato il "il bar dei libri". Davanti a un caffè e a un pezzo di torta il tempo si era fermato, la sua voce, i suoi denti, i suoi capelli erano ipnotici. Riuscivo ad ascoltare solo lei, dimenticando di avere un telefono.

Abbiamo parlato molto al bar, dalla scuola, ai regali del Natale appena passato, alla fotografia. Amo la fotografia, come amo leggere. Entrambe riescono a farti dimenticare della realtà, facendoti immedesimare in una nuova avventura, in una nuova vita.

Non mi ricordo bene il come, ma ci siamo ritrovati a passeggiare in un parco. Amo questa cosa di non ricordarmi alla lettera passo passo perché lei mi ha insegnato a ricordarmi gli attimi delle cose. Tornando al parco, non abbiamo smesso di parlare un attimo, ridevamo e a momenti eravamo seri. Intanto ci avvicinavamo al sushi, dove lei non c'era mai stata. Era spaventata di fare una figuraccia. Mentre stavamo mangiando mi ero incantato, la fissavo. Era bellissima mentre mangiava, anche perché rideva a ogni boccone. Io non potevo che non sorridere a un tale spettacolo.

Appena ho visto il suo sorriso ne sono stato sopraffatto. Aveva un dentino che sporgeva in avanti. L'ho amato dal primo momento. Mi metteva tranquillità e mi trasportava in un altro mondo. Un mondo senza sofferenza, senza delusioni. Un mondo dove c'ero io e lei. Un mondo nostro lontano da tutti e da tutto. Senza problemi.

Dopo il sushi e dopo un altro caffè l'ho accompagnata a casa e dopo un saluto timido tutti i problemi che ero riuscito a dimenticare erano tornati a galla tutti quanti.

E anche se l'avevo appena lasciata, già mi mancava.

Crepe d'armaturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora