XIII

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Dopo aver sostenuto un esame ti senti leggero. Come quando posi lo zaino pieno di libri. Le spalle si rilassano e sei rilassato anche tu. Il suo esame di maturità è stato difficile per lei. Forse la prima volta che ha affrontato la sua ansia. Io non potevo aiutarla, era sola. Ma nonostante la grossa paura all'inizio e qualche gaffe che si è fatta durante la presentazione della sua tesina è andata benone. Io non me lo ricordo molto bene il mio esame di maturità. Mi ricordo però che la mia tesina era basata sul tempo, sulla frammentazione del tempo in particolare. Il tempo mi ha sempre affascinato, soprattutto il tornar indietro nel tempo. Se si potesse tornare indietro l'umanità non ricadrebbe nei suoi soliti errori. Perché si, gli essere umani non cambiamo. Non è nella nostra natura, abbiamo la tendenza a dimenticare quello che abbiamo fatto. La mia tesina l'avevo esposta bene, mi sentivo molto sicuro di me stesso quel giorno. Io non sono una persona che si agita molto, so gestire la tensione. Mi piace mostrare che le cose le so, cerco di rispondere a tutto anche se la domanda non la so, al massimo do voce all'improvvisazione. Durante il mio orale c'erano tante persone, mia madre, mia sorella, i miei amici e Lei. Mi ricordo che mentre discutevo con i professori, la fissavo. Lei mi guardava con un sguardo strano. Non lo avevo mai visto quello sguardo, ero uno sguardo di forza. Mi stava trasmettendo la sua forza, una forza disumana. Poche persone riescono a trasmetterete una forza così grande. Comunque, neanche da dire, entrambi promossi.

Dopo la libertà e l'euforia della maturità decidemmo di andare in vacanza. La meta era Alassio, un paesino della Liguria. Mi spaventava un po' Alassio, non tanto la città in se anche perché la conoscevo benissimo, ma il fatto che eravamo solo io e lei. Giorno e notte. Poteva succedere un qualcosa come no.

Dovevamo partire a Luglio nel nostro giorno. Il treno partiva alle 6.20 di mattina, un orario improponibile, soprattutto se si è in vacanza, ma ce lo siamo fatti andare bene. Appena partiti abbiamo cominciato a parlare di tutto, tutti quei discorsi che non facevamo da settimane per via dello studio venivano affrontati su quel regionale dai sedili blu. Lei oltre ai suoi occhi aveva portato tutte le sue voglie più strampalate, come la voglia di sushi e di patatine. Le sue voglie era così, inaspettate. Arrivavano a qualsiasi ora del giorno e non se ne andavano finché non le sfamavi. Mi continuava a ripetere che voleva il sushi, lo inseriva nei ogni due per tre nei discorsi che facevamo durante il viaggio di andata.

Appena arrivati un bellissimo sole e un bellissimo mare ci ha accolti. Dovevamo fare il check in in albergo. Dopo le solite procedure siamo andati in spiaggia e per la prima volta l'ho vista in modo diverso. Era sensuale, bella e folgorante. Volevo prenderla e sentirla mia.

Ci tuffammo in mare. L'acqua ci avvicina ancora di più. Ci abbracciavamo e ci baciavamo. Le sue labbra sapevano di sale.

Dopo pranzo decidemmo di andare in camera. Ero imbarazzato e lo era anche lei. Non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa fare. Ci siamo messi sul letto e non so il motivo, ma sapevo esattamente cosa dovevo fare. Dovevo sentirla mia. Ci siamo baciati tutto il pomeriggio, potevo toccarla, potevo sentirla mia. Abbiamo perso la cognizione del tempo, ma non ci importava. Il tempo lo stavamo creando noi. Il tempo scandisce e forma i ricordi, io e lei stavamo creando direttamente i ricordi. Potevamo continuare altre ore, ma eravamo vincolati dalla cena, ma sapevamo entrambi che nessuno poteva impedirci di continuare. La cena è stata bellissima, la mia cena più bella. Non tanto per il cibo, ma per la compagnia. Era vestita con una tutina bianca, scollata ma non troppo. Il suo viso era pulito, il suo trucco metteva in risalto le sue lentiggini. Non potevo non fissarla, mi incantavo ogni due per tre. Dopo la cena decidemmo di camminare per i budelli di Alassio e di bere qualcosa in un tipico pub. Amavo quei momenti, non erano momenti di silenzio, ma parlavamo di tutto. Dalla scuola appena finita, dell'università che dovevamo iniziare, delle nostre famiglie. Non erano sempre discorsi seri ovviamente, erano ricchi di risate. Ci perdevamo nei nostri discordi. Ma non ci interessava stare con la gente. Dovevamo e volevamo stare da soli.

Durante la notte ci siamo coccolati volevamo fare l'amore, i nostri corpi volevano farlo, ma lei non voleva. Lei non si sentiva pronta, aveva paura. Ne avevo anch'io. Una paura davvero grossa. Io non avevo mai fatto l'amore, non sapevo da che parte iniziare. Lei aveva più esperienza da quel lato li, ma nonostante ciò si considerava inesperta. Nonostante queste paure decidemmo di provarci, ma mi fermo subito con le lacrime agli occhi. Mi chiese scusa. Io mi sentivo pronto, ma lei era più importante. Non mi interessava il gesto il se, quello viene dopo. Prima si deve avere vivere, si deve ridere, bisogna concedermi suo cuore. Solo dopo essersi concessi in questo modo si può fare l'amore. Non volevo le sue scuse. Volevo un suo abbraccio. Volevo proteggerla e volevo fargli capire che a me importava solo che i suoi occhi sorridessero in qualsiasi momento.

Fece un grosso passo avanti quella sera. Non me lo aspettavo. Un passo che per alcune persone può essere poco significativo, ma non per me. Il suo cuore si fece scappare una manifestazione d'amore.

«Ti amo.»

Rimbombavano nella mia testa, queste due paroline fecero vibrare ogni centimetro della mia anima come vibra una corda di violino. Non me lo aspettavo, ma rimasi senza parole. Non sapevo cosa dire, cosa fare e come guardarla. La baciai, le nostre lingue si incrociarono e ci abbandonammo il un sogno bellissimo. La quinta crepa era arrivata in tre secondi, il tempo di dire un ti amo. 

Crepe d'armaturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora