XV

20 1 0
                                    

 Io non sono una persona che porta gli amici a casa sua, non di certo non porta la propria ragazza. Non mi va che conosca i problemi legati alla mia famiglia, ma con lei era diverso. Lei era unica persona che mi rendeva davvero felice. Volevo presentarla, volevo mostrarla, come se fosse un oggetto. Prima doveva passare per i miei genitori, e successivamente per i miei nonni. Loro mi hanno fatto diventare quel che sono, soprattutto mio nonno. Eravamo simili in tutto, dalla mentalità all'aspetto fisico. Mi difendeva sempre anche se non si faceva notare. Gli piaceva quando mi vantavo delle interrogazioni o degli interventi che facevo all'università, era come se fosse orgoglioso di me anche se mi prendeva in giro.

Si, dopo il liceo prosegui gli studi all'università: Dipartimento di chimica e tecnologia chimiche. Mio nonno era l'unico che mi diede carta bianca sulla mia scelta, mio padre voleva che facessi medicina, mia madre matematica mentre a mio nonno non importava. Non andai da solo, ma andai con Lei, e Lei doveva conoscerlo. Mio nonno mi aveva insegnato tutto, da andare in bicicletta a farmi la barba. Lui mi capiva sempre.

La invitai a casa mia una domenica per un pranzo, ma i miei nonni non c'erano. Mi piaceva come addobbava la tavola mia mamma quando avevamo ospiti, metteva le posate, piatti e bicchieri da "servizio" che venivano usati solo per Natale o per le feste consacrate. Appena arrivata fu accolta dallo spirito di mio padre. Mio padre aveva la capacità di piacere a tutti, i miei amici lo veneravano. Faceva battute, era un tipo che si sapeva adattare. Io lo definisco un "finto cattivo" perché vuole esser cattivo, ma non ci riesce mai a esserlo. Mia mamma invece era una mamma normale credo, era molto forte di carattere ed era molto astuta. L'hanno messa subito a suo agio, e si era trovata molto bene. Era bellissima, per me è bellissima come una stella che spende in una notte tenebrosa.

Dopo il pranzo dovevamo andare al cinema, il film sinceramente non me lo ricordo, ma una è certa che io non guardavo più i film io guardavo lei. Era molto più bella del film.

Mancava solamente i miei nonni. I miei nonni erano le persone più forti del mondo, stavano insieme da una vita, 49 anni di matrimonio. Mio nonno non stava mai un attimo a casa, era sempre in giro per lavorare, mentre mia nonna era la persona più forte che io abbia mai conosciuto. Voleva aiutare tutti, mi viziava tanto. Ero il suo nipote preferito anche se non lo ammetteva mai, ma tutti sapevano che era così. Lei mi ha cresciuto, mi ha insegnato a vivere, mentre mio nonno mi ha insegnato la passione. La passione per la musica, per i libri e per lei.

Il giorno dopo dovevamo andare in facoltà, nel primo anno le materie del primo semestre erano noiose e io ero abituato a tornare a casa per pranzo. Mangiavo una cosa veloce e poi salivo sulla mia smart, denominata Bianchina, per andare a fare ripetizioni. Tenevo ripetizioni private per dieci euro all'ora, era molto stancate, ma allo stesso tempo era soddisfacente.

Mi viaggio di ritorno dall'università a casa dei miei nonni me lo ricordo benissimo. È stato tranquillo, non ho corso, e osservavo le nuvole bianche in un cielo blu.

Parcheggiai subito. Mio padre era sotto che mi aspettava. Stavo già pensando a cosa raccontare a mio nonno, volevo farmi vedere, volevo farlo sentire orgoglioso di me. Mi avvicinai a mio padre pensando che era appena arrivato come me. Non era così, mi stava aspettando per darmi una notizia, una brutta notizia. Mi abbracciò e capì. Corsi. Volevo vederlo, volevo vederlo per un'ultima volta, volevo prenderlo il giro, e volevo farmi prendere il giro come era nostro solito fare. Non sapevo cosa fare. Salì a casa di mia nonna, li c'erano mia zia, mia mamma e mia nonna in lacrime. Io li segui a ruota libera. Mio nonno era disteso sul letto, era in pace. Non capivo più niente, non volevo più niente e mi sentivo più solo che mai. Volevo che tutti se ne andassero e volevo che mi lasciassero solo con lui. Non gli parlai, non tanto perché non volevo sentirlo, ma perché non mi avrebbe dato nessuna risposta e non potevo reggerlo. Mia nonna era distrutta, e io che dovevo essere forte stavo piangendo. Il mio era un pianto di un figlio che piange per un padre. Lui era un secondo padre. Quel giorno lo vestimmo, volevamo farlo noi. Non volevamo lasciare quel compito alle pompe funebri. Mia mamma e mia zia lo vestirono, ma io volevo dargli un qualcosa di mio. Un qualcosa di nostro. Quando ero più piccolo mio nonno mi insegno moltissime cose, tra cui il nodo della cravatta in diversi modi. Il mio addio era fargli lo stesso nodo che lui mi fece quando ero un bambino. 

Crepe d'armaturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora