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A Baltimora il tempo non era dei migliori, infatti faceva freddo e stava per nevicare.

- Jane, devi andare da Alexander? - chiese la nonna, uscendo dalla cucina con il suo immancabile mestolo.

- No - mi accigliai - Dovrei? -.

La donna dai capelli bianchi scrollò le spalle.
- Forse. Comunque l'ho invitato qua a mangiare -.

Non so perchè, ma non mi sorprese.
- Ma devi smetterla! -.

- E di far che? - chiese ingenuamente.

- Di mettermi in situazioni imbarazzanti - mi grattai la nuca, abbassando lo sguardo.

- Oh, tesoro non vorrei metterti mai in imbarazzo. - mi sorrise - Volevo solo farti passare quel muso lungo che hai. É ancora vacanza e non voglio vederti triste -.

- Non sono triste, Melissa. Sono stanca e affamata - misi il broncio.

- Per questo non posso fare nulla. Devi attendere che Alexander arrivi. - guardò l'orologio che segnava le 12.30 pm - Però presto sarà qua - mi strizzò l'occhio e tornò in cucina.

Tornai in camera e la sistemai un po'. Buttai a lavare i vestiti ammucchiati sulla sedia, rifeci il letto, aprii la persiana e la finestra, facendo si che il venticello freddo mi accarezzasse il viso, lasciandomi una dolce carezza e scompigliandomi i capelli blu.

Mi appoggiai al davanzale, godendomi il silenzio e la bellezza dal quinto piano del palazzo: il cielo grigio che comunque illuminava, il fresco vento che sfiorava delicatamente le foglie degli alberi sempreverdi e dei piccoli fiocchi bianchi che cominciarono a cadere.

Come si poteva odiare l'inverno? Era cosi magico e distante da tutto.
Un po' come me: freddo e giudicato male.
Non so come avrei fatto a trovare una persona da tenere al mio fianco per sempre. Non mi sopportavo da sola , figurarsi qualcuno.
Ero testarda, infantile, lunatica, menefreghista, rovinata, depressa e poi passavo all'essere solare, felice, allegra e simpatica.

Nessuno sarebbe potuto sopravvivere a ciò.
Mi rattristii. Vedevo Samantah e James felici come non mai, e io li guardavo e gli invidiavo: volevo essere felice anch'io grazie a una persona speciale...

Il campanello suonò, risvegliandomi dai miei stupidi pensieri, e rendendomi conto che Alex era arrivato, il mio cuore fece una piroetta e tornò al suo posto. Un groppo in gola si formò e un nodo allo stomaco mi premeva.

- Jane! -urlò la nonna.

Volevo rispondere, ma non riuscivo. Avrei voluto prendere il volo e scappare da questa situazione.
Ero dannatamente felice del fatto che fosse qui, ma ero altrettanto spaventata.

- Jane? - sentii la voce che mai al mondo avrei voluto dimenticare.

Non mi voltai, ma chiusi la finestra, tornando a sentire caldo e non piú il freddo dell'inverno.

- Jane é tutto okay? - chiese preoccupato.

I suoi passi cauti si avvicinarono, fino a sentire la sua mano sulla mia spalla.
Mi voltai leggermente, evitando in tutti i modi di guardarlo in faccia.

Perché diavolo lo stavo facendo?

- Ciao Alex - sorrisi flebilmente, continuando a spostare lo sguardo.

I suoi palmi freddi premettero sulle mie guance calde e arrossate.
Mi costrinse a guardarlo negli occhi, i suoi begl'occhi, mentre i miei il solito e noiosissimo nero.

- Mi dici che hai? - disse, mentre mi squadrava il viso, cercando di percepire ogni singolo dettaglio.

- Niente - sussurrai incerta, mentre fissavo le sue labbra rosse e screpolate per via del freddo. E nonostante ciò, avrei voluto tanto poggiarle sulle mie.

Math's Hater || Alex GaskarthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora