36-ALEX

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Ero seduto in macchina, indeciso sul da farsi. Come dovevo comportarmi? Scesi dall'auto e mi diressi nell'ospedale. Salii i piani e mi fermai davanti alla stanza di lei: Ludovica.

Entrai, sedendomi sulla poltrona imbottita affianco al letto. Erano anni che lo facevo, una volta alla settimana, e per quanto mi costasse, non avevo mai saltato un appuntamento. Allungai una mano verso le coperte pesanti. I suoi occhi verdi incrociarono i miei e mi studiarono attentamente.

«Ciao Ludo, sono io... sono Alex», dissi allungando la mano verso di lei ma Ludovica si ritrasse. Era spaventata. «Ehi Ludo sono io... sono tuo...»

L'infermiera entrò nella stanza intimandomi di uscire dal momento che l'orario delle visite stava per terminare. Senza neppure rendermene conto, avevo passato mezzora a studiarla senza interagire con lei ed era già arrivato il momento di tornare alla mia vita. «Mi dispiace signor Brenna, ma lei deve andare. L'orario delle visite è terminato», disse e io, sbuffando, mi alzai. «Ecco, deve...»

«Lo so dove devo andare, non mi serve il suo aiuto!», borbottai e rivolgendomi un'altra volta verso la ragazza bionda la salutai con la mano. «Ci vediamo Ludo, tornerò settimana prossima», le promisi e poi tornai verso casa mia.

Quando misi piede nel mio appartamento, sentii tutto il peso del mio corpo abbandonarmi e mi accasciai a terra.

Era a causa sua se avevo deciso di diventare avvocato, anche se avevano trovato il bastardo che le aveva fatto questo e l'avevano sbattuto in galera una volta per tutte, volevo far si che non potesse ricapitare. Ludovica era stata investita e da quel giorno di cinque anni prima, non era più stata la stessa. Non mi riconosceva più.

Alzai lo sguardo sul soffitto ed espirai. Anche ad Eva doveva essere successo qualcosa. Me lo sentivo, dal modo in cui sfuggiva a me quando tentavo di affrontare l'argomento, alla paura che leggevo sul suo volto ogni volta che la sorprendevo a riflettere. Da quella stramaledetta cicatrice. Lei mi stava mentendo su qualcosa ed io dovevo sapere che cosa fosse.

Sentii il campanello suonare e, lentamente, mi alzai per vedere chi fosse. «Ciao Piccolo», disse Eva baciandomi.

Posai le mani sui suoi fianchi e l'attirai nel mio appartamento. «Ciao a te.»

Eva mi sorrise stringendo gli occhi. Mi premette una busta sul petto. «Tieni, questa è per te», disse e io aggrottai la fronte. «E' per il tuo compleanno.»

«Tesoro, il mio compleanno è il 14 di Febbraio», le rivelai e lei si strinse nelle spalle.

«Lo so, ma per quella data non ci sarà il tuo regalo, motivo per cui te lo sto dando ora», spiegò e io mi sedetti sul divano.

Eva prese posto accanto a me. Allargai le gambe mettendomi più comodo. «Posso aprirlo?»

«Certo! Altrimenti perché te l'avrei dato?», rise e io sorridendo aprii la busta.

Sbarrai gli occhi appena mi resi conto di quello che tenevo in mano. Erano due biglietti per il concerto dei Nickelback.

«Amore, ti amo tantissimo!», esclamai gettandoli sul tavolino affianco al divano.

Presi Eva e la feci rotolare sotto di me. «Anche io ti amo, Alex», rispose e io spostai le labbra dalla sua bocca al suo collo.

Eva iniziò ad ansimare sotto il tocco della mia lingua. Le mie dita le slacciarono lentamente la camicetta, bottone dopo bottone, rivelando il reggiseno bordeaux di pizzo.

«Per la miseria...», sussurrai e lei si alzò un po' zittendomi con un bacio appassionato.

Le sue mani si spostarono sulla mia maglia, sollevandola. Mi alzai in ginocchio e me la tolsi, rivelando il mio corpo tatuato.

«Ti voglio», sussurrò toccandomi le braccia e, sollevandola, la portai in stanza da letto.

L'adagiai sul materasso e le tolsi freneticamente i leggins e il perizoma, posando le mie labbra sulle sue sensibili.

«Oddio, Alex!», esclamò aggrappandosi ai miei capelli.

Spostai lo sguardo su di lei e vedendola perdere il controllo mi eccitai da morire. Eva mi fece sdraiare sulla schiena e salì su di me, senza darmi il tempo di fare nulla scivolai dentro di lei. In quel momento eravamo solo noi due e nessuno poteva dividerci.

«Tu sei la sola cosa giusta nella mia vita», mormorai e una lacrima le scivolò sulla guancia.

Allungai una mano e la tolsi. «Ti amo», disse e io ricambiando la portai dritta in paradiso.


ASPETTAVO SOLO TE ( 3-The Lovers Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora