Non coprirti.

664 20 0
                                    


Non mancava molto alle quattro di quel pomeriggio di giugno. I ragazzi avevano inviato un messaggio a Justin dicendo di raggiungerli per prendere un caffè da Starbucks, collocato sul fronte opposto della strada rispetto a Central Park. Avevamo attraversato tutto il parco senza fretta tenendoci la mano, inizialmente non mi accorsi di quel contatto ma quando lo notai non mi dispiacque ne Justin fece qualcosa per interromperlo. Sembrava andarci bene così.
Attraversammo la strada entrando nel piccolo locale abbastanza affollato. I primi tavolini al centro della stanza erano occupati da ragazze che frequentavano il college lì a New York, tenevano i libri aperti sopra i piani lisci e leggevano lunghi testi dalle piccolissime scritte. Nathan e David attirarono la nostra attenzione dal fondo della stanza.
Avevano preso un tavolino accanto ad una delle grandi vetrate che dava sulla strada, quasi volessero starsere in disparte dagli altri.
Affiancai David sul piccolo divanetto di pelle sintetica bianca mentre Justin fece segno a Nathan di andare con lui ad ordinare.
"Che ci facevate per mano?" David attirò la mia attenzione guardandomi incuriosito.
"Non stiamo insieme" mi affrettai a dire. David ridacchiò divertito prima di annuire, forse ero ridicola rispondendo così direttamente, credo di essergli sembrata una specie di robot. "Non so cosa siamo, sul serio ma per ora mi va bene così e credo anche a lui" David annuì. Era un buon ascoltatore per quel che mi riguardava.
Justin e Nathan si avvicinarono al tavolo, tenevano un vassoio ciascuno fra le mani che in sincronia posarono sul tavolino.
Justin si portò al mio fianco porgendomi un lungo bicchiere di cartone chiuso da un piccolo coperchio dello stesso materiale ed una cannuccia incastonata in una fessura.
Lo assaggiai bevendone un sorso. Caffè macchiato, il mio preferito.
I vassoi contenevano altri tre bicchieri come il mio suddivisi due in uno e il terzo nell'altro ed un piattino ciascuno con sopra tre piccoli toast e un pacchetto di patatine confezionate.
"Com'è andata?" chiese Justin portandosi il bicchiere alle labbra.
"Bene ma non è servita la forza. Come sospettavamo doveva solo firmare dei documenti" spiegò David addentando un pezzo di toast al prosciutto.
"Quel tipo si sta cacciando in un bel guaio" intervenne Nathan attirando la nostra attenzione su di lui. "Ha chiesto un prestito a Tomas di cinquantamila dollari" aggiunse.
Erano un sacco di soldi, mi chiedevo che debito avesse avuto mio padre per essere stato ammazzato.
"Tu lo sai?" chiesi facendomi seria. I ragazzi si girarono in contemporanea verso di me non capendo con chi stessi parlando.
"Justin, tu lo sai a quanto ammontava il debito di mio padre?" alzai lo sguardo incontrando il suo. Mi guardava serio, aveva intuito la mia domanda non avesse un filo di ironia.
"Non con certezza, intorno ai duecentomila dollari.. li avrebbe dovuti consegnare a rate ma ne stava saltando troppe e Tomas si è stancato" annuii.
Ecco perchè ogni settimana si fermava in banca a prelevare del denaro. Chissà quanti segreti aveva mio padre che ne io ne Shila avremmo mai saputo. Erabrutto esserne consapevole e non poterglielo dire, no perchè lui era morto, aveva raggiunto mia madre lassù.
"Questa sera Tomas ci vuole tutti in centrale, dice di doverci dare le direttive per le nuove missioni. Alle otto in punto dobbiamo essere davanti al suo ufficio" disse Nathan dopo aver letto un probabile messaggio dell'uomo sul display del suo cellulare.
Annuimmo tutti in contemporanea. Quell'uomo era imprevedibile e il fatto che mi avrebbe affidato una missione mi metteva ansia, era la prima volta che lo vedevo dopo il mio rapimento, sarebbe stato strano.
Finii il caffè mentre i ragazzi presero a mangiare il loro toast. Justin prese il pacchetto di patatine e me lo porse sorridendo.
"Non avevo detto di volerle" gli feci notare prendendolo. Lui si strinse nelle spalle.
"Consideralo un regalo" mi baciò la fronte facendomi arrossire. Nathan ridacchiò ma tentò di nasconderlo tornando a mangiare mentre David - con scarsi risultatati - provò a farci credere di guardare qualcuno dietro di noi. Come disse lui, sembrava un tipo losco.

Tornati a casa ognuno iniziò a seguire la propria regolare ed appartata vita. Nathan durante il viaggio di ritorno avevo sentito dire stesse conoscendo una ragazza, forse l'avrebbe addirittura portata a casa per farcela conoscere. David accese il televisore ascoltando attentamento il servizio al telegiornale che parlava di una rapina in un palazzo poco lontano dal nostro appartamento.
Justin uscì in terrazza affrettandosi a recuperare un pacchetto di sigarette dal primo cassetto del mobile in cucina. Sperai non se le fumasse tutte.
Raggiunsi la mia camera, ero stranamente stanca nonostante il mattino fossi rimasta a letto fino a mezzogiorno, l'alcol mi piaceva ma come sempre mi dava un grande senso di stanchezza e di nausea. Mi portai le braccia allo stomaco lasciandomi cadere sopra il letto. Presi a massaggiarmelo sperando di attenuare quell'orribile senso di nausea, mi sembava di essere in una barca nel bel mezzo di una tormenta.
Chiusi gli occhi stringendo le labbra e di lì a poco - quasi senza accorgermene - mi addormentai.

"Ariel, andiamo!" la voce dolce di Shila attirò la mia attenzione. Si affrettò a scendere le scale prendendo il suo zainetto rosso a forma di orsacchiotto dove le piaceva tenere un sacchetto di pane per i colombi del parco. "Sono le cinque passate, dobbiamo sbrigarci" esclamò stringendomi la mano e tirandomi fino alla porta d'ingresso.
Ridacchiai annuendo ed iniziando a percorrere la strada per il parco.
Era così carina quando sorrideva, saltellava rincorrendo le anatre e lasciando delle briciole di pane secco accanto alla fontana del parco per poi aspettare che i colombi le notassero e andassero a mangiarle.
Quel giorno era più carina del solito. Si era messa il vestito che nonna le aveva regalato per il suo quinto compleanno e straordinariamente le andava ancora bene. Era giallo con una margherita ricamata sul petto. Lo aveva fatto apposta per lei.
Era la piccola di casa.
Shila si strinse con le mani uno dei due codini che le tenevano legati gli scuri capelli prima di correre verso lo scivolo.
Salì le scale prima di lasciarsi scivolare giù portando le braccia al cielo.
"Ariel, vieni. Devi spingermi" mi corse incontro trascinandomi verso l'altalena.
La feci sedere sul piccolo ripiano nero e le lagai la cintura di corda iniziando a spingerla. Ogni qualvolta volasse in alto si lasciava sfuggire un urletto.
"Si sta facendo tardi, dobbiamo andare" dissi guardando l'ora sull'orologio che tenevo al polso.
Shila annuì caricandosi nuovamente lo zainetto ormai vuoto in spalla. Mi strinse la mano e sorrise.
"Grazie, ti voglio bene"
"Anche io, tanto" le baciai la fronte e la presi in braccio. Si accasciò poco dopo sulla mia spalla addormentandosi esausta.


Mi alzai di colpo. Avevo il respiro affannoso e la fronte sudata.
Mi strinsi il labbro fra i denti sentendo una lacrima rigarmi la guancia. Mi mancava tanto, troppo.
Non l'avrei più rivista e non riuscivo a farmene una ragione. Sarebbe stata affidata ai miei nonni in Arizona e una volta morti loro se non ancora maggiorenne ai miei zii in Ontario. Non l'avrei più rivista e basta.
Sbuffai passandomi una mano fra i capelli.
Bussarono alla porta e dopo pochi rintocchi entrò Nathan, mi sorrise e si avvicinò a passo lento al letto.
"Se ti va è pronta la cena"disse. Sorrisi ma non avevo fame.
"Scusa ma passo, non mi sento molto bene" un po' era per il dolore alla pancia e un po' per quel ricordo di mia sorella che mi aveva chiuso lo stomaco. Dì lì a pochi giorni mi sarebbe arrivato il ciclo e in quell'appartamento chiaramente non c'erano gli "strumenti" adatti. Erano tutti ragazzi. Ma, forse ne avrei dovuto discutere con Justin in quanto era lui il responsabile della mia custodia.
"Sta tranquilla" Nathan sorrise. "Andiamo via fra mezz'ora circa. Preparati con calma e non preoccuparti, la riunione non durerà molto" annuii ringraziandolo. Se ne andò con la stessa calma con la quale era entrato in stanza.
"Oh, Nathan?" lo richiamai indietro. "Quando avete finito di cenare puoi dire a Justin di venire? Dovrei parlargli di una cosa" annuì chiudendosi definitivamente la porta dietro le spalle.
Mi alzai in piedi aprendo le ante dell'armadio, indossai una felpa sopra la canotta che già portavo, bianca e spazzolai i capelli prima di legarli con un elastico nero in uno chignon morbido.
La porta si aprì piano cigolando attirando la mia attenzione. Justin fece un cenno con la mano prima di sistemarsi i capelli.
"Nathan mi ha detto di venire. Stai bene?" mi sfiorò la guancia e per un secondo mi sentii come una bambina con il proprio padre.
"Si, devo solo parlarti di una cosa" Justin annuì portandosi con la schiena contro la parete e guardandomi solo in attesa che parlassi. "Ecco.." presi fiato imbarazzata ma non avevo scelta infondo. Era inevitabile. ".. in questi giorni dovrebbe arrivarmi il ciclo e così, avrei bisogno delle mie cose insomma" abbassai lo sguardo sentendo le guance andare a fuoco.
Justin ridacchiò.
"Sta tranquilla, domattina passiamo a prendere tutto quello che ti serve" sorrisi annuendo.
"E se non ti dispiace avrei bisogno di alcune pastiglie per alleviare il dolore" dissi indicandomi la pancia con l'indice. Dio che imbarazzo.
Justin annuì.
"Nessun problema" concluse infilandosi le mani nelle tasche. Mi morsi il labbro tornando a guardarlo, era bellissimo.
Scacciai via il pensiero consapevole che se non l'avessi fatto sarei sembrata ridicola.
"Arrivo fra un paio di minuti" Justin uscì dalla stanza senza aggiungere altro e lasciandomi nuovamente sola. Ricordai di avere ancora un pacchetto da aprire, lo avevo lasciato sopra il mobile per tutto il tempo.
Lo afferrai e lo scartai con cautela per paura che ci fosse un oggetto fragile. Incollata sopra con un pezzo di carta adesiva c'era una lettera piegata due volte.
La presi ed iniziai a leggerla.

"Ciao, Ariel.
Questo è un piccolo regalo, ti servirà nelle tue missioni. Spero che i vestiti ti abbiano fatto piacere e inoltre mi auguro che i miei ragazzi ti stiano trattando con il rispetto che merita il mio gioiellino personale. Detto ciò, ci vedremo presto.
Tomas"


Guardai il pacchetto marrone quasi impaurita, aprii la scatolina bianca al suo interno e ne rimasi di stucco vedendo il contenuto. Un cellulare. Mi sarebeb servito senz'altro, lo infilai in tasca e gettai la carta nel piccolo gestino all'angolo. Non rimasì per molto in solitudine, raggiunsi infatti il salotto pochi minuti dopo, sentivo il battito cardiaco accelerato ma lo ritenevo normale in quella situazione. Stavo per incontrare Tomas.
L'edificio era scuro e deserto ma se ci si concentrava si avvertivano delle voci maschili provenire dal corridoio che portava all'ufficio di Tomas.
"Sta vicino a Justin quando entra e non fare niente di avventato" mi sussurrò David sorpassandomi prima di entrare in una delle molte stanze del corridoio.
Splendido, pensai.
Justin mi affiancò facendomi segno di entrare. C'erano una decina di sedia disposte a semicerchio tutt'intorno all'iponente scrivania di Tomas, più ordinata dell'ultima volta che l'avevo vista. Andai a sedermi sull'ultima sedia a partire da sinistra e Justin non tardò ad affiancarmi mentre anche altri ragazzi più o meno della sua età predevano posto. Era agitato, muoveva la gamba in continuazione e di tanto in tanto si pizzicava le dita fra di loro.
"Non dobbiamo avere alcun contatto, lui deve credere che non mi sono mai permesso di toccarti o capirebbe che ho violato il veto" disse a bassa voce per non farsi sentire. Annuii guardandomi attorno.
Le sedie si riempirono fino all'ultima e dal lato opposto della stanza potei scorgere anche Franc seduto su di una. Mi fece un certo effetto rivederlo, lui mi aveva rapita.
Il silenzio calò nella stanza non appena la porta cigolò prima di chiudersi di colpo. Alzai lo sguardo, Tomas entrò a passo lento, sorpassò una ad una le due file di sedie guardando con un sorriso poco rassicurante i ragazzi seduti. Raggiunse la sua scrivania infilando la pistola posta sopra nella cintura e si sedette sulla poltrona in pelle.
"Benvenuti" esordì. Aveva una voce così tetra. "Non ci metteremo molto, siamo qui perchè come buona regola dovete essere incaricati delle nuove missioni" spiegò prendendo un foglio dal primo cassetto.
Si sistemò il pizzetto con una passata con la mano destra prima di iniziare a leggere con calma. Si rivolse ai ragazzi della seconda fila, a tre di loro disse qualcosa come raggiungere il Bronx per trovare una nuova recluta preferibilmente con esperienza, agli altri due invece disse di trovare delle carte aggiungendo che avrebbe mandato loro una lettera con i dettagli.
Passò alla fila avanti con lo sguardo. David e Nathan lo guardavano curiosi e ansiosi allo stesso tempo.
"I miei due manipolatori" sorrise soddisfatto consegnando loro un foglio ciascuno con allegato un biglietto. "Partirete questa sera, farete tutto questa notte e nei prossimi giorni avrete le notizie per la nuova missione" gli occhi del biondo e del moro si dilatarono all'unisono.
"Tutto in una sola notte?" chiese David. Tomas sospirò prima di annuire senza dargli troppa importanza.
"Non è niente di che" disse alzando una mano al cielo prima di guardare Justin. Sorrise compiaciuto prima di spostare lo sguardo su di me e di amplificare la sua smorfia.
"Bieber, come va con il mio gioiellino?" domandò indicandomi.
"Molto bene, è un'ottima recluta" sorrisi. Non era certo la situazione più appropriata per sentirsi lusingata di un commento di Justin ma, si trattava appunto pur sempre di un commento positivo di Justin.
"Per voi ho qualcosa di più lungo, questo fine settimana andrete e Hollywood, Los Angeles" disse. "Dovete concludere un affare con Morgan Opreil, non dovrebbe darvi problemi ma avrete comunque due giorni. Ho prenotato nel miglior hotel che io possa conoscere da quelle parti. Non deludetemi" si fece serio nell'ultima parte del discorso estraendo la pistola dai pantaloni. "Oppure, bang" scoppiò a ridere dopo aver mimato un colpo d'arma con la pistola.
Deglutii. Sapeva essere così inquietante.
"Potete andare" concluse.
Feci un profondo respiro alzandomi e raggiungendo il più velocemente possibile il parcheggio dello stabile. Non respiravo più normalmente e non mi ero nemmeno accorta di avere le palpitazioni. Justin mi strinse con un braccio dietro le spalle, non mi lasciò andare per tutto il viaggio e quando arrivammo a casa - nel più completo silenzio - mi fece sobbalzare. Mi prese in braccio portandomi una mano dietro la schiena ed una sotto le ginocchia.
Credo si fosse accorto del mio momento di bisogno psicologico.
Mi sentii come si sente una principessa con il suo principe.
"Tu sei pazzo, Bieber" ridacchiai. Justin mi baciò la fronte lasciandomi cadere sul letto della mia stanza sotto gli sguardi divertiti dei ragazzi che con gli occhi ci avevano seguiti fino almeno alla metà del corridoio. Credo fossimo alquanto divertenti per loro.
"Questa riunione mi ha distrutto il cervello" gemetti lasciando cadere la testa sul materasso. Justin ridacchiò annuendo prima di sciacquarsi la faccia con dell'acqua presa dal lavandino della mia camera. "Sai, credo farò un bagno" dissi alzandomi in piedi. "Uno di quelli infiniti"
"In questo caso io sparisco, se hai bisogno chiama. I ragazzi stanno partendo, li rivedrai domattina" disse.
"Oh, giusto" corsi in salotto stringendo in un abbraccio David inizialmente preso alla sprovvista. Abbracciai anche Nathan sussurrando ad entrambi di fare attenzione, non sapevo cosa dovessero fare ma era pur sempre una missione di Tomas, non poteva essere semplice. Nemmeno quella affidata a me lo sarebbe stata ma la speranza anche se lieve c'era.
Tornai in camera chiudendomi la porta alle spalle, lasciai i vestiti incustoditi sopra il letto e mi lasciai scivolare dentro la vasca piena d'acqua calda e sapone. Mi ricordò i lunghi bagni che facevo a Midland la sera, una volta terminate le lezioni di danza.
Stavo così bene, sentire la schiuma accarezzarmi soffice il corpo, i capelli che a contatto con lo shampoo sembravano riprendersi per poi cadere lisci lungo le spalle una volta sciacquati con il getto d'acqua.
Passai più di un'ora in quella vasca, per sessanta minuti non pensai a niente di niente. Vuoto.
Uscii avvolgendomi il corpo in un asciugamano di cotone bianco che fermai all'altezza del seno, poco più sopra. Aprii il piccolo sportello del mobile bianco del bagno per cercarne un altro per tamponare i capelli ma quello che portavo indosso sembrava essere l'unico.
Aprii la porta della stanza percorrendo a piedi nudi il corridoio.
Justin se ne stava in piedi girato di spalle rispetto a me, aveva il cassetto del mobile della sala aperto e una pila di fascicoli al suo fianco, a terra. Sembrava stesse riordinando.
"Justin" attirai la sua attenzione avvicinandomi. Si girò verso di me e giuro di averlo visto sussultare non appena mi vide. Si passò la lingua sulle labbra, mi squadrò da capo e piedi con attenzione, quasi fossi stata una caramella da assaporare lentamente, per poi tornare a guardarmi negli occhi. "Potrei avere un altro asciugamano?" chiesi con timore indicandomi i capelli. Justin dischiuse le labbra inumidendosele un'altra volta come se fossero state secche ma, erano lucide.
Ammetto però, che appariva molto sexy mentre lo faceva.
"Certo, te lo prendo" annuì. Fece per andare via, verso il bagno che lui e i ragazzi condividevano ma il suo braccio destro mi sfiorò il corpo con troppa velocità e porca miseria, l'unica cosa che mi divideva il mio corpo da lui, cadde.
Strabuzzò gli occhi.
Ero nuda.
Lo guardai scioccata, come paralizzata mentre i suoi occhi esaminavano ogni centimentro del mio corpo, ormai visibile al cento per cento.
Si avvicinò a me a passo svelto, solo dopo essere arrivato a pochi centimetri dal mio corpo riuscii a guardarlo negli occhi. Sentivo le guancie scaldarsi ogni secondo che passava.
Cristo, ero nuda.
"Oh, mio Dio" urlai alzando l'asciugamano da terra cercando di coprirmi almeno le parti che era fondamentale non vedesse.
Justin fece l'ultima cosa ragionevole. Mi prese le braccia allontanando l'asciugamano con una mano e facendolo ricadere a terra.
Scosse la testa deglutendo.
"Non coprirti, cazzo. Sei fottutamente bellissima" arrossii come una scema. Non era affatto il momento di arrossire. "Cazzo, mi dispiace" si passò le mani fra i capelli abbassando lo sguardo rimangiandosi le parole immediatamente. "Non so cosa diavolo mi sia preso. Tu eri nuda e ho perso la testa, cioè tu mi fai perdere la testa." balbettò cercando in qualche modo di giustificarsi prima di respirare profondamente.
"Non ti preoccupare, sei solo un ragazzo e tutti avrebbero reagito così" annuii sforzandomi di credere che non fosse successo niente prima di riprendere l'asciugamano e coprirmi. Solo Dylan mi aveva vista nuda, solo il mio ragazzo.
Iniziai a camminare verso il bagno avendo intuito che gli asciugamani puliti fossero lì, sentivo i suoi occhi sul mio corpo che si allontanava da lui ma per lo meno, ero coperta.
Mi sentii predere per un braccio, poteva essere solo sua quella mano. Mi prese per i fianchi facendomi girare verso di lui e premette le labbra sulle mie. Era un bacio quasi selvaggio, di certo non casto, sembrava non ci baciassimo da una vita o peggio, sembrava che quel bacio equivalesse ad ossigeno gratuito.
Sentivo il suo membro premere contro la mia intimità, mi spinse così dentro la sua camera facendomi cadere sul letto matrimoniale che c'era al centro.
Gememmo entambi non appena ritornammo a baciarci.
Dannazione, che bel suono.
Si sfilò la maglietta facendomi vedere il suo torace perfetto, i suoi addominali scolpiti solo come lui avrebbe potuto averli. Perfetti.
Mi baciò le labbra sfilandosi i pantaloni. Cosa stavamo per fare? Il proibito, l'ignoto.
Ma non me ne pentivo, non lo fermavo, volevo, desideravo e chiedevo di andare oltre i soliti baci, le solite carezze.
"Ti prometto che ti farò sentire così bene, come non ti sei mai sentita." sorrisi. Fu così dolce mentre lo diceva che quasi non mi accorsi della sua mano accanto alla mia intimità. Gemetti inclinando la testa all'indietro non appena la sfiorò. "E sei così bella" ansimò sulle mie labbra prima di passare a baciarmi il collo, la clavicola, il lobo dell'orecchio.
Non avevo pazienza, non volevo romanticismi, volevo solo sentirlo mio per una notte, una notte intera. Gli baciai il petto attirando la sua attenzione, mi sorrise accarezzandomi la coscia umida fino a raggiungere il fondoschiena. Lo strinse fra i polpastrelli facendomi gemere.
Allungò un braccio verso il comodino e prese una bustina con un preservativo, se lo infilò prima di posizionarsi in mezzo alle mie gambe.
"Ho sognato questo momento dalla prima volta che ti ho vista, sono sincero" sussurrò baciandomi. Non mi lasciò il tempo di rispondere che mi penetrò.
Sentii un po' di dolore sul basso ventre, non lo nascondo e inoltre, Justin era ben dotato inutile mentire. Mi baciò più volte rimanendo fermo aspettando che mi abituassi, sorrisi ed annuii non appena il bruciore si alleviò fino a scomparire.
"Puoi muoverti adesso" dissi con voce strozzata.
Non se lo fece ripetere due volte. Portò il peso sui gomiti ed iniziò a muoversi esperto dentro di me. Non era la prima volta per nessuno dei due ma ci guardavamo negli occhi come se lo fosse stata.
Le spinte iniziarono a farsi veloci e forti tanto che si aggrappò alla sbarra del letto ma solo per spingere più forte.
"Gesù, piccola" ansimò contro le mie labbra. "Sei stupenda" disse. Alzai la testa baciandogli il petto, strinsi le mani dietro la sua schiena graffiandola ad ogni spinta quasi fosse stata una conseguenza di tale gesto.
Era meraviglioso.
"Ti prego, piccola" mi baciò la fronte, le labbra prima di ansimare. "Dì il mio nome" aggiunse chiudendo gli occhi.
Gemetti.
"Justin.. " ansimai. Lo sentii gemere più forte mentre mi baciava le labbra. "Justin Drew" precisai. Ridacchiammo senza fermarci un solo secondo.
"Come sai il mio vero nome?" chiese con un filo di voce. Voce piena di piacere.
"Porti una catenina al collo, c'è scritto lì" sorrisi sfiorandola con le dita. Justin sorrise di rimando riprendendo a baciarmi.
Non mi stavo pentendo, non mi sarei mai pentita di ciò. Ero felice.
"Sei così bella, credo di avertelo già detto altre volte, si sta così bene dentro di te" gemette. Spinse un'ultima volta facendomi inclinare la testa all'indietro e gemere più forte. Venni poco dopo gridando il suo nome. Justin crollò stremato sul mio petto.
Si sfilò il preservativo e andò in fretta a buttarlo nel cestito accanto alla porta. Tornò con altrettanta velocità da me coprendo i nostri corpi con il lenzuolo bianco del suo letto. Portai la testa sul suo petto, il suo battito era regolare e rilassante.
Avevo appena fatto sesso con Justin.
"Credo sia stato miglior sesso della mia vita, piccola" mi alzò il mento con le dita baciandomi le labbra.
Ridacchiai annuendo. Ripresi a baciarlo mettendomi sopra di lui facendolo sorridere. Cos'eravamo? Non lo so, ma qualunque cosa fossimo, mi piaceva da impazzire.  


-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 Spero che il capitolo vi sia piaciuto, avevo detto che non sarebbe stata quella storia dove per baciarsi e altro ci sarebbero voluti trenta capitoli, di solito mi annoiano quelle storie o meglio non vedo l'ora che succeda qualcosa di più.
Detto ciò, mi auguro che vi sia piaciuto, se si, lasciate una stellina o un commento e niente i vediamo al prossimo capitolo.

All the love,

S.

Top SecretDove le storie prendono vita. Scoprilo ora