Questa relazione è più importante.

510 12 4
                                    




Stavo correndo da parecchio tempo ormai, tanto da aver percorso tutto il confine della periferia centrale di Los Angeles, non amavo correre ma il desiderio di prendere una boccata d'aria e di rintanarmi nei miei pensieri per un po' era più forte. Non erano passati molti minuti dall'arrivo del messaggio di Justin sul mio cellulare, lo avevo letto rapidamente, senza fermarmi anche se mi costò un tuffo al cuore. Comunque, non gli avevo ancora risposto.
Sarei dovuta andare?
Mi fermai sul fondo del marciapiede prima dello stop portandomi le mani sulle ginocchia, avevo il fiatone ma ne ero contenta. Ero sfinita ma la consapevolezza che se mi fossi fermata e quindi tornata indietro sarei solo tornata all'hotel beh, mi faceva andare avanti.
Raggiunsi una fontanella al centro del parco al momento deserto e bevvi dell'acqua fredda calmando il respiro. Raggiunsi il ciglio della strada e mi stupii per il numero di taxi e auto private di passaggio nonostante fossero quasi le cinque di sera. Forse però la mia sorpresa era solo causa della mia provenienza da Midland. Credo non avessero mai visto un taxi laggiù.
Afferrai il cellulare e mi morsi il labbro con gli incisivi.
Rispondi.
Aprii velocemente la casella dei messaggi, non sapevo cosa gli avrei scritto ma speravo che aprendo la chat qualcosa mi venisse in mente quasi in maniera automatica.

A Justin:
Ti prego, non fare la parte del bravo ragazzo ora. Un assassino non mantiene le promesse, soprattutto se fatte ad una ragazza qualsiasi.

Ebbi quasi un fremito nello scrivere quel messaggio, non appena s'inviò un senso d'ansia e frustrazione mi avvolse. Perchè ero stata così meschina? Stavo iniziando a credere che la stronza della situazione fossi io. Ma non potevo farci nulla, mi sentivo ferita e soprattutto delusa, credevo che in qualche modo ci fosse un briciolo di qualcosa fra di noi e invece ero risultata come il giocattolino del mese.

Da Justin:
Appunto. Una ragazza qualsiasi. Tu non lo sei perciò, non trovo strano il mio comportamento.

A Justin:
Basta prendermi in giro.

Mi definiva speciale e tutte quelle stupidaggini ma al momento della verità si rivelava per quello che era ed io passavo dall'essere quella speciale all'essere la solita ragazzina innamorata del ragazzo impossibile. Ricordai Bree, in quel bar alla nostra prima uscita dal mio rapimento, lo aveva definito senza cuore, come il ragazzo che non sapeva amare, ero convinta si sbagliasse, ci avevo creduto sul serio ma invece, stavo iniziando a credere che fosse veramente così. Voleva solo divertirsi con me, non ero niente per lui.

Da Justin:
Perchè devi fare così? Non posso crederci che stai mandando tutto a puttane.

A Justin:
Oh, andiamo. Adesso la colpa è mia? Comunque, non ho mandato tutto a puttane perchè beh, non c'era niente da poterci mandare.

Fu difficile scrivere quel messaggio ma allo stesso tempo liberatorio.

Da Justin:
Okay, discutere così è impossibile.
Torna all'hotel, ho bisogno di dirti in faccia tutto quello che penso perchè sto impazzendo e se non verrai tu beh, setaccerò Los Angeles e verrò a prenderti io stesso.

Sbuffai sonoramente infilando il cellulare nella tasca dei pantalonicini da basket blu che indossavo. Ripresi a correre cercando per quei venti minuti di non pensare a cosa dovessi dire, a cosa volesse dirmi o a cosa sarebbe successo. Mi risultò difficile ma guardando qualche vetrina e le persone che mi passavano affianco, risultò un po' meno complicato.
Salii le scale fino al secondo piano, ci avevo quasi fatto l'abitudine e usare l'ascensore era divenuto qualcosa di quasi superfluo.
Aprii la porta della stanza, Justin se ne stava con lo sguardo fuori dalla finestra, osservava un punto indefinito, le braccia al petto, le gambe divaricate e l'aria assente. Sospirai lasciando il cellulare sopra il mobile accanto al muro e lo affiancai.
"Sono qui".
"Lo so" okay, un inizio peggiore non poteva esserci, pensai. "Ero già pronto a venirti a prendere, non credevo saresti tornata".
"Ho avuto l'impulso di non tornare" annuii. "Ma comunque, prima o poi mi sarebbe toccato" alzai le spalle.
Justin non si scompose, restando immobile come se anche lui non volesse più guardarmi negli occhi.
"Perchè devi rendere tutto ancora più difficile di quanto non lo sia già?" quelle parole mi trafissero.
Era mia la colpa, sul serio?
"Non pensare che sia venuta qui per farmi dare addosso. Non ho fatto niente" fui io la prima a girarmi verso di lui, non avevo paura dei suoi occhi, non sarei caduta. "Abbiamo capito che non siamo fatti l'uno per l'altro, siamo troppo diversi, abbiamo troppi problemi" mi strinsi nelle spalle.
Era dolorosa, ma era la verità.
Justin alzò le braccia al cielo e per la prima volta tornò a guardarmi negli occhi con quelle sue iridi nocciola in grado di colpirmi e farmi affondare in un nano secondo. Sentii un fremito ma non potevo cadere, era stato chiaro.
Non provava nulla di concreto come me.
"Ho solo detto la verità" strinsi le labbra.
"Perfetto" deglutii. "La verità è che siamo troppo diversi ed è okay. Non c'è altro da dire" c'era molto altro invece ma non ci vedevo più uno scopo ragionevole per farlo.
"Quindi, pensi davvero di riuscire a dimenticarmi facendo finta di niente, come se quella notte non fosse mai esistita, come se ieri sera tu non abbia provato la sensazione migliore della tua vita, come se tutti i nostri baci non valessero un cazzo?" il suo tono si era abbassato ma la durezza di quelle parole fu lancinante.
"E' quello che vuoi che faccia tu per primo. Perchè devo continuare a stare dietro ad una persona che mi ha detto chiaramente che non è pronto a darmi quello di cui ho bisogno?" non volevo soffrire inutilmente. Non volevo stare male, avevo solo bisogno di essere amata ed era chiaro che lui non fosse in grado di amarmi come volevo io.
"Perchè se sei innamorata non rinunci così!" gridò avvicinandosi pericolosamente a me tanto da rendere la nostra distanza quasi nulla.
"Cosa ne sai tu dell'amore?"
"Più di quel che pensi" no, lui non ne sapeva niente.
"Non sono innamorata di te" mentii. "Ho detto di essermi invaghita di te ma come pretendi che non sia successo insomma, siamo andati a letto insieme e ieri sera beh.. sai perfettamente quello che è successo" arrossii al sol pensiero.
Justin mi guardava dritto negli occhi come raramente aveva fatto.
"Non sei innamorata di me" disse. Sembrò una frase riferita a se stesso più che a me così che non mi scomposi. "Quindi, non ti farà alcun effetto questo" non riuscii ad elaborare un pensiero, un'azione che mi baciò.
Premette con forza le labbra sulle mie, sentivo una voce interiore, una forza costante che mi gridava di staccarmi e colpirlo ma allo stesso tempo sentivo la forza di attrazzione come una calamita dirmi di non abbandonare quel contatto perchè era tutto quello di cui il mio corpo aveva bisogno.
Staccò le labbra dalle mie prendendomi per i fianchi e restando a pochi millimetri dalle mie labbra. Tenni gli occhi chiusi per pochi secondi prima di aprirli lentamente incontrando il suo viso.
"Non mentirmi, non mentire a me, tigre" sussurrò piano. "Non puoi nasconderti dietro una maschera, non con me" passò lentamente la mani dietro la mia schiena facendomi rabbrividire. "Amo quando rabbrividisci, sai" sorrise piano.
"Non prendermi in giro ancora" balbettai.
Mi sentivo in una sorta di trans.
"Non ti sto prendendo in giro" aumentò la forza impressa sui miei fianchi. "Non l'hai ancora capito?" corrugò le sopracciglia massaggiandomi la pancia.
"Capito cosa? Che da me non vuoi altro che sesso? Sì, l'ho capito e fa male" sentii gli occhi pizzicare. Mi sentii un giocattolo, un giocattolo ormai da buttare.
"Ma sul serio non hai ancora capito cosa provo per te, Ariel?" inclinò la testa verso sinistra quasi sconvolto. Non era tempo di indovinelli, cazzo. "Non hai ancora capito che ho perso la testa per te?"
Sentii un groppo alla gola stringermi il petto.,
Non hai capito che ho perso la testa per te?
"Che hai detto?" balbettai.
"Si" si avvicinò al mio viso facendo sfiorare le labbra con le mie. "Credevo fosse ovvio che mi piaci, credi davvero che io baci le ragazze così, che ci dorma insieme senza andare oltre, che rischi la vita tanto per fare?" un brivido mi percorse la colonna vertebrale.
Gli piacevo.
"Hai detto che non eri pronto" balbettai. Sospirò annuendo.
"Lo so e purtroppo credo non lo sarò mai" si strinse nelle spalle facendo una smorfia sconfortata. "Se avessi accettato senza fare storie di venire a cena con me ti avrei chiesto questa sera di essere la mia ragazza, Ariel" sorrisi senza rendermene conto.
"Vuoi che sia la tua ragazza, parli sul serio?" non riuscivo a credere che lo avesse detto davvero e per un secondo avvertii la paura che fosse solo stata un'illusione o peggio, un sogno.
"Tigre, non sono mai stato così sicuro in tutta la mia vita" accennò ad un sorriso ma non uno dei soliti, quello era un sorriso sincero, uno di quelli da farti stringere il cuore anche quando non vorresti. "Ariel Wilson, vuoi essere la mia ragazza?" avevo immaginato quella scena tante volte ma in quel momento sembrò tutto irreale come se all'improvviso qualcuno potesse scuotermi e svegliarmi per poi farmi ritrovare nel mio letto nel nostro appartamento di New York. Vederlo guardarmi come se non avesse visto niente di più bello, come se non fossimo due assassini ma due ragazzi semplicemente innamorati l'uno dell'altro. Per una volta fummo solo Ariel e Justin, e nessun altro.
"Si che voglio" quasi non mi lasciò parlare che si avventò sulle mie labbra facendomi sorridere. Non era un bacio pieno di foga ma nemmeno casto, era uno di quei baci da film che teoricamente non mi sarebbero dovuti piacere per quelli che erano i miei gusti ma quella volta, fu come se il mondo attorno a me svanisse per quei venti secondi di bacio. Come se non mi ricordassi più di chi fossi, di aver perso tutto, di essere un'assassina, di rischiare di morire da un momento all'altro.
"Scusa" sussurrò Justin sulle mie labbra. "Scusa se ti ho fatto credere di essere una delle tante".
Sorrisi, un sorriso vero.
Non risposi, mi limitai a prendergli il viso tra le mani e riprendere a baciarlo come se non ci fosse stato un domani, come se quel bacio fosse equivalso a una caramella per un bambino, ad un figlio per una madre, ad una pistola per un assassino come noi.
Quando ci staccammo non ci guardammo come Ariel e Justin ai quali ci eravamo abituati, sembrava che poche parole e pochi gesti avessero cambiato tutto, in un solo secondo. Eravamo fidanzati.
Fidanzati.
Fidanzati.
Mi ci sarebbe voluto sicuramente del tempo per abituarmici.
"Quindi, ora stiamo insieme?" mi mordicchiai il labbro, era così strano dirlo.
"Sai, suona strano" fu come se Justin avesse letto i miei pensieri in quel momento. "Ma allo stesso tempo suona magnificamente" ridacchiai lasciandogli un bacio sulle labbra.
"Stiamo insieme da.." guardai l'orologio stretto al mio polso. ".. due minuti e trentaquattro secondi!" esclamai.
Justin gemette.
"Non tenevi il conto del tempo quando stavi con Dylan" mi fece notare. Era vero, ne avevamo già parlato quella volta in macchina, diceva che non tenessi il conto del tempo di relazione perchè non era troppo importante per me, secondo lui.
"Questa relazione è più importante" sorrise stringendomi le labbra fra le sue.
Stavamo insieme e mi sembrava tutto così irreale.
"Bene" esordì sedendosi sul divano sulla destra della stanza. "Quindi, adesso non hai scuse per non venire a cena con me stasera" mi guardò dal basso verso l'alto massaggiandomi il palmo della mano con le dita.
"Credo di no" nemmeno avrei voluto averne. "E a te non servono più scuse o futili scommesse" Justin si passò la lingua sulle labbra sorridendo come un bambino. Era così dolce. Ma, solo dopo un paio di secondi mi accorsi che risultava impossibile non vedere della malizia della mia frase.
"What do you mean?" canticchiò posandomi sulle sue gambe. "Wonna argue all day, make love all night" mi baciò la guancia.
"Carina. Dove l'hai sentita?" si strinse nelle spalle afferrando il telecomando del televisore al suo fianco.
"L'ho inventata al momento ma credo ci rispecchi parecchio. Sai, litigare tutto il giorno e fare l'amore tutta la notte" alzai un sopracciglio.
"Quindi, questa notte dovremmo fare l'amore secondo i tuoi calcoli" gli feci notare. "Interessante".
"Beh, non ti direi mai di no" ridacchiammo mentre le nostre labbra entrarono in contatto in un piccolo bacio. "Lo sai, te l'ho sempre detto, no?"
"Che cosa?"
"Che sei parecchio eccitante" ridacchiai spostandomi una ciocca di capelli fuoriuscita dalla coda di cavallo.
Justin afferrò velocemente il cellulare dalla tasca dei pantaloni e selezionò con altrettanta rapidità la chat con Nathan nella casella dei messaggi.

Top SecretDove le storie prendono vita. Scoprilo ora