Central Park.

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  Non potevo mentirgli, non potevo tenergli nascosto Dylan. Sarebbe stato ridicolo.
D'accordo, forse non lo avrei più rivisto ma non potevo continuare a far finta che lui non ci fosse. Mi amava ed io me ne stavo lì a ridacchire con un altro.
Mi sentivo una stronza, okay?
Lo consideravo un dovere quello che avevo verso Justin, lui aveva il diritto di sapere la verità, di sapere che ero già di qualcun altro.
"Ehi, sono le due passate.. andiamo a casa?" Nathan mi circondò la vita con un braccio. Già, erano le due passate e Justin non mi aveva più rivolto - comprensibilmente credo - la parola. Annuii imboccando la porta d'uscita, mi mancava l'aria nonostante avessi passato gran parte del tempo a parlare con David seduta sul divanetto. Mi aveva raccontato della sua entrata nel clan, tagliando corto aveva bisogno di soldi, suo padre aveva perso il lavoro e sua madre era stata ricoverata dopo un incidente, avevano bisogno di soldi. Finì nelle mani di Tomas senza accorgersene, sua madre morì poche settimane dopo la sua partenza, mandò una lettere al padre dove diceva che aveva trovato un lavoro a New York che lo avrebbe impegnato tutto l'anno. Lo passava a trovare solo per Natale, abitava troppo lontano - in Ariziona - per andarlo a trovare più spesso.

Justin piombò giù dalle scale, aveva il cellulare incollato all'orecchio e si precipitò verso di noi.
"Ho delle cose da fare, voi andate e casa con la mia macchina, io prenderò un taxi" lanciò le chiavi a Nathan il quale preso alla provvista dovette fare un balzo in avanti per prenderle al volo.
"Sono le due del mattino, cos'hai da fare?!" alzò le braccia David.
"Ho da fare e basta. Ci vediamo domani e se sentite dei rumori stanotte non preoccupatevi, sono io" ci sorpassò senza lasciare il tempo a nessuno dei tre di dire qualcosa. Non che mi sarei permesse di aprire bocca, non sapevo se mi avrebbe più parlato. Sembrava deluso dal fatto che gli avessi tenuto nascosto di Dylan e forse, non aveva tutti i torti.
Uscimmo dal locale. Sentivo la testa pesante e gli occhi si chiudeva da soli per via del sonno.
"D'accordo, chi ha bevuto di meno?" Nathan guardò David. Il biondo alzò gli occhi al cielo prendendogli le chiavi dalle mani.
"Da qua, idiota" ridacchiammo salendo nei sedili posteriori di quella macchina che sapeva esattamente di tutti i profumi e gli orrori dei quali sapeva sempre Justin.
Basta pensare a lui, ti prego, Ariel.
Mi passai una mano fra i capelli posando la testa sulla spalla morbida di Nathan il quale mi sistemò una ciocca castana dietro l'orecchio e mi strinse in un braccio.
"Sai dove andava Justin?" chiese. Sbuffai, era impossibile non pensare a lui.
"Non parla con me delle sue cose e comunque, fatemi un favore.." David mi guardò con la coda dell'occhio incuriosito. ".. non trattatemi come se fossi la sua ragazza o la sua confidente. Non lo sono affatto" il moro e il biondo sorrisero prima di annuire all'unisono.
Chiusi gli occhi e mi addormentai.

Bum, bum.
Sbadigliai lentamente, non volevo fosse già mattina, stavo morendo di sonno.
Bum, bum.
Un rumore attirò la mia attenzione seguito da una risata femminile, oserei descriverla. Ma, non c'erano altre ragazze in quell'appartamento tranne me.
Guardai la sveglia sul comodino, erano appena le sei del mattino. Chi poteva essere sveglio a quell'ora dopo essere tornati a casa alle tre?
Mi morsi il labbro dandomi uno schiaffo sulla fronte, Justin. Chi altro.
Tuttavia, quella risata femminile ancora non trovava una spiegazione, portai i piedi nudi a contatto con quel pavimento abbastanza freddo, m'infilai la prima maglietta che trovai sul pavimento - considerato che ero in intimo - e degli shorts, mi legai i capelli con un elastico che tenevo al polso, non so dire di che colore fosse.
Aprii la porta della camera sentendo passo dopo passo quella risata farsi più forte e vicina fino a quando arrivai in salotto. Mi sporsi sul divano e credetti di morire.
Una ragazza che baciava Justin.
Il mio cuore si fermò e posso giurare di non averlo più sentito battere per almeno cinque secondi.
La ragazza mi notò non appena si staccò e si affrettò ad accendere la luce, allora si che la vidi bene.
Aveva lunghi capelli rossi, lisci e grandi occhi neri ricoperti di non so quanti strati di mascara, ombretto e eye-liner, una maschera più o meno. Indossava una t-shirt appartenente ad uno stronzo che conoscevo troppo bene.
"E tu chi cazzo sei?!" quasi gridai indicandola.
Justin si alzò riconoscendo la mia voce ed affiancandola, per lo meno lui era vestito con indumenti apparentemente suoi e togliendo qualche stampo di rossetto rosa in faccia, sembrava normale.
"Cosa ci fai tu qui? Torna a dormire" alzai un sopracciglio portando le braccia al petto.
Era solo un montato presuntuoso.
"Non prendo ordini da te" tornai a guardare quella ragazza. Mi guardava serena quasi non stesse succedendo niente, quasi lei non si rendesse conto di essere appena stata beccata da una sconosciuta a slinguazzarsi con Justin.
"Allora, chi sei?" chiesi nuovamente.
"Si chiama Sophie e comunque non sono affari tuoi" intervenne Justin. Alzai gli occhi al cielo spazientita.
Cos'è, aveva una paralisi facciale e non riusciva a parlare? Non credo visto il modo in cui gli ficcava la lingua in bocca pochi secondi prima.
"Tu stanne fuori. Sto parlando con lei" non volevo essere cattiva ma ammetto che in quel momento lo avrei preso, sbattuto al muro e picchiato fino a farlo sanguinare e pregarmi di smettere.
Non avevo mai avuto un pensiero così violento verso una persona.
Effetto Justin, suppongo.
La ragazza dai capelli rossi fece qualche passo verso di me facendomi vedere le gambe nude in tutta la loro lunghezza. Pregavo che sotto quella maglietta avesse delle mutande almeno.
"Sono la ragazza di Justin, mi chiamo Sophie" mi tese la mano accennando ad un sorriso.
La ragazza di Justin. Non so dire cosa provai, suppongo un senso di vuoto, di smarrimento, di nervosismo verso quel ragazzo che mi aveva solo mentito dicendomi di non aver mai avuto una ragazza, di non essersi mai innamorato e di non aver intenzione di impegnarsi.
"Non credevo Justin avesse una ragazza" lo fulminai con lo sguardo portandomi entrambe le braccia sotto il seno.
Lo sentii sospirare. Mi morsi il labbro non appena avvertii delle lacrime minacciare di uscire dai miei occhi, non potevo piangere, per cosa poi? Di certo non per un idiota come lui.
Non mi meritava. Mi aveva già sostituita.
Justin fece per parlare ma la ragazza lo zittì con un dito sulle labbra.
Cos'è, vuoi darmi il colpo di grazia, brutto idiota? Per fortuna che non riuscivi a resistere alle mie labbra, che saresti morto pur di baciarle. Sei solo uno stronzo.
"Non è la mia ragazza" si affrettò a dire lui spostandole la mano dal volto. Alzai le spalle. Credeva me ne importasse qualcosa? No, io non potevo stare male per lui.
"Sei libero di fare quello che credi, non mi devi nulla" gli diedi le spalle. "E' solo colpa mia, mi sono illusa come una scema" lo guardai con la coda dell'occhio affrettando il passo verso la mia stanza.
Justin scostò quella ragazza rincorrendomi.
"Ehi, no ascolta"
"No ascolta tu" gli puntai l'indice contro. "Non c'è niente da dire, okay? Ti stai costruendo una vita tua e va bene così" gli chiusi la porta in faccia lasciandolo lì di sasso, immobile con la bocca aperta.
Aprii gli occhi frastornata sentendo bussare alla porta con insistenza.
"Ariel, è quasi mezzogiorno, alzati!" gridò David dall'altro lato. Lasciai sprofondare il viso nel cuscino, non volevo alzarmi, non volevo vederlo.
"Sto arrivando" no, a dire il vero ero ancora sdraiata sul letto ma questo poco importa, almeno David se ne andò senza aggiungere altro.
Raggiunsi il piccolo bagno lavandomi la faccia con l'acqua fredda e mi sentii subito bene o forse è più opportuno dire meglio. Bene era esagerato.
Non fargli vedere che sei un disastro, Ariel. Non fargli vedere che ci sei rimasta di merda nel vederlo con quella puttana della sua ragazza.
Mi passai una mano fra i capelli abbassando la maniglia della porta prima di iniziare a camminare verso la cucina.
C'era profumo di pollo arrosto, evidenteme quel giorno avrei saltato la colazione ma a dirla tutta non avevo fame anzi, se non avessi seguito - come sempre - l'educazione insegnatami da mio padre non mi sarei nemmeno presentata a tavola.
"Buongiorno, bella addormentata" David mi prese la mano stringendomi in un abbraccio. Nathan ridacchiò spegnendo i fornelli.
"E' strano chiedertelo visto che ti sei appena alzata ma, ti piace in pollo?" ridacchiai raggiungendo i fornelli. Alzai il coperchio della pentola e respirai quel meraviglioso profumo di pollo e patate arrosto.
Non voltarti, non guardarlo. Mi dissi.
"Si, mi piace tantissimo" annuii assaggiandone un pezzo. Nathan sorrise aprendo l'anta a destra della credenza che conteneva i piatti.
I ragazzi mi raggiunsero uno alla volta nella piccola sala da pranzo dove mi ero affrettata ad entrare. Justin si sedette esattamente di fronte a me. Lo aveva fatto apposta.
"Oggi dobbiamo andare a sistemare un paio di cose in un appartamente vicino a Central Park, venite?" chiese David prendendo una bottiglia di vino dal frigo.
"Si" annuii. "Ho sempre sognato di vedere Central Park" esclamai estasiata. Avevo sentito dire fosse bellissimo e esattamente identico a com'era descritto nei libri di scrittori che ne traevano ispirazioni per storie sensazionali.
Justin alzò gli occhi al cielo sospirando.
"Non è una gita turistica" mi ammonì.
"Lo so, non sono idiota ma mentre i ragazzi se ne occupano nessuno mi negherà l'accesso a quel parco" scrollai le spalle guardandolo per appena un paio di secondi negli occhi. Non avevo paura di lui. "Che dovete fare?" chiesi rivolgendomi al biondo accanto a me.
"Oh, nulla di speciale. Dobbiamo far firmare un contratto al proprietario" alzò le spalle. Sembrava che lui e Nathan operassero sempre insieme quasi come una coppia, forse Tomas aveva notato fossero una grande squadra invece Justin non era con nessuno, per quanto dividesse l'appartamento con loro era un criminale solitario.
"Alle due partiamo" intervenne Nathan.
Annuii abbandonando la stanza, mi passai le mani fra i capelli concentrando la mia attenzione sull'orologio appeso all'ingresso dell'appartamento. Non mancava poi molto, meno di un'ora.
Raggiunsi la mia camera e mi affrettai ad entrare nella doccia, raccolsi i capelli per non farli bagnare e lasciai che le gocce d'acqua mi scivolassero lungo la pelle, erano fredde ma ne avevo bisogno, tanto da non sentire quei brividi che a una persona normale avrebbero dato.
Mi asciugai raggiungendo la mia normale temperatura corporea. Mi guardai allo specchio qualche secondo, mi stavo riprendendo dal mio arrivo. Il viso stava riacquistando colore, le guance si stavano facendo più rosee e le occhiaie per via delle poche ore di sonno erano diminuite e anche di parecchio.
"Ariel, sbrigati fra dieci minuti si parte!" gridò David dalla cucina.
Aprii le ante dell'armadio afferrando in fretta un paio di jeans aderenti lunghi, blu e una canotta colorata, mi sembra di ricordare fosse stata rosa con qualche scritta bianca. Lasciai i capelli siolti ed infilai le scarpe che avevo preso al centro commerciale con Justin prima di aprire la porta e raggiungere il soggiorno.
David afferrò le chiavi della sua macchina che mi sembrava di aver intravisto la sera prima, era grigia e abbastanza grande ma non so dire di che marca fosse.
"Guido io" disse uscendo dalla porta. Lo seguimmo uno ad uno raggiungendo i sotterranei dove un piccolo garage conteneva quell'auto, salimmo uno alla volta e malgrado i miei tentativi, mi ritrovai al centro fra Nathan e Justin.
"Non è distante vero?" gemetti preoccupata. Justin alzò gli occhi al cielo prendendo parola frenando David che cercava di rispondere.
"Se avevi paura di passare troppo tempo in macchina potevi non venire" sbuffai incrociando le braccia al petto.
"E se tu sapevi di non potermi sopportare durante il viaggio te ne saresti potuto restare a casa, non credi?" sorrisi falsamente prima di girarmi verso Nathan il quale ridacchiò.
"Sapete che c'è?" David attirò la nostra attenzione mentre accendeva la radio. "Sembrate una vecchia coppia di fidanzati" ridacchiò.
"Oh, ma per favore" Justin alzò gli occhi al cielo non calcolando minimamente le sue parole.
"Non credo, sia chiaro che Justin ha una ragazza" i due sembrarono interessati delle mie parole tanto che per alcuni secondi rimasero zitti a guardarmi con la coda dell'occhio quasi a voler capire se la mia fosse una battuta o una frecciatina verso Justin.
No, non lo era. Lui aveva la ragazza.
"Hai una ragazza, amico?" chiese Nathan voltandosi verso di lui. "Non ce ne avevi mai parlato" aggiunse.
"Tranquilli è roba di nemmeno dodici ore fa e comunque io non passerei più troppo tempo sul divano dell'appartamento" affermai.
"E perchè no?" chiese David alzando le braccia distaccandole per un attimo dal volante.
"Perchè il vostro amico e quella puttana della sua ragazza sono stati beccati dalla sottoscritta questa notte"
"Ehi, frena" Justin alzò il tono della voce guardandomi per la prima volta. "Non abbiamo fatto niente su quel divano e lo sai bene" mi puntò l'indice contro arrivando a pochi centimetri dalla mia faccia.
"Chi è?" intervenne Nathan.
"Sophie"
Il moro e David si guardarono per un nano secondo con le fronti corrucciate e i sopraccigli in contatto.
"Quella Sophie?" chiese il ragazzo di fronte a me.
"Si ma comunque non stiamo insieme" rispose Justin indifferente alzando le spalle. "E' solo una puttana" disse. Scoccai la lingua contro il palato.
"Si, certo. Una puttana che ti fa comodo" Justin sbuffò alle mie parole girandosi dall'altro lato per non guardarmi.
Era così odioso. Nascondeva l'evidenza mentendo, mentendo davanti a me.
Chi voleva prendere in giro dicendo che non stavano insieme?
"Oh, ti prego" David alzò gli occhi al cielo. "Con quella non durerai due giorni" disse.
"Non stiamo insieme, David" pensava forse gli credessi? No.
"Lei dice il contrario" intervenni in un sussurro.
"E allora?!" Justin alzò il tono della voce tanto da urlare. "Perchè la verità dev'essere quella che dice lei e non quella che dico io?!" gridò di nuovo. "Oh, aspetta. Ragazzi, Ariel a Midland ha il fidanzato" sorrise compiaciuto.
Era solo un idiota egoista.
"Sul serio?" alzò un sopracciglio David.
"Questo non c'entra niente" Justin scoppiò a ridere ma non era una risata divertita, era la risata più falsa che io avessi mai sentito.
Nathan mi prese per il braccio prima che potessi rispondere.
"Okay, basta. Sembrate due ragazzini" disse.
David annuì conferamando la sua tesi prima di parcheggiare l'auto sul ciglio di una strada. Guardò l'orologio e scese seguito da tutti noi.
"E' laggiù, aspettateci qui in giro" disse indicando un edificio ed imponente. "Mh, laggù c'è Central Park, Ariel" disse poi rivolgendosi a me.
"Perfetto" annuii ed iniziai a camminare.
Sentii dei passi dietro di me, sapevo fosse Justin - purtroppo - poichè essendo responsabile di me non poteva lasciarmi andare da sola ma sinceramente, era asfissiante averlo dietro. Mi sembrava di avere un avvoltoio o qualcosa del genere.

Il grande portone d'entrata di Central Park era immenso, d'acciaio e non appena varcata la soglia potei scorgerne la bellezza. Era un immenso parco pieno di alberi e con qualche sentiero percorso da decine di persone. Chi portava a spasso il cane, chi si fermava a leggere con la schiena contro un albero, chi stendeva una coperta sull'erba e schiacciava un pisolino e chi portava i bambini a mangiare il gelato al camioncino posto all'angolo.
Justin mi raggiunse mettendosi sulla mia destra, camminammo in silenzio imboccando la prima stradina di ghiaia. Era rilassante per quanto avessi la persona meno rilassante del mondo al mio fianco. Strano in effetti.
"Posso farti una domanda?" chiese abbassando lo sguardo sulle punte dei piedi.
"Sentiamo" annuii curiosa.
"Da quanto stai con il tuo ragazzo?" chiese. Gli avrei volentieri risposto male, a lui non doveva importare ma avevamo appena finito di litigare e forse trattenersi era la soluzione migliore.
"Dylan? Oh, noi.. due anni e qualche mese" mi strinsi nelle spalle quasi fosse stato poco tempo. Dirlo mi fece rendere conto di tutto il tempo che avevamo passato insieme. Mi sentii "vecchia", quasi fossi una di quelle ragazze prossime al matrimonio o qualcosa del genere.
"Credevo che fossi una di quelle che tiene il conto delle ore e dei minuti di fidanzamento" mi prese in giro.
"Non credo sia importante" non lo era, punto.
"Forse non lo è perchè lui non è importante per te" affermò. Corrugai la fronte.
"Che dici?" alzai le spalle. "E' il mio ragazzo, certo che è importante" aggiunsi ovvia. Il suo discorso mi sembrò ridicolo.
"Lo ami?" chiese di getto senza troppi giri di parole. Non lo sapevo, mai saputo. Mai amato, come potevo saperlo?
"Non ho mai amato nessuno, non credo di sapere cosa sia l'amore per quanto abbia letto migliaia di libri a riguardo" ammisi.
"Leggi?" alzò un sopracciglio incuriosito. "Io credo di aver letto un libro in tutta la mia vita" ridacchiò. Non mi aspettavo di certo il contrario da uno come lui.
"I libri ti portano a viaggiare con la fantasia in una sorta di mondo parallelo e per quel che mi riguarda, la fantasia è decisamente migliore della realtà" affermai alzando l'indice. Eccome se lo era.
"Perchè? La bambina non può più essere coccolata dalla mamma" scoppiò a ridere.
Il mio cuore si fermò.
"Mia madre è morta" Justin smise subito di ridere guardandomi. Socchiuse le labbra sospirando.
"Mi dispiace, non volevo. Non lo sapevo" si scusò accarezzandomi una spalla con la mano. Sospirai annuendo. Non poteva saperlo e non gliene facevo una colpa ma quelle parole facevano davvero male.
Mi mancava così tanto.
"Mi manca tantissimo" abbassai lo sguardo scacciando le lacrime. Justin mi circondò le spalle con un braccio attirandomi a se, per quanto doveva essere arrabbiato e da parte mia anche io, quel contatto fu piacevole.
Si fermò affianco ad una panchina prima di sedersi e portarmi al suo fianco senza lasciarmi andare, con quel braccio in segno di protezione a circondarmi.
"Sai, io non vedo mia madre da tre anni" disse.
"Per quale motivo?" lui sapeva della mia, perciò.
"E' una storia lunga" strinsi le labbra in una linea retta.
"Raccontamela, c'è tempo" ridacchiò passandosi le mani fra i capelli.
"Non parlo di lei, ma posso raccontarti di mio padre ". Annuii.
"In poche parole ha tradito mia madre, lo fece per molto tempo. Finalmente però si separarono, avevo quindici anni. Tornò a Stratford dove nel giro di pochi mesi trovò una nuova compagna, Eliz ed ebbe due figli. Io rimasi con mia madre ma stavo bene " non gli credevo, non poteva sul serio non soffrire, non era umano. "Avevo mio fratello Ryan con me ma anche lui si rivelò un traditore" sorrise malinconico.
"Traditore?"
"Si" abbassò per un attimo lo sguardo. "Se ne andò di casa appena compiuti sedici anni. Mi abbandonò, anche lui dopo mio padre". Ero sotto shock.
"Non avevo idea di tutto questo" riuscii solo a dire.
"Nessuno ce l'ha" ridacchiammo. Sembrò quasi che non avessimo mai litigato. "E tua madre, come se n'è andata?" sapevo che me l'avrebbe chiesto. Lui si era fidato di me, glielo dovevo.
"Ero ancora piccola per affrontare una cosa così grande, avevo compiuto solo da qualche giorno quattordici anni. Ricordo che mio padre mi venne a prendere a scuola e mi disse che dovevamo fare un salto all'ospedale. Presi mia sorella all'asilo e partimmo, come una stupida credetti fosse andata a farsi una visita ma quando arrivammo la vidi su un letto bianco, pallida, con molte - troppe - cannette addosso. Aveva un tumore al cervello e non ci fu niente da fare" sentii una lacrima rigarmi la guancia.
Justin si affrettò ad asciugarla ma ne scese subito un'altra. Mi prese il viso e me lo riempì di baci asiugandole una ad una solo con le labbra. Fu così dolce.
"Mi manca troppo" sussurrai chiudendo gli occhi.
"Lo so ma sei forte" mi baciò la fronte. Si avvicinò alle mie labbra ma si bloccò a pochi centimetri da esse, abbassò lo sguardo e sospirò ricordandosi delle mie parole alla sera del locale. "Ho il ragazzo, Justin".
"Sai, forse sono solo un'ingenua"
"A cosa ti riferisci?" corrugò la fronte.
"Continuo a credere di avere un debito verso Dylan ma non mi rendo conto che non avrà più notizie di me e che probabilmente senza accorgersene mi dimenticherà e si farà la sua famiglia ideale con un'altra" Justin sorrise annuendo.
"Probabile" annuì. Già, ero solo una scema che per tutto quel tempo era rimasta attaccata ad un ricordo ormai del passato. "E' un ragazzo, può essere il più bravo del mondo ma ci scommetto quello che vuoi che ha perso le speranze e si ritiene single" ridacchiai annuendo.
Come sempre mi sveglio sempre dopo.
"Dovrei iniziare a ritenermi anche io tale"
"Indirettamente lo sei" si strinse nelle spalle. Annuii sorridendo. Era strano dirlo o anche solo pensarlo ma dopo più di due anni di fidanzamento ero di nuovo single. "Ora sei di nuovo sul mercato" ridacchiò lui.
"Molto divertente" lo colpii al braccio facendolo ridacchiare. "Ma forse, è un punto a tuo favore" Justin alzò un sopracciglio curioso. "Perchè per quanto tu lo possa negare per il tuo fottuto orgoglio in questo momento stai morendo dalla voglia di baciarmi" mi morsi il labbro.
Justin sorrise, uno dei sorrisi migliori che io avessi mai visto.
"E' così evidente?" perchè sentii le farfalle nello stomaco? Forse perchè mi sentivo libera di provare determinate sensazioni finalmente approvata l'idea di essere single di nuovo. Annuii.
"Ma hai la ragazza" alzò gli occhi al cielo.
"Non è la mia ragazza, solo perchè abbiamo passato la notte insieme e non a fare quello che pensi tu non vuol dire che lo sia. Mi viene dietro da due anni, ogni volta che la vedo mi ferma e mi chiede quando possiamo fidanzarci" ridacchiò. "Ogni volta che qualcuno le chiede se mi conosce lei gli dice che stiamo insieme" si strinse nelle spalle.
Mi sentii una scema per aver pensato anche un solo secondo che stesse dicendo la verità.
"Mettiamo che io non ti creda ancora..." Justin fece per intervenire ma lo fermai facendogli segno di lasciarmi parlare. ".. ora sono single perciò, potrei essere io a baciarti e nessuno dei sue commetterebbe alcun peccato" le sue labbra s'incurvarono all'insù in un bellissimo sorriso.
"Allora baciami in fretta perchè sto morendo dalla voglia di baciarti in questo momento" ridacchiai allacciando le braccia attorno al suo collo. Premetti le labbra sulle sue, mi sentii bene e per la prima volta non una traditrice nei confronti di Dylan.
Non sapevo cosa provavo per Justin, mi attraeva e parecchio ma il nostro sentimento reciproco era un'incognita.
"Lo sai.." sussurrò contro le mie labbra dandomi piccoli baci a stampo. ".. mi piace il nostro rapporto" ridacchiai stringendogli il labbro fra i denti e facendolo gemere.
"E' un po' strano, non credi?" fece una smorfia riprendendo a baciarmi.
"A me piace così" mugugnò baciandomi le labbra. Solo lui avrebbe potuto baciarmi così bene. Le sue labbra erano perfette in quel gesto, erano carnose, rosee e quasi possessive - forse troppo - ma mi piaceva la cosa.
Non stavamo insieme, il nostro rapporto si concentrava su un discorso prettamente fisico. Iniziai a chiedermi se sarebbe mai andati oltre.  

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Non odiatemi, ma ultimamente ho avuto un sacco da studiare a causa de l'università, spero mi perdoniate con questo capitolo. Come sempre, spero che vi piaccia, se si, lasciate un commento o una stellina e prometto di postare il più presto possibile.

Vi va se vi propongo qualche domanda per conoscerci dal prossimo capitolo in poi?


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