Ti porterò via con me, te lo prometto.

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Sentivo la testa pesante e non appena avvertii il suono della sveglia fu come avvertire un trapano perforarmi il cervello. Mi ero scordato la sera prima di gettare quell'ammasso di ferraglia nella spazzatura, la odiavo con tutto me stesso. Mi ricordava troppo bene che quello non era altro che l'ennesimo giorno di lavoro senza contare che era già venerdì e che l'indomani io e Ariel saremmo dovuti partire per Los Angeles per quella dannata missione.

Già, Ariel.
La stessa ragazza che in quel momento mi era distesa affianco, mi presi qualche secondo a guardarla. Si stropicciava gli occhi corrugando la fronte sentendo il fastidioso rumore della sveglia, aveva i capelli scompigliati sparsi sopra il cuscino, le labbra impastate che si intrecciavano fra di loro ogni qualvolta si toccassero, le lunghe ciglia scure superiori incollate a quelle sotto gli occhi. Era bellissima però.
Non appena la vidi aprire gli occhi e mettersi seduta chiusi i miei facendo finta di dormire.
"Justin, spegni quella stupida sveglia" mugugnò lasciandosi cadere nuovamente sul cuscino. Mi mosse un braccio con la mano. "Dai, spegnila" ripeté di nuovo. Sbuffò notando che non la stavo minimamente ascoltando o per meglio dire, che facevo finta di non ascoltarla. Si allungò sopra di me portando una mano sulla sveglia facendola smettere.
Tornò alla mia destra, la vidi sfocata portare il peso della testa sul gomito iniziando a fissarmi, mi sentii in soggezione, può essere strano e ridicolo ma non amavo essere osservato a lungo.
"Sai essere bello anche quando dormi" sussurrò sfiorandomi la fronte. Amavo il modo in cui lo faceva. "Che cazzo abbiamo fatto?" sospirò. Oh, no. Si era pentita. Aspettai solo che dicesse qualcos'altro. "Non sono così diamine, non vado a letto con il primo che vedo. Ma il problema è che sei così perfetto e sbagliato allo stesso tempo da piacermi come non mi è mai piaciuto nessuno prima di adesso" sorrisi a quelle parole. Le piacevo, lo aveva detto lei.
La circondai con le braccia e la baciai cogliendola di sorpresa.
"Che bel risveglio" le sussurrai a fior di labbra. Mi guardò sorpresa per qualche secondo prima di sorridere, mi lasciò un bacio a stampo abbassando lo sguardo.
"Da quanto sei sveglio?"
"Da abbastanza tempo per aver sentito che ti piaccio e parecchio" ridacchiai fiero. Ariel arrossì facendomi ridere ancora di più, era divertente l'effetto che le facevo ma credo in realtà lei lo odiasse.
"Sei tremendo" disse dandomi un colpo al petto. Ridacchiai, non mi faceva effetto sentirmi dire certe cose da lei, mi avevano detto di molto peggio infondo, soprattutto quand'ero in carcere. "Credevo dormissi" aggiunse alzando un braccio al cielo.
"Lo so" sorrisi facendole alzare gli occhi al cielo.
Mi feci serio, dovevamo chiarire subito un po' di cose.
"Ehi" richiamai la sua attenzione mettendomi seduto con la testa contro la spalliera a guardarla. "Ariel, è stato solo sesso, vero?" chiesi timoroso. Non volevo illuderla, io non avrei mai amato e non doveva credere di essere lei sbagliata. Ero solo io ad essere troppo complicato.
"Suppongo di si" annuì dopo un attimo di smarrimento.
"Il fatto è che non ho mai avuto una relazione seria, non credo di essere pronto" spiegai. Ariel annuì ma so per certo che lo fece solo per convincersi delle mie parole, io non mi meritavo una ragazza come lei.
"La mia domanda è se lo sarai mai" sussurrò abbassando lo sguardo.
Allora fui io a sbuffare.
"Si, quando troverò quella giusta credo me ne accorgerò" annuii. Non ne avevo la certezza ma mi piaceva crederlo. Era lei quella giusta? Non lo so.
"Credi all'amore a prima vista?" chiese alzando un sopracciglio.
"Non credo nell'amore e basta. Perchè, tu si?" non mi era mai parsa una ragazza troppo romantica o qualcosa del genere.
"Si, ne sono convinta" alzai un sopracciglio. Non poteva credere a qualcosa che non aveva sperimentato quindi, o stava impazzendo o si era innamorata.
"Oh, sei innamorata?" sospirò prima di ridacchiare. A me non faceva ridere la cosa, affatto.
"Credo di si" serrai le labbra. Lo disse con così tanta spensieratezza che cavolo, mi sentii una vera merda accanto a lei. Così inferiore, così inutile per la sua vita, lei era innamorata, cosa ti aspettavi, Justin? Non avrebbe aspettato te e le tue fisse mentali contro l'amore per sempre. Ma, non riuscivo allora a capire perchè non mi avesse fermato quella sera, perchè si era lasciata andare.
"Chi è? David?" poteva essere solo lui.
"Oh, no" respirai levandomi un peso. "Non lo conosci" aggiunse stringendosi nelle spalle.
Non lo conoscevo quindi, doveva essere uno di Midland.
Magari il suo ex, quel Dylan - anche se ero certo se ne fosse finalmente fatta una ragione - o un suo vecchio amico, magari compagno di liceo che improvvisamente si era accorta di amare. Ma allora per quale cavolo di motivo era venuta a letto con me?
Non glielo chiesi però perchè non avrebbe avuto senso.
Perchè io ero andato a letto con lei?
Ecco, appunto. Non c'erano spiegazioni valide, era successo e basta. Per lei doveva essere la stessa cosa.
Ariel si alzò dal letto camminando a passo lento verso la porta del piccolo bagno che avevo fatto fare dagli uomini di Tomas nella mia camera. Mi morsi il labbro, era così eccitante. Indossava solo la mia maglietta che le arrivava appena sotto il fondoschiena, credo indossasse i suoi slip sotto ma, restava comunque provocante al massimo.
Si sciacquò il viso con l'acqua del rubinetto prima di tornare a guardami non appena si accorse che la stavo fissando.
"Che c'è?" corrugò la fronte.
C'è che sei perfetta.
"Niente" scrollai le spalle infilandomi un paio di pantaloni lasciati dal giorno prima sullo schienale della sedia. "Vado a preparare la colazione" annuì e la lasciai sola.

I ragazzi erano tornati verso le cinque del mattino perciò non si sarebbero alzati prima di mezzogiorno. Nella mattinata avrei dovuto portare Ariel al centro di allenamento, il pomeriggio non avevo programmi ma sapevo che ci saremmo dovuti preparare un borsone a testa per quel viaggio.
Aprii il frigolrifero prendendo due uova dal piccolo contenitore trasparente, le lasciai scivolare sulla calda superficie della padella come mi aveva insegnato Ariel mescolandole con un cucchiaio. Presi due fette di bacon e le aggiunsi sulla padella bollente mentre la caraffa di caffè era già pronta al centro del tavolo.
Ariel sbadigliò entrando in cucina, si passò una mano fra i capelli e andò a sedersi su uno degli sgabelli.
Iniziò a mangiare in silenzio.
"Justin?" attirò la mia attenzione prima di portarsi la forchetta con un pezzo d'uovo alle labbra. "Promettimi che mi porterai fuori al ristorante mentre saremo a Los Angeles" disse alzando lo sguardo su di me.
Ridacchiai.
"Non cucino abbastanza bene per te?"lei alzò gli occhi al cielo.
"Qui cucina sempre Nathan e alla grande ma per quel che mi riguarda tu non sai fare più di due uova strapazzate" osservò puntandomi contro la forchetta. Ridacchiai annuendo.
"D'accordo, te lo prometto" sorrise soddisfatta tornando a mangiare. "Preparati per le nove, andiamo ad allenarci" dissi portando il piatto nel lavello. Ariel annuì raggiungendomi.
Notai un leggero rossore sulle sue guance.
"Che c'è?" chiesi accarezzandole un braccio con la mano. Alzò lo sguardo su di me e sorrise ma quel rossore non la lasciò per un solo secondo.
"Pensavo a questa notte, è imbarazzante adesso" ridacchiò sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio. Altrochè se lo era.
"Sei ti può aiutare, è stata la miglior nottata della mia vita" dalle sue labbra uscì una risata isterica, mi colpì al braccio abbassando lo sguardo. Io non mentivo però, era stata davvero la miglior nottata della mia vita.
Mi diede le spalle sistemando uno strofinaccio dentro il primo cassetto del mobile della cucina. Era così bella e provocante, cazzo.
Le presi i fianchi accarezzandole la schiena, rabbrividì prima di inclinare la testa verso sinistra e chiudere gli occhi. Sorrisi e presi a baciarle il collo, sapeva di fragola come le sue labbra, amavo le fragole. Le strinsi la pelle fra le labbra inalando il suo profumo.
"Dico sul serio, Ariel" le sussurrai all'orecchio prima di lasciarle un bacio sopra. "E' stato magnifico" sorrise facendo sfiorare le dita della sua mano con le mie.
"Anche per me" annuì lasciandomi un bacio sulle labbra. Vi sorrisi sopra.
Le era piaciuto. Speravo tanto quanto era piaciuto a me.
Le strinsi il labbro inferiore fra i denti facendola gemere, le presi le cosce alzandola sopra il ripiano d'acciaio e mettendomi in mezzo con il bacino. Ci baciavamo con dolcezza ma allo stesso tempo con aggressività come se tutto ciò da un momento all'altro potesse sparire.
"Non ha senso che continuiamo a baciarci, te ne rendi conto?" chiese distanziandosi di qualche millimetro.
Sospirai, non deve sempre avere tutto un senso.
"Lo so ma, tu riusciresti a non farlo?" mi guardò negli occhi inizialmente seria prima di lasciarsi andare ad un sorriso. Nessuno sarebbe mai resistito alle labbra dell'altro, lo sapeva anche lei.
"Credo di essermi ammalata" sussurrò baciandomi dolcemente le labbra. "Di te" aggiunse alzando gli occhi sui miei. Sorrisi.
"Allora è una malattia contagiosa" ridacchiammo. Ariel annuì prima di essere di nuovo catturata nella morsa delle mie labbra.
Non avevo mai baciato nessuna con tanto piacere di farlo. Non baciavo per secondi fini, baciavo per il puro piacere del momento.
"Se ci vede qualcuno?" continuai a baciarla, erano troppo buone quelle labbra per non baciarle a lungo.
"Correrò il rischio" sorrise stringendomi il labbro fra i denti.
Le accarezzai le schiena, le gambe, i fianchi e tutto con la stessa leggerezza, con la stessa armonia, le nostre labbra sembravano conoscere perfettamente i passi di quello stesso ballo che stavano facendo insieme.
Gememmo entrambi non appena le nostre lungue entrarono in contatto e il bacio divenne meno casto.
"Se a poche stanze da qui non ci fossero i ragazzi.." le baciai il collo, la clavicola sentendola gemere ".. ti spoglierei in questo preciso momento" sorrise abbassando il viso all'altezza del mio.
Era passato così poco da quel profondo contatto fra i nostri corpi ma avevo un bisogno assassino, una voglia letale di sentirlo di nuovo.
Riprendemmo a baciarci quasi fosse passato troppo tempo dall'ultima volta.
Ci comportavamo come due fidanzati ma non lo eravamo, credo fossimo semplicemente troppo attratti l'uno dall'altro per starci lontano.
Ariel passò le mani sul mio petto, sulla mia schiena dove in quella notte di fuoco aveva impresso le unghie tante volte. I graffi bruciavano ma non mi importava niente.
"Scusa per questa notte" sussurrò massaggiandomi le spalle. "La tua schiena sarà a pezzi" ridacchiai.
"Tranquilla, principessina" era da un po' che non la chiamavo così. "Lo rifarei altre mille volte per rivivere questa notte" arrossì sorridendo.
Eravamo così sbagliati insieme da essere giusti.
Ariel mi sorpassò imboccando il corridoio guardandomi appena con la coda dell'occhio, entrò nella sua camera e sentii l'anta del suo armadio sul fondo della parete cigolare, doveva essere andata a cambiarsi.
Corsi in fretta verso la sua stanza bussando alla porta. Stava scegliendo tra i vestiti appesi quale indossare quando si girò curiosa verso di me.
"Sai cosa, non andiamo ad allenarci oggi" alzò un sopracciglio "Ti voglio portare in un posto speciale, ti aspetto di la e.. porta il costume" fece per chiamarmi ma non la calcolai. Chiusi la porta dietro le mie spalle e tornai in salotto.
L'avrei portata al mare quel giorno.

Ariel's point of view.

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