XIV.

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-Dove vai?- gli chiedo.

Accendo la luce sul comodino.

Si sta vestendo. E, Merlino, sono ancora le 4:13 del mattino.

Fa il giro del letto e mi stampa un bacio sulla fronte.

-Ti vengo a prendere quando finisci il turno in reparto. Non aspettarmi per pranzo.-

E va via così.

Mi sdraio di nuovo.

Fisso il soffitto del nostro (suo) appartamento di Sherrington Road.

Abbiamo passato gli ultimi sette anni, qui.

Sette anni di vita insieme.

Ma da qualche giorno a questa parte, si comporta in modo strano.

Esce di casa molto presto, rincasa tardi.
Molte volte, è assente e misterioso.

Ho paura.

Lo ammetto. Ho paura che non mi ami più.
Ho paura che si sia stancato di me, della nostra vita.

Mi alzo da letto. Tanto ormai non riesco a prendere sonno.

Mentre preparo il caffè mi rendo conto che la sua giacca è ancora qui.

Dio. No. Non devo, non posso.

Pian piano mi avvicino alla sua giacca. Mi guardo intorno. Anche se so che non c'è nessuno, mi sento comunque una criminale.

Rovisto nelle tasche, ma non trovo niente, fino a che non trovo un biglietto da visita.

Bianco, senza indirizzo o altro. Solo un nome ed un numero di recapito.

Alexandra.

Una donna.

La macchinetta del caffè suona. La chiudo distrattamente, e lascio scivolare di nuovo il biglietto nella tasca.

Mi allontano dalla cucina, sentendomi improvvisamente mancare l'aria.

Ho bisogno di correre.

Mi vesto velocemente ed esco che ancora le luci della strada sono accese mentre l'alba sta nascendo.

Scorpius.

Non puoi aver fatto questo.

Ricaccio indietro le lacrime, mentre corro per i marciapiedi che costeggiano la mia vecchia università di Oxford.

Sento le gambe indurirsi per lo sforzo, ed i polmoni faticare un casino.

Ma non ci faccio caso. Ho solo un pensiero fisso in mente.

Ragiona Rose. Pensa. Non puoi basarti solo su un biglietto di carta.

Deve esserci qualcosa sotto.

Eppure non riesco a non pensare che Scorpius mi stia nascondendo qualcosa di importante e molto grande.

Torno a casa, e mi faccio una doccia. Non riesco nemmeno qui a fare a meno delle mie elucubrazioni mentali.

Arrivo in reparto alle otto precise.

Ho un intervento di chirurgia toracica tra venti minuti.

Saluto velocemente i miei colleghi dell'ospedale di Oxford e mi dirigo in galleria a lavarmi.

Il tempo per lavarsi deve essere di almeno due minuti, ma io ho sempre l'abitudine di cantare una canzone babbana che mi fece ascoltare proprio Scorpius qualche anno fa.

«I don't believe that anybody
feels the way I do
about you now.
And all the roads we have to walk
are winding,
and all the lights that lead us there
are blinding.
there are many things that I
would like to say to you
but I don't know how...
Because maybe
You're gonna be the one that
Saves me
and after all
You're my Wonderwall!»

Meant to Be.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora