Capitolo 1 - Nero

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Quegli occhi, neri come la pece e freddi come l'inverno, lo osservavano da ormai otto anni. Già il suo primo giorno ad Hogwarts, seduto al tavolo di Grifondoro per la prima volta, li aveva sentiti addosso e fin da quel tempo si chiedeva cosa avesse da guardarlo in modo truce quell'uomo che non parlava mai con nessuno, che evitava con il suo abbondante mantello nero qualsiasi contatto umano, che sfiorava con quelle mani abilmente la bacchetta e i calderoni ma che mai aveva visto tendersi in un gesto gentile.
Il ghigno beffardo che rendeva detestabile quel viso, i capelli neri, lunghi e mal curati, il mantello che copriva ogni parte del suo corpo, dal collo ai polsi, fino ai piedi, coperti da pesanti stivali dell'unico colore che sembrava esistesse per quell'essere umano, si affiancavano al carattere che non si distaccava per nulla da quel contorno scuro.

Nero, era decisamente il colore del suo umore ogni singolo istante di quegli otto anni.

Nessun ragazzo che fosse entrato ad Hogwarts avrebbe potuto provare emozioni diverse dalla paura e dal disgusto, nell'incontrare quel professore. Nessuno desiderava stargli vicino, nessuno osava oltrepassare quella distanza di sicurezza che egli stesso aveva silenziosamente imposto.
Non aveva mai detto una parola gentile o di conforto verso nessuno, almeno non verso alcuna persona che potesse testimoniarlo, da quella bocca tesa in segno di disgusto uscivano solo provocazioni, punizioni, insulti.
L'ex Mangiamorte portava con sé quell'aura di oscurità che faceva pensare che tutta la luce gli fosse stata portata via e in lui erano rimasti solo disprezzo e rabbia verso ogni essere vivente.

Eppure, da quando aveva scoperto ogni verità di quell'uomo nero, Harry Potter non riusciva più a vedere malvagità nel suo sguardo, non più desiderio di vendetta, ma solo tristezza. Una tristezza che si era insediata nel cuore dell'uomo e non era mai più andata via, come quelle ferite provocate dai rimorsi, che bisogna trascinarsi dietro per tutta la vita. Una tristezza che si era trasformata in stanchezza e desiderio di porre fine a tutte quelle sofferenze che una vita intera non era bastata a mandare via.
E ciò che lo sorprendeva di più era che quelle confessioni gliele aveva lasciate lui, di sua spontanea volontà, nel momento in cui pensava di essere sul letto di morte.

Ma Severus Snape non morì in quella battaglia, né in infermeria durante i due lunghi mesi che aveva passato in coma mentre il suo corpo lottava contro quel veleno mortale.
In quei sessanta giorni e più Harry non riuscì a sperare altro che quell'uomo che aveva tanto detestato, quel Mangiamorte che aveva ucciso Silente e gli aveva fatto versare lacrime amare di rabbia e odio, guarisse del tutto.

- Professore - disse sul finire dell'ultima lezione della mattina, all'inizio del nuovo anno scolastico, inspirando più forte per cercare di trattenere tutto quel coraggio Grifondoro che aveva avuto contro Voldemort e che ora sembrava venir meno.
- Sì, Potter? - rispose senza guardarlo l'ex professore di Pozioni, intento a scrivere chissà che cosa sulla pergamena, con quella piuma che quasi non sfiorava con le mani.
- Avrei bisogno di parlarle.
Severus Snape alzò lo sguardo, incrociando per la prima volta dopo tutto quel tempo i due occhi verdi che conosceva bene e posò la piuma, sistemando le mani sulla pergamena. Sapeva benissimo cosa Potter volesse dirgli, lo aspettava da mesi e aveva deciso che niente avrebbe potuto solcare il muro dell'indifferenza che si era costruito.
- Mi parli dunque.
Harry aspettò che tutta la classe fosse fuori dall'aula e con la bacchetta chiuse la porta. Lo sguardo del professore si accigliò leggermente, senza tuttavia mostrare segni di preoccupazione.
Era la prima volta che riusciva a parlargli dopo la battaglia, non sapeva nemmeno lui cosa dire, ma voleva, doveva parlargli.
Da quando aveva visto quei ricordi non riusciva più a pensare a lui solo come all'ex Mangiamorte che per anni aveva detestato. Quell'uomo che lo aveva protetto per tutta la sua vita in segreto, per lui era quanto più vicino a un padre avesse mai avuto.
- Lei davvero ama ancora mia madre, dopo tutto questo tempo? - disse in un soffio, per togliersi quella domanda dalle labbra come se gli bruciassero.
Il volto del professore ebbe un tremito, allargò leggermente le labbra, in segno di stupore e raggelò il ragazzo con gli occhi bui. Strinse i pugni, ma non mostrò vergogna, né imbarazzo.
- So bene cosa le ho fatto vedere della mia mente, Potter. E penso sia stato un grosso sbaglio.
- Non avrei mai saputo tutto quello che ha fatto per me, signore.
- Per lei. Solo per lei. - disse quasi in un sussurro, quasi a se stesso, mentre abbassava lo sguardo sui fogli che aveva sulla scrivania. Chiuse gli occhi, per mandare giù quel dolore ancora troppo fresco.
- Mi sa che deve aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti di circa diciotto anni fa. Mia madre è morta, lei ha salvato me, ha protetto me. È grazie a lei se io sono qui a parlarle. - disse a voce alta, quasi urlando, Harry.
- Altro grosso sbaglio. Si vede che sto perdendo colpi. - rispose continuando a ignorare il ragazzo.
Harry si aspettava una reazione diversa.

Note dal firmamento - SnarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora