Capitolo 17

2.7K 106 0
                                    

Passò un pò di tempo e James era ancora seduto vicino a noi. Non aveva smesso di bere per tutto quel tempo. Era ridotto davvero uno straccio.
Tutto quell'alcool intorno a me. Tutto quell'odore che sentivo, mi ricordavano un mucchio di cose.
Mi irrigidii a quei pensieri.
Mi si stava creando un peso sul petto. Sentivo il bisogno di piangere. Di cacciare fuori quell'odio che avevo verso quella persona che aveva distrutto tutto: mio padre.

«Vuoi da bere?» mi domandò James bevendo l'ultima goccia che conteneva il suo bicchiere.
Serrai la mascella. Venne a sedersi accanto a me ed Avril mi lanciò un occhiata per avvertmi di stare attenta.

«No, James, io non bevo. Esco a prendere un pò d'aria.» dissi e feci per andarmene. Quell'odore di alcool mi ricordava troppo. Mi ricordava di quell'odore che mio padre portava sempre addosso.

«Vuoi che venga con te?» scossi la testa a James e raggiunsi la porta accompagnata da Avril.

«Vorrei stare un pò da sola.» le dissi, lasciandola all'ingresso. Appena ero uscita, l'aria fresca, pulita, m'investì di colpo, in pieno petto. Ispirai quell'aria nei polmoni e andai a sedermi in un angolo del giardino. Dove non c'era nessuno. Solo alcuni ragazzi appena dietro l'angolo.

Passò una mezz'oretta prima che «Emily!» sentii una voce chiamarmi da non molto lontano. Alzai lo sguardo e vidi James. Mi aveva seguito. Barcollava e non si reggeva quasi in piedi. Era appoggiato al muretto del giardino e solo in quel modo riusciva a reggersi senza perdere l'equilibrio. Era ridotto davvero male. Molto male. Ed era normale, dopo tutto quello che aveva bevuto fino ad allora. Non potevo immaginare fino alla fine della festa quanto ancora avrebbe bevuto.

«Emily.» sussurrò ancora venendo verso di me. Si avvicinò a tal punto che fece sfiorare due delle sue dita sul mio viso. Istintivamente mi alzai e feci un passo indietro. Lui rise e continuò però ad avvicinarsi, piazzandosi proprio davanti a me. Era sempre più vicino. Mollò poi la presa dal muretto e si appoggiò sulle mie spalle per reggersi. Rideva. Aveva gli occhi serrati. La luce del piccolo lampione dietro alle mie spalle gli dava fastidio e respirava molto affannosamente. Di colpo premette le sue labbra sulle mie, senza che ebbi il tempo di accorgermene. Sbarrai gli occhi. Tentai di spingerlo via, ma non avevo abbastanza forza per farlo. Allora riprovai, lo spinsi più forte che potevo e lui barcollò all'indietro. L'alcool gli aveva davvero dato alla testa. Continuò invece a ridere, come se non fosse successo nulla e tentò ancora una volta di avvicinarsi a me, io però mi allontanai in fretta da lui.

«Dai, torna qui. Dove stai andando?» lo sentii esclamare da poco lontano. Raggiunsi di nuovo l'entrata della casa e lui cominciò a seguirmi. Mi stava dietro.

«Non scappare da me. Cosa c'è? Stai correndo dalla tua mamma, hai paura di me? Lasciala perdere e vieni qui. Se è bella come sua figlia però voglio conoscerla. Fammi questo piacere di presentarmela. Oh è vero, che peccato, lei è morta.» disse. Mi salirono le lacrime agli occhi. Non doveva nominare mia madre. Non ne aveva il diritto. Mi girai verso di lui e lo guardai male, poi corsi in casa per seminarlo. Scorsi Jackson in un angolo con una ragazza, la stava baciando. Quello che provai in quel momento nel vederlo baciarla mi spiazzò completamente. Non mi ero accorta di essermi fermata a guardarlo, lui si accorse che lo avevo visto e si stacco dalla ragazza immediatamente. Arrivai di corsa alle scale, mi feci spazio tra i ragazzi e iniziai a salirle velocemente. Trovai il bagno, quasi subito. Fortunatamente non era occupato. Ci entrai e chiusi la porta, girando la chiave. Le lacrime uscirono dai miei occhi senza che ebbi modo di contenerle, prima ancora di scivolare giù, lungo la parete. Non sarei dovuta andare a quella festa. Poco dopo sentii la maniglia della porta muoversi, per varie volte. La persona dall'altra parte di essa iniziò a bussare con insistenza vedendo che io non aprivo e continuò ancora a bussare per diverse volte. Doveva essere sicuramente James, pensai. Prima mi stava seguendo.
Non sapevo davvero cosa stava cercando di fare, perchè mi aveva baciata. Ma poi ancora una volta ricordai che era a causa dell'alcool. Il troppo alcool. Continuò a bussare insistentemente alla porta e decisi di aprire. Non volevo scappare da lui, solo volevo evitare cose spiacevoli, lui non era cosciente, era ubriaco. Mi asciugai le lacrime e mi alzai dal pavimento freddo del bagno.

«Un attimo che arrivo. Sto aprendo.» urlai. Rigirai la chiave e tirai verso di me la porta per aprirla. Mi bloccai non appena vidi quei due occhi di fronte a me. Due occhi azzurri che io non riuscivo a dimenticare, a togliermi dalla testa, occhi che avevo stampato nella mia mente.
Mi si fermò il cuore. Non mi aspettavo di vedere lui, Jackson. Cercai di oltrepassarlo per uscire dal bagno, ma lui mi bloccò, afferrandomi per un braccio.

«Stavi piangendo?» mi chiese. Sembrava preoccupato per me. Ma non poteva essere come pensavo. Non poteva davvero essere preoccupato. Non per me. Non per la persona che lui odiava.

«Lasciami, Jackson.» dissi in un sussurrò, ancora con la voce tremante per le lacrime di poco prima. Cercai di tirarmi via dalla sua presa, ma lui non sembrava voler mollare il mio braccio. Non voleva lasciarmi andare. Con l'altra mano cercai invece di asciugarmi meglio il viso bagnato, per eliminare ogni traccia delle lacrime.

«Dimmi cos'è successo. Perchè stavi piangendo? Ti ho visto correre per le scale poco fa.» sembrò bramare la mia risposta. Ed era bravo a fingere. Davvero bravo. I suoi occhi azzurri mi guardavano attentamente attendendo la mia risposta.

«Non è successo nulla. Non chiederlo come se ti importasse qualcosa di me e tieni, questa è tua. Non ho fatto caso di averla indossata. Mi dispiace se non te l'ho restituita prima.» iniziai a sfilarmi la sua felpa dal braccio in cui la sua mano non mi tratteneva. Anche se contro voglia. Sopra di essa si sentiva ancora il suo profumo e non volevo ridargliela, ma dovevo. Era sua, non mia.

«No, tienila. Sono stato io a dartela e voglio che tu la tenga.» bloccò il mio gesto, fermando il mio tentativo di toglierla. Ed io diedi retta alle sue parole come se fossero un comando. Rinfilai la felpa e la tenni per me. Conteneva il suo profumo ed a me piaceva. Era diventato ormai il mio profumo preferito. Il profumo più bello che io potessi mai sentire. La indossavo sempre in camera. A volte anche quando dormivo. Era davvero molto calda ed era grazie al suo profumo, al profumo di lui che a volte riuscivo a dormire senza avere degli incubi. Era proprio come se lo avessi accanto a me. Come se Jackson fosse accanto a me quando la indossavo.

«Va bene, la terrò, ma lasciami andare adesso.» insistetti e lui finalmente sciolse la presa e lasciò andare il mio braccio, ma anche se volevo andare via, i miei piedi non rispondevano ai miei comandi. Jackson si posizionò davanti a me, per non lasciarmi libero il passaggio.

«Emily, ascoltami! Mi dispiace.» cominciò. Sembrava davvero dispiaciuto. I suoi occhi me lo dicevano, quasi lo urlavano.

«Non perdere tempo a scusarti Jackson, tu mi odi, anche se non ti ho fatto nulla, tu mi odi, lo so, lo hai detto esplicitamente a Stiles in camera quel giorno. Ma va bene così. Non voglio cambiare le cose. Ora però lasciami in pace. Voglio solo tornare al dormitorio, torna pure da quella ragazza.» bloccai subito le sue parole con le mie. Dentro avevo un unico bisogno. Quello di tornare nella mia stanza. Di tornare al dormitorio, lasciare quella festa e andarmene da quella casa, subito. Lui mi guardò insistentemente per un pò. Il suo sguardo era penetrante, profondo. Poi sospirò. «Non è come pensi e no  mi interessa nulla di quella ragazza, ma comunque è buio adesso, non puoi andare in giro a quest'ora, non da solo, almeno lascia che io ti accompagni.»

«No, Jackson. Tornerò da sola o mi lascerò accompagnare da Scott o da uno dei ragazzi.» dissi e andai via senza guardarmi indietro. Prima che lui avrebbe avuto modo di ribattere. Sentivo però il suo sguardo bruciarmi addosso, ma lasciai perdere, anche se difficilmente. Anche se sentivo come qualcosa che mi attirava verso di lui. Era impossibile come era diventato tanto importante per me.

You Found Me [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora