Capitolo 28

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Mi svegliai tra le sue braccia quella mattina, con ancora la testa poggiata sul suo petto. Gli fissai le palpebre nell'attesa che rilevassero i suoi meravigliosi occhi. Gli accarezzai leggermente il viso, le guance e feci scorrere la mia mano su ogni suo lineamento. Il suo respiro caldo mi solleticava la mano. Premetti le mie labbra sulle sue bisognosa di esse. Mugolò qualche parola e mi attirò a sé per la maglietta, stringendomi forte contro di lui.

«Baciami ancora.» mi ordinò, quando stavo per allontanarmi dalle sue labbra, non appena i suoi occhi si aprirono. Fece scorrere la sua lingua dentro la mia bocca e mi adagiò una mano sulla fronte.

«Non sei più bollente come ieri sera.» disse scostandosi da me per guardarmi. «Come ti senti?» mi chiese poi.

«Molto meglio.» gli lasciai un ultimo bacio e mi alzai. Iniziai a vestirmi. Le lezioni sarebbero cominciate tra meno di un'ora. Sentivo il suo sguardo puntato su di me, mentre infilavo i miei jeans neri.

«Non fissarmi in quel modo.» dissi completamente in imbarazzo. Ero sicura di essere arrossita.

«Perchè non dovrei?» detto questo si alzò e mi raggiunse. «La mia ragazza è bellissima ed io la guarderò ogni qual volta voglio senza mai stancarmi. Sei bellissima, e sei mia.» soffiò a pochi centimetri dalle mie labbra, con sguardo serio. Fu lui ad allacciarmi la camicia che avevo appena infilato, un bottone alla volta mentre continuava a lasciarmi infiniti baci sul viso, in tutti i punti possibili.
Sorrisi. Quando arrivò a baciarmi le labbra morse il suo labbro inferiore.

«Su, muoviti.» dissi. «Vestiti anche tu, altrimenti faremo tardi alle lezioni.» lui sbuffò, contrariato e riallacciò i bottoni della mia camicia che avevo appena aperto per scoprire un pò il collo, così come facevo di solito.

«Oppure potresti tornare a letto con me, ieri non stavo bene.» sussurrò speranzoso, riabbottonando i bottoni della mia camicia. Scossi la testa, slacciando ancora un volta i primi due bottoni.

«Non ci pensare minimamente. Allaccia tutta la tua comincia. Altrimenti non uscirai di qui per andare a lezione.» esclamò in tono di sfida. Il suo viso era serio e fu inevitabile sorridere.

«Emily non c'è nulla da ridere. Dico sul serio, veramente. Riabbottona quella maledetta camicia.» a quelle sue parole scoppiai in una fragorosa risata. Non riuscii a trattenermi. Recuperai la mia borsa da terra e in un attimo fui fuori dalla stanza, senza dargli modo di ribattere, dopo averlo lasciato infuriato lì dov'era. Svoltai l'angolo con ancora un sorriso stampato sul volto, quando venni scaraventata contro la parete, in un angolo in cui non sembrava passare nessuno. Il colpo ricevuto alla schiena mi fece tossire e tremare i muscoli delle gambe.

«Emily! Ti avevo avvertita più e più volte di stargli lontano e tu cosa diavolo fai? Ti fai spostare nella sua stanza!» gridò James. Aveva un espressione che non prometteva nulla di buono. Mi afferrò per un braccio, stringendolo davvero troppo forte e il suo sguardo era minaccioso. «Credevi di sbarazzarti di me in questo modo con l'aiuto dei tuoi amici, ma non è così.» la sua presa aumentò.

«Lasciami andare, mi stai facendo male.» dissi ma venni subito zittita da un suo pugno che mi colpì in pieno viso. Sentii il sapore di sangue nella mia bocca e mi investì quella sensazione di paura che non provavo più ormai da molti anni. Nessuno mi aveva più dato un pugno dopo mio padre.

«È solo colpa tua e di tua sorella.» le sue grida mi fecero spaventare ed un pugno colpì il mio viso facendomi cadere a terra. Mio padre mi afferrò per l'orlo della maglietta e mi rialzò tenendomi alla parete. Mi spintonò e colpì il mio viso ancora una volta. Ormai ero sottoposta ogni sera a tutto quello, ogni singola sera che rientrava a casa dopo aver bevuto.

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