Capitolo 9

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Le cose vanno sempre come devono andare.
Destino. Coincidenze. Scelte.
( Charles Bukowski )
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Derek's POV

Mi guardo intorno scrutando minuziosamente le pareti scialbe e inespressive di questa cucina mentre mia madre poggia sul tavolo le varie pietanze. Non riesco a sentirmi a casa all'interno di queste quattro mura nonostante ci abbia trascorso gran parte della mia vita. Non mi suscita alcun tipo di emozione così come non mi trasmettono nulla le foto appese in giro per la casa. Foto che ritraggono me e i miei genitori insieme a qualche evento importante con un sorriso ingannatore stampato sul volto giusto per trasmettere alle persone l'idea che fossimo una famiglia felice. In realtà eravamo tutto, tranne che felici ma i miei genitori hanno sempre cercato di nascondere i loro disagi coniugali dietro la loro prestigiosa carriera professionale.

<<Come mai siete tornati?>> chiedo agguantando una fetta di pane.
<<Domani sera abbiamo organizzato una cena importante con i coniugi Harris>> risponde mio padre in tono conciso dopo essersi pulito attentamente l'angolo della bocca da un pizzico di salsa. Gli lancio uno sguardo interrogativo non comprendendo l'importanza di questa cena tanto da farli ritornare dall'altra parte del mondo e sopratutto chi siano questi Harris.
<<Il Sign. Harris è il tuo avvocato...di conseguenza dovrai esserci anche tu domani>>
<<Fantastico. Prevedo già che sarà una serata molto divertente>> borbotto guizzando il mio sguardo in direzione di madre che continua a mangiare incurante. Ogni qualvolta affrontiamo il discorso processo lei si aliena,  senza intromettersi nei continui battibecchi che dominano il rapporto con mio padre. Tenta di sfoggiare un atteggiamento impassibile e indifferente ma so che in realtà questo argomento rappresenta per lei una fonte di sofferenza. Lo capisco da quegli occhi blu privi di luce e contornati da qualche ruga.
<<Vedo che sei molto perspicace figliolo>> sghignazza mio padre cercando di tirar fuori il suo lato ironico inesistente e contribuendo ad aumentare soltanto la mia irritazione per quel nomignolo affettuoso.

Sbuffo seccato portandomi una mano tra i capelli. Nonostante il pranzo preparato da mia madre sia squisito mi è totalmente passata la fame e non vedo già l'ora di tornare nel mio sudicio appartamento. Questa casa non mi appartiene così come non mi appartiene quel "figliolo"

<<Sarà soltanto una cena. Non durerà molto> interviene mia madre con la sua consueta dolcezza mentre liscia accuratamente il suo tubino costoso. Il suo tono pacato e docile consente di far dissolvere leggermente la mia angoscia.
<<Va bene>> concedo rassegnato non avendo altre vie di fuga in questo dannato labirinto, <<ma porterò una persona con me>>

<<Chi? Il tuo amico? Jones?>> chiede mio padre continuando a mangiare soddisfatto e senza accorgersi dell'espressione di ribrezzo che si è delineata sul mio volto.
<<È James>> lo correggo stizzito, <<Comunque no. Una ragazza>> ammetto titubante.

A quelle parole i miei genitori saettano i loro sguardi curiosi nella mia direzione. Mio padre è particolarmente sbalordito da questa confessione e posso notare un discreto sorrisetto prendere vita sul suo volto caratterizzato dalla barba perfettamente curata e leggermente brizzolata.

<<La mia ragazza>> preciso in tono conciso.

Gli occhi di mia madre puntati dritti nei miei sono solcati da una scintilla di contentezza e le sue labbra secche si schiudono in un sorriso autentico mentre si sistema una ciocca dietro l'orecchio. Aveva già sospettato qualcosa quando le avevo chiamato per ricevere consigli sul regalo e nonostante mi avesse asfissiato con le sue domande impertinenti non sono sceso nei dettagli. Ero totalmente incapace di comprendere quello che mi stava succedendo, di trovare una giustificazione razionale alla marea di emozioni che mi assaliva violentemente anche solo quando la pensavo.

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