Capitolo 7

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Tutto passa.
Ma non certe emozioni.
Non certe intese.
Tornano.
Bussano.
Insistono.
Resistono.
A tutto
Anche alla ragione.
( De Pascalis)
*****

Prendo posto sul letto poggiando le spalle allo schienale mentre Derek si siede vicino a me. Faccio un respiro profondo e mi preparo psicologicamente ad ascoltare ciò che deve dirmi. Ho paura che ciò che potrebbe confessarmi mi farebbe ancora più male e in questo momento non riuscirei a reggere altra sofferenza ma mi prendo di coraggio e attendo che inizi a parlare.

Mi osserva dritto negli occhi rendendo il tutto più difficile da sopportare. Sono sempre stata attratta dal suo sguardo, da quegli occhi che sembrano esprimere così tante emozioni ma che vengono costantemente celate del suo comportamento. Quegli occhi sono sempre stati in grado di consumarmi e anche adesso continuano a provocarmi lo stesso effetto.

Sfila dalla tasca dei pantaloni un foglio bianco accartocciato e me lo pone senza proferire parola. Gli rivolgo uno sguardo interrogativo ed esito prima di afferrare il foglio sfiorando involontariamente le sue mani. Ciò che leggo su quel pezzo di carta spiegazzato mi disturba terribilmente e quella minaccia così esplicita mi fa comprendere all'istante che Derek e io possiamo rimanere insieme solo all'interno del nostro castello di carta. E per quanto possa essere un castello, rimane pur sempre di carta e la carta rappresenta forse il materiale meno resistente, meno durevole, più fragile, più vulnerabile. Ci sarà sempre qualcuno pronto a far andare in fiamme il nostro spazio, lo spazio privato in cui io e lui condividiamo le emozioni che ci legano.

<<Chi è stato?>> chiedo con un filo di voce restituendogli il foglio. Per tutta risposta corruccia la fronte e intuisco che non sappia nemmeno lui chi sia l'emittente di questa minaccia. Minaccia perfettamente scritta con una calligrafia raffinata e curata che mi fa pensare sia stata una donna oppure è semplicemente una tecnica per deviarci.
<<Non lo so>> sbuffa esasperato portandosi una mano tra i capelli come è solito fare quando è nervoso. <<So solo che non è stato Clark. Ovviamente non si sarebbe impegnato a minacciarmi in forma anonima e avrebbe comunque già tentato di uccidermi considerando che è ossessionato da te>> afferma amareggiato e mettendo in scena una smorfia disgustata.
<<L'ho trovata a casa quella mattina dell'appuntamento con James>> spiega continuando a fissarmi negli occhi per sondare la mia reazione.
<<È per questo che sei praticamente scomparso?>> lo accuso alzando leggermente il tono della voce.

Sono stata davvero arrabbiata nei suoi confronti e soprattutto delusa e ferita ma dopo tutto quello che è successo e come se la mia rabbia si fosse polverizzata immediatamente, sovrastata dall'abissale bisogno di essere avvolta tra le sue braccia e cercare di dimenticare tutto quanto.

<<Si.>> ammette secco, << volevo capire chi fosse e stare un po' in disparte per non commettere qualche mossa sbagliata.>> tenta di giustificarsi come un bambino impacciato e questo suo lato debole mi spezza il cuore ma deve capire che le cose non funzionano come crede lui.
<<Potevamo parlarne e affrontarlo insieme>> obietto.
Lui sbuffa infastidito e indugia prima di rispondere quasi facesse fatica ad esprimere quello che prova.
<<Non...>> fa un respiro profondo e continua, <<non l'ho fatto solo per me Giulia. In quel momento non ho avuto paura della galera ma avevo paura di abbandonare te>> ammette allungando titubante la sua mano fino a sfiorare la mia.
Le sue parole mi provocano un tuffo al cuore provocandomi un sorriso spontaneo ma è comunque un paradosso quello che ha appena sostenuto e non tardo a farglielo notare.
<<Mi hai abbandonata comunque>> sottolineo con una punta di sarcasmo.
<<Non è la stessa cosa. Se io vado in galera ti abbandonerò chissà per quanto tempo. Cosa potrei offrirti dopo? Un incontro a settimana mentre parliamo per soli quindici minuti separati da una lastra di vetro e con dietro le guardie che ci osservano?>> parla a raffica e l'agitazione si impossessa del suo corpo. <<Non potrei più toccarti o sentire il profumo dei tuoi capelli o osservare il tuo sorriso>> continua nervoso.
<<Il mio sorriso potrai vederlo lo stesso attraverso la lastra di vetro>> obietto sorridendogli per alleviare almeno per quanto posso la sua tensione mentre la sua mano continua ad accarezzare la mia.
Lui non coglie l'ironia della mia battuta e mantiene egregiamente il suo atteggiamento serio. <<Non sorrideresti. Non con me dietro delle sbarre>>

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