13.Uder Control

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Sotto controllo.

Lo avevo fatto. Avevo detto tutto ad una ragazza che avevo conosciuto solamente ieri. Un motivo non c'era, semplicemente mi ispirava fiducia, mi ispirava tenerezza, innocenza. Forse troppa. Però ne avevo bisogno, dovevo tornare quello di prima, dovevo tornare quell'Harry che sorrideva per ogni minima cavolata fatta con gli amici, che si divertiva a giocare con le donne senza portarle a letto e basta, che era allegro e spensierato, ma allo stesso tempo puntiglioso. Mancavo a me stesso, e stavo proiettando tutto il mio scompiglio su una ragazzina di appena diciannove anni, che a stento mi conosceva. In questo momento era la mia ancora di salvezza, il mio spiraglio di luce. Mentre io sono il solito egoista.

Dopo aver pronunciato quelle parole taglienti, sembrò che in quel luogo non ci fosse più nessuno. L'aria circolava, ma i nostri respiri erano fermi. Lei non respirava più. Dovetti alzare gli occhi per osservare se Virginia era ancora lì, seduta sopra di me. Ci fissammo per momenti che sembrarono interminabili. La sua espressione era indecifrabile: non capivo cosa stava provando; rabbia, delusione, pietà, disgusto. Forse tutto questo insieme. Strinsi un po' di più le sue gambe, consapevole che di lì a poco si sarebbe alzata ed avrebbe interrotto quel momento. Lo fece. Con un gesto veloce, si alzò da me ed indietreggiò, fino ad arrivare con la schiena appoggiata al vetro di quella cabina, ormai diventata fin troppo piccola per noi due. Le sue mani ricoprirono le sue labbra, ed i suoi occhi si sgranarono leggermente. Non era né rabbia, né delusione, né pietà, né disgusto: era paura.

"Che cosa hai fatto.."

Ripetè più a sé stessa che a me, scuotendo la testa. La sua voce tremava, così come lei. I suoi occhi inziarono ad inumidirsi; appena lo notai, mi alzai in piedi, cercando di mantenere le distanze, e il controllo.

Cosa ho fatto. Ho picchiato la tua migliore amica. L'ho usata. L'ho violentata. L'ho illusa. Tante volte. Credendo che facendo del male a lei, facessi del bene a me. Non avrei mai voluto vederla così. Fino a pochi minuti fa parlavamo tranquillamente, era così dolce, così tenera, non si meritava tutto questo. Forse non si meritava di incontrarmi.

"Ti giuro che mi dispiace."

Cercai di avanzare verso di lei, ma alzò leggermente una mano, ad indicare di fermarmi.

"Stammi lontano."

"Cerca di capirmi."

Feci un altro passo in avanti.

"Harry, non avvicinarti, ti prego."

Iniziò a muoversi lateralmente, con i suoi piedini scalzi così piccoli, così innocenti, sempre rimanendo con la schiena incollata al vetro; ormai la vista di Londra non mi faceva più alcun effetto; ero stato un idiota a dirle tutto, non avrei dovuto farlo.

"So che ei spaventata, ma devi fidarti di me."

"Fidarmi di te?" La sua voce venne interrotta da singhiozzi vari, misti a lacrime. "Come posso fidarmi di te? Hai picchiato la mia migliore amica, le hai fatto del male, l'hai.. No, io non ce la faccio, voglio uscire da qui!"

Neanche a farlo apposta, ma il nostro giro si concluse proprio in quel momento.

All'uscita, il ragazzo che faceva il turno dell'attrazione ci guardò leggermente spaesato, probabilmente vedendo le lacrime sul volto di Virginia, che cercò di mascherare guardando in basso. Accelerò il passo sulla strada, tenendosi le scarpe in mano, tanto che dovetti impegnarmi per starle dietro.

"Rallenta, Virginia."

"Torno a casa da sola."

Corsi di fronte a lei, senza toccarla, ma incatenando i miei occhi con i suoi, ormai colmi di lacrime. I suoi capelli neri erano sempre in ordine, nonostante tutto quello che era successo, e svolazzavano verso destra, permettendomi di notare la linearità e dolcezza dei lineamenti del suo viso. Quando si accorse del modo insistente in cui la scrutavo, voltò lo sguardo alla sua destra, evitandomi. Era più fermo e sicuro di sempre. La mascella era serrata, le mani erano chiuse. Mi avrebbe dato un pugno allo stomaco volentieri se non fosse stata così spaventata da me.

Love Will Tear Us Apart. ||h.s.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora