Confusione

15 2 1
                                    


Spari, urla, gemiti. Nathan era terra, gli occhi fissi al cielo, lacrimanti, annebbiati. I proiettili fischiavano da ogni dove. Un tonfo, un'altro. Le grida di Patrick, i lamenti di Cassandra, le bestemmie di Hellis. Passi, tanti passi felpati. Nathan era debole, gli occhi tentavano di chiudersi ma lui resistette. Le foglie si sgretolavano al passaggio di strane sagome nere, i loro piedi, sembravano volassero per un centimetro o due o perlomeno così sembrò a Nathan. Un altro grido, forte, deciso. Non erano i suoi compagni. Altri proiettili si aggiunsero al caos generale. Poteva sentire, quasi perfettamente, delle parole. Parole non comprensibili. Frasi in codice, pensò. Qualcuno si curvò verso di lui. Una figura sfocata, contorta. Gli disse qualcosa e un attimo dopo cadde privo di vita sul suo petto. Nathan buttò fuori l'aria dai polmoni violentemente, la testa inclinata a sinistra. Un sagoma nera cascò a terra crivellata di colpi, a pochi metri da lui, gli occhi si chiusero.

Buio, freddo. Le orecchie ronzavano, il motore barbottava. Dalla nuca proveniva un caldo materno. A stento aprì gli occhi, solo nebbia. Sforzò la vista, cercò di parlare. Una mano accarezzò delicatamente la sua guancia. 

"Riposa" disse una voce femminile. Un timbro dolce, sereno. 

Nathan emise un gemito, ma non ebbe risposta. La mano continuò ad accarezzarlo, il respiro divenne più lento e sprofondò in esso. 

Gli uccelli cinguettavano e volavano sereni nel cielo azzurro. Una mano era appoggiata sulla sua spalla. Non riusciva a vedere chi fosse, il suo viso, i suo vestiti. Nulla. Sentì una grande gioia sprigionarsi interiormente. Case con tetto spiovente, grattacieli, alberi, erba, cespugli e molte, molte persone davanti. Seri, indaffarati e quasi apatici si muovevano in ogni direzione. Le panchine vuote, il vialetto cementato alle sue spalle piombava in un burrone la cui profondità era avvolta da fitta nebbia. Si guardò attorno, la terra alle sue spalle del tutto spaccata, inesistente, un orizzonte nebbioso. Il cuore batté forte, quasi impazzito. La mano strinse decisa la sua spalla. 

"Non preoccuparti" disse la stessa voce femminile "Non pensare. Osserva".

La gente continuava a camminare, ignara del fatto che la terra finiva a pochi metri dalle spalle di Nathan. Tutto sembrava stranamente normale. Nathan non capiva, forse era lui quello strano. D'un tratto un boato. Un sussulto, la mano lo tenne fermo. Non riusciva a girarsi, il suo corpo era pietrificato, immobile. Un forte bagliore si sprigionò alle sue spalle. Le persone si voltarono all'unisono, visi gelati, occhi stupefatti. Un forte calore indescrivibile avvolse le sue spalle, il bagliore divenne accecante, le persone sparirono nella luce. La mano tolse la presa dalla sua spalla, scomparve. Tutto scomparve.

Improvvisamente aprì gli occhi. Le immagini diventarono dapprima contorte, poi presero forma. Era sdraiato sul sedile posteriore di un auto. Sentiva chiacchierare. Alzò la testa. Cassandra era seduta di fronte a lui, guardava fuori dal finestrino. Il motore emise un rombo. L'auto ondeggiò brevemente. Volse lo sguardo al petto, avvolto da una fascia bianca macchiata di sangue. Cosa era successo? Provò a parlare, ma emise un leggerissimo gemito. L'auto ondeggiò, prese in pieno una buca. I polmoni bruciarono al colpo secco dato dal sedile alla spalla, faticava a respirare. Cassandra si voltò verso di lui, gli occhi si chiusero.

Si svegliò di nuovo, la macchina vuota, un bisbigliare continuo fuori dall'auto. Non riusciva a muoversi. 

"Siamo riusciti a fuggire per miracolo" disse una voce maschile.

"Non esistono i miracoli" rispose un altra voce maschile più rauca e grave.

"Non è il momento di discutere" aggiunse una voce femminile.

Nathan non capiva. Le voci gli sembravano familiari, ma non ricordava. Cercava dentro di sé almeno un frammento di un qualcosa, un qualcosa che non ricordava più. Cosa cercava in realtà? Ah sì, le voci. si disse. Capì in quell'istante che era confuso, spaesato. Non gli era mai capitato di perdere lucidità, non a quel livello. 

"Come sta?" ora riconobbe la voce di Patrick.

"Sta messo male" rispose Cassandra.

Nathan riprese lentamente lucidità. Mosse le dita, le guardò ipnotizzato. Aprì e strinse molte volte mani sporche di terra. Era presente, ma assente nello stesso tempo. 

"Quel bastardo è fortunato ad essere ancora in vita" sogghignò Hellis.

"Quello che tu chiami bastardo ci ha salvato la vita" disse secca Cassandra, il tono quasi serio.

Nathan si guardò attorno. Lo schienale del sedile era forato in diverse parti. Forse proiettili?  pensò. Provo ad alzarsi, ma un fitta lancinante allo stomaco lo fece cascare di nuovo. Strinse i denti dal dolore. Poi d'un tratto, proprio di fronte a lui, vide un viso sgranato tra la polvere accumulatasi dietro il finestrino. Sembrava una donna, sembrava... Eva. Gli occhi si spalancarono, il cuore impazzito, un caldo formicolio penetrò in tutto il suo cervello, il respiro venne meno. Eva sorrise. Un sorriso di gioia ma serio, gli occhi fissi, vuoti, i capelli sporchi di terra, le punte insanguinate. Improvvisamente il sorriso scomparve. Nathan si contorse dentro di sé, non respirava. Le gambe immobilizzate, le braccia bombardate da strani impulsi interni, i polmoni risucchiati da qualcosa, pronti a implodere. Eva si dissolse lentamente, gli occhi si chiusero.

Buio. Tutto era buio, oscuro, silenzioso. D'un tratto, il legno del pavimento scricchiolò. Passi cauti, lenti camminavano avanti e indietro. Sentì una voce femminile, quasi familiare, sussurrargli qualcosa all'orecchio, ma non capì. Provò ad aprire gli occhi e quasi tutto risultò sfocato, tranne una particolare, una sagoma femminile seduta accanto a lui. Sforzò la vista, strinse tra le dita qualcosa di morbido simile a delle lenzuola, gli occhi lacrimarono. Vide un sorriso, vide Eva.





ContagionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora