Fino alla fine

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Nathan si svegliò nel letto. Gli occhi faticavano ad aprirsi e rimase lì per qualche secondo. Poi si alzò lentamente col busto, rimanendo seduto. Si stropicciò gli occhi. Per quanto aveva dormito? Infine prese gli scarponi di fianco al letto e le mise ai piedi. Poi si alzò e scrutò dalla finestra. Nello spiazzo la gente camminava, parlava e correva verso i parenti feriti. Il cielo era plumbeo con qualche lampo muto all'orizzonte. Uscendo dalla stanza, vide Patrick, a pochi metri da lui, seduto su una roccia. 

Nathan si avvicinò "Patrick!" L'uomo si girò verso di lui. "Che ci fai qui?"
"Stai bene?" Patrick lo squadrò per accertarsi che non fosse ferito.
"Molto meglio di altri..." Nathan sbadigliò e coprì la bocca con una mano "Perché sei qui? Non che mi dispiaccia averti intorno".
"Ieri notte abbiamo sentito degli spari. Così ci siamo organizzati per venirvi in soccorso, ma nessuno voleva partire in piena notte. Abbiamo aspettato il mattino per farlo... Potevamo aiutarvi... se solo avessi convinto un gruppo armato a partire, non avreste perso tanta gente". Patrick abbassò lo sguardo. 
"Incamminarsi di notte è un suicidio" Nathan cercò di tenere gli occhi aperti, ma faceva una fatica assurda.
"Sicuro di stare bene?" Patrick lo guardò negli occhi "Ehi! Stai bene?" Mise le mani sulla spalla di Nathan "Non hai una bella cera".
"Sto bene" Nathan indietreggiò per levarsi di dosso le mani di Patrick "Sei venuto da solo?" L'uomo fece finta di niente.
"Sono venuto con un gruppo armato. Te lo detto prima" Patrick continuò a fissarlo.
"Giusto..." Nathan spalancò gli occhi. Le immagini apparivano annebbiate. Sbatté più volte le palpebre. Poi indietreggiò come se stesse correndo e cadde a terra. 

Patrick si precipitò ad aiutarlo. Nathan vide il suo volto sgranato, la sua bocca gridare, ma non riusciva a sentire niente. Tutto era muto. Tutto divenne grigio, senza colori. Poi l'oscurità. Quando riprese i sensi, non riusciva a muoversi. Era come intrappolato nel suo stesso corpo. Non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. Non sentì nulla per un breve istante. Poi lentamente ritornò l'udito. Sentiva la voce di Patrick e Julien. Suoni distorti, ma con tonalità chiare.  

********

"Al diavolo!" La voce di Patrick era più profonda, quasi penetrante "Non voglio che un altra comunità segua il destino di Rockstod. Siete degli idioti! Completi idioti! Come farete a resistere? Con cosa vi difenderete? Con sassi e bastoni? Non hai scelta, Julien. Dovete venire con noi. Sarete accolti dalla mia comunità. Perché vuoi lasciare la tua gente indifesa? Se stanotte vi attaccheranno di nuovo, non sopravviverete. Lo sai tu, come lo so io". L'udito stava lentamente tornando. Ora sentiva perfettamente i suoni attorno a sé.
"Non lascerò indietro i feriti, Patrick" rispose Julien "Molti di loro vogliono rimanere qui. Hanno figli, padri, nipoti nell'infermeria. Non voglio lasciarli in balia di quei cosi la fuori. Sai perfettamente cosa succederebbe. Lo sai bene, Patrick..." Julien aggrottò gli occhi.
"Vuoi sacrificare l'intera comunità per dei feriti?" disse Patrick "Non hanno scampo, Julien. Sono spacciati! Hai visto le loro ferite? Sono stati morsi e graffiati. Amputare un braccio, una gamba non servirà a niente. Non avete nemmeno le medicine adatte, ne gli attrezzi. Moriranno in preda a convulsione e forse si trasformeranno in Runner. Uccideranno tutti, sempre se stanotte un altra orda non vi attacchi prima". Patrick si accorse che stava urlando e abbassò lievemente il tono di voce.  "Allora come difenderete i feriti?" domandò infine.
"Proprio non vuoi capire" rispose irritata Julien "Molta gente vuole rimanere. Se questo significa morire stringendo le mani a un proprio cario, ben venga. Non posso costringerli a venire con te".
"Non vuoi o non puoi?" disse serrando gli occhi Patrick "Non ti sono mai piaciuto, Julien. Non è una novità. Ma qui parliamo di vite umane. Non sopporto l'idea di vedere brava gente morire per qualcuno già diretto alla morte" Patrick si interruppe e guardò per un momento Nathan "Lo vedi, vero?" indicò Nathan steso sul letto. Lui poteva sentirli bene, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe detto qualsiasi cosa per farli tacere, se solo riuscisse ad aprire gli occhi "Non è stato ferito eppure, in qualche modo, il fetore marcio dei Runner è penetrato fin dentro ai suoi polmoni. Forse tra qualche minuto potresti perdere i sensi anche tu, o qualcun'altro. Questo posto è compromesso. Non potete più viverci".

Julien fissò il viso pallido e sudaticcio di Nathan. Sembrava morto in un primo momento. Il suo lento respiro era impercettibile e il suo battito sembrava immaginario, come se da un momento all'altro dovesse cessare del tutto. Lei buttava spesso gli occhi sul suo petto, per vederlo gonfiare e sgonfiare quel poco che bastava per farla rimanere tranquilla. Era diventato quasi ossessivo controllare il suo respiro. Ma ancora più ossessiva era Eva, che era rimasta con lui tutto il pomeriggio ed ora anche di sera. Se ne stava a disparte proprio affianco a Nathan; silenziosa, immobile, come una delle belle statue greche prebelliche. Ogni tanto accarezzava con la mano il volto di Nathan, ma lui non ne sentiva il tocco. Non sapeva nemmeno che era lì, poiché non aveva mai parlato. Julien e Patrick invece, erano seduti su degli sgabelli vicino alla finestra. Ogni tanto guardavano fuori, ma erano più impegnati a discutere che andare fuori e fare qualcos'altro; aiutare, riparare il cancello o pulire il sangue nero vicino ad esso, che poteva infettare tutti se fosse rimasto lì a lungo; come i corpi che rilasciavano piccole dosi di radiazione che potevano diventare letali, ma quelli erano già stati bruciati a un km di distanza. Se ne erano occupati personalmente Hellis e Cassandra. 

"Allora?" disse Patrick.
"Allora cosa?" rispose Julien.
"Partirete?".
"No".
"Volete morire? Morite allora" Patrick si alzò e uscì dalla stanza.

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