E' un sogno?

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Forse era un bellissimo sogno. Un sogno da cui non voleva mai più svegliarsi. Era proprio lì, davanti a lui. Il viso solcato dalla stanchezza, dalla fragilità dei lineamenti. Gli occhi vivi, ma spenti a tratti. I capelli ondulati a toccare le esile spalle, con cui, forse, aveva sopportato l'idea che Nathan fosse morto, oppure, come lei soleva dire; disperso. Sorrise per la felicità, ma gli angoli della bocca toccavano corde a dir poco tetre. Forse vedeva un fantasma? Forse non si capacitava di essere di fronte a Nathan?

Nathan la guardò a lungo, incredulo. Non voleva parlare. Non voleva che questo sogno svanisse. Non voleva svegliarsi. Voleva restare in silenzio per l'eternità, guardando Eva. Ma in realtà voleva che tutto tornasse come prima, che fosse solo un incubo, che tutto fosse nella sua testa. Poi Eva si curvò verso di lui, mise la mano sulla sua e la strinse più forte che poté. Nessuno dei due credeva nell'esistenza dell'altro. Entrambi pensavano di sognare, forse di essere morti, catapultati in quel paradiso che sapeva tanto d'inferno. Nathan tentò di alzarsi col busto, ma i dolori all'addome furono talmente lancinanti che cascò sul letto. Eva si avvicinò ancor più al suo viso, Nathan le rubò un baciò. Un fuoco invisibile divampò dentro di loro, il cervello fu travolto da caldi formicoli. Le labbra secche non impedirono alla passione di sbocciare in quella fredda stanza. 

"Eva" .

"Nathan".

Il bacio durò un eternità. Lento, passionale, poi veloce, energico. Assaporavano ogni secondo perso nell'incertezza che fossero solo un lontano ricordo, ma ora, erano lì, l'uno di fronte all'altro, increduli, ma estremamente felici. 

Quando finirono, Nathan la guardò senza distogliere lo sguardo per un momento. Eva sorrise, le guance arrossate. 

"T-ti credevo..." disse Nathan.

"No. Non potevo" rispose Eva.

Si strinsero le mani. 

"Non p-potevi... morire..?"

"Tu eri là fuori, Nathan. Sapevo che eri vivo. Lo sentivo".

"Anch'io n-non ho smesso... di s-sperare".

"Ma cosa ti è successo?" Eva fece segno all'addome lacerato da un profonda ferita. 

"Non lo so... m-mi sono ritrovato a terra... ero... confuso..."

"Per fortuna ti hanno portato in salvo i tuoi amici. Patrick è tornato a Dalton due giorni fa".

"Due giorni fa...?" tossì forte più volte "q-quanto ho dormito, Eva?".

"Cinque giorni. Pensavo fossi in coma, che non saresti più tornato da me anche se eri qui. E' stato orribile saperti qui ma non parlarti". 

"Siamo... s-siamo a Julien?". la voce di Nathan era quasi restia a formulare la frase per paura di una risposta negativa.

"Sì. Ora sei con me. Non lasciarmi più, ti prego. Non voglio convivere di nuovo con la paura di non rivederti mai più". Eva scoppiò a piangere, voltandosi dall'altra parte per non farsi vedere.

"Non... non posso p-prometterti niente..." la voce di Nathan era molto flebile, abbassò gli occhi sapendo di averla delusa.

Eva si voltò di scatto, pietrificata, lo guardò fisso mentre le lacrime solcavano il suo viso. Non riuscì a parlare. Fu come ricevere una pugnalata allo stomaco. Faceva male, molto male.

"Eva... devi c-capire..."

"NO!" Eva tolse la mano dalla morsa di Nathan, alzandosi dalla sedia "No!"

"Ti p-prego... ascoltami".

Singhiozzando, Eva lasciò la stanza.

Nathan chiuse gli occhi, fece un grosso respiro e colpì dal nervoso il materasso con un pugno a martello.

***

Fuori si sentiva la gente chiacchierare quando entrò qualcuno nella stanza. Nathan si voltò verso la sagoma oscurata nella penombra. Indossava un gilet marrone con cappuccio, jeans grigi scoloriti e un maglietta con le maniche raccolte. I capelli castano scuro raccolti in una coda, il viso piccolo, ovale, ma severo con occhi grandi e azzurri. Era abbastanza alta e spalle un poco larghe.

"Nathan" disse. Era una voce da donna molto rauca, poi prese una sedia e si sedette di fronte a lui "Non mi riconosci?".

Nathan la scrutò per bene. Julien! Aveva giurato per un attimo che fosse un uomo, ma era lei. La donna a capo della comunità. Portamento maschile e nulla di femminile. Il suo nome poi, in origine Julia, se l'era cambiato con Julien, perché li piaceva di più. Era una donna a tutti gli effetti, e come tale, amava un uomo. Un uomo ormai morto da anni di cui nessuno della comunità conosceva. Julien non ne aveva mai parlato e gli dava fastidio quando qualcuno osava rivolgergli domande sul suo passato. Erano una donna forte, tenace sempre pronta ad aiutare e mai a farsi aiutare. "Non ho bisogno del vostro aiuto" diceva "Niente e nessuno può farmi paura. Non più". Non era difficile capire che in quelle poche parole, ripetute spesso quando era infuriata, c'era qualcosa di inabissato nel fondo della sua anima. Forse un fardello? Un senso di colpa? Nessuno lo sapeva, nemmeno Nathan. Julien ha radunato tutte la povera gente che cercava di sopravvivere e gli ha dato una casa, un posto in cui vivere. Gli ha dato protezione da mutanti, banditi e perfino dai militari che rapivano la gente per farci chissà cosa. All'inizio Julien era molto sola, aveva perso l'uomo che amava e vagabondava in giro senza meta. Armata di un 9mm e un coltello da macellaio, si era fatta largo in questo posto uccidendo i suo ex occupanti; quattro banditi che avevano catturato nove bambini e mangiato i loro genitori e gli adulti. Non fu una dura lotta, ma breve, molto breve. Julien sapeva come sgattaiolare silenziosa nel buio e ucciderli nel sonno. I bambini rimasero con lei e col tempo altri sopravvissuti si unirono, formando la comunità di Julien. Grazie alla posizione elevata in cui si trovava la comunità, risultava quasi impenetrabile entrarci ed è protetta da molti declivi e colline tutt'attorno. La comunità vantava anche uomini ben armati e addestrati. Tutto questo grazie a Julien e al suo fidato Capitano Jones Brown, ex marine. 

"Ti hanno tagliato la lingua?!" disse Julien, accennando un sorriso.

"Sono davvero... davvero contento di vederti, Julien" Nathan sorrise.

"Vieni qui" Julien si alzò e abbracciò forte Nathan.

Nathan sussultò un poco da dolore.

"Oh scusami" disse Julien, ritornando a sedere "Mi ero dimenticata che... insomma... che ti hanno quasi ucciso".

"Già... non so nemmeno chi è stato ridurmi così".

"I Runner. Sono stati loro. Patrick mi ha detto come sono andate le cose e lasciatelo dire, Nathan. Sei vivo per miracolo".

"L'ultima cosa che... che ricordo è che ho salito i gradini... e ho sentito un sparo... poi tutto nero".

"Sì... ora che mi ci fai pensare Patrick ha detto che hanno tentato di sparati, ma non ti hanno preso perché un Runner è sbucato da dietro un albero e ti ha attaccato sul fianco. Ecco perché non hai visto niente. In ogni caso, i Runner hanno fatto piazza pulita dei militari e infine vi hanno attaccati, ma Patrick e il suo gruppo li hanno respinti prima che ti sbranassero. Certo che siete stati stupidi a passare da quel edificio infestato".

"La fortuna... mi ha proprio voltato le spalle".

"Credo invece che ti abbia preso a cuore da come sono andate le cose".

"Ti hanno detto cosa ho passato..? Quello stronzo di... di Colbert!". Nathan serrò gli occhi.

"Colbert è sempre stato sulla mia lista nera, lo sai. Non fare sangue amaro, arriverà il momento in cui tu ti divertirai con lui... magari allo stesso modo che ha fatto con te".

"Puoi giurarci". 

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