Capitolo 32

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Solo quando sento le porte chiudersi dietro di me, mi rendo conto della situazione in cui mi trovo. Mi giro dalla parte opposta e corro verso la porta, appoggiandoci la fronte e i gomiti. I miei occhi iniziano a riempirsi di lacrime, il mio battito cardiaco aumenta di secondo in secondo, sudo freddo. Lascio ricadere le braccia lungo i fianchi, e poco dopo mi butto per terra. Ormai non posso più tornare indietro, quello che è fatto è fatto. Ancora una volta ho ascoltato i Creatori invece che me stessa. Con le mani che mi tremano prendo il biglietto dentro la mia tasca e lo apro lentamente. Stesse frasi, stessa scrittura sgangherata. Lo appallottolo e, usando più forza che posso, lo lancio lungo il corridoio fino a farlo atterrare ad almeno due metri da me. Inizia a tirare un vento freddo, che mi scompiglia i capelli e mi fa venire più brividi di quanti non ne abbia già. Mi alzo in piedi tremante non appena sento il primo grido acuto di un Dolente. Sono paralizzata sul posto, non riesco a ragionare lucidamente. Prendo l'altro coltello dallo zaino e lo impugno, ma la mia presa è tutt'altro che ferrea. Non mi sento più sicura di me stessa, non ho più quel coraggio e quella determinazione che avevo fino a dieci minuti prima. Mi incammino lungo il primo corridoio del Labirinto stando attaccata alla parete di destra. Arrivo al primo angolo e prima di girare controllo che non ci sia nessuno. Attraverso questo corridoio prendendo nuovamente la destra. Arrivo ad un altro angolo, giro. Questa volta tengo la sinistra, arrivo all'angolo e giro. Ad ogni volta riacquisto sempre più sicurezza e forza. Dopo aver girato varie volte, smetto di sentire quei lamenti fastidiosi. Rilasso i muscoli ma sempre con il coltello ben puntato, come se servisse a difendermi da una creatura venti volte più grande. Mi appoggio ad una parete ed osservo il mio orologio: 19:02. Cavolo, il tempo scorre davvero lentamente. E pensare che devo passare altre undici ore qui dentro. Come penso di sopravvivere, ancora non lo so. Non ho ideato né un piano, né una strategia, e non ho nemmeno l'attrezzatura adatta. Ma per i miei amici questo e altro. D'un tratto ricomincio ad udire ambigui rumori in lontananza, causandomi la pelle d'oca. Se almeno avessi la mia lancia con me. Ricomincio ad avanzare lentamente lungo il corridoio, curandomi di stare sempre ben attaccata ad una parete. Man mano che cammino strappo dei rampicanti d'edera con un colpo secco del mio coltello, per poi lasciarli cadere sul pavimento. Anche se normalmente saprei orientarmi nel Labirinto, la paura sta prevalendo fin troppo su di me. Sento tremare il pavimento e le pareti, facendomi perdere l'equilibrio. Cado per terra di schiena, ma riesco ad alleggerire la caduta appoggiandomi sulle mani. Il suolo sottostante a me continua a vibrare pericolosamente, quindi decido di attaccarmi ad una parete per non farmi una bella slittata lungo il corridoio. Punto il coltello contro la parete del Labirinto e ci infilo la lama dentro, ma poco dopo si stacca, visto che il muro di pietra è troppo duro per essere inciso. Non ho neanche un appiglio per tenermi ferma, provo ad alzarmi, ma non appena mi metto in ginocchio, ricado subito per terra. Come se non bastasse, i muri iniziano a muoversi. Giusto, il Labirinto cambia! Ma la prima notte che ho passato qui non è successo niente di tutto ciò. Magari sì, ma io ero impegnata a dormire nella pancia di un Dolente. Vedo una parete girare a 180°, uno spettacolo a dir poco bizzarro. Inizia a muoversi verso la mia direzione, e se non mi alzo rimarrò schiacciata da qui a venti secondi. Provo a mettermi in ginocchio più volte, ma senza riuscirci. Decido di mettermi a gattoni e iniziare a strisciare via da quella situazione. Incredibilmente, riesco a mantenere l'equilibrio e ad allontanarmi da quel punto. Infatti, poco dopo, la parete si unisce all'altra proprio nel punto dove ero io prima. La vibrazioni iniziano a diminuire, dandomi la forza di alzarmi in piedi. Corro via da lì, girando a sinistra due volte e poi andando dritto. Sento uno stridore metallico vicino a me, anzi, troppo vicino. Mi paralizzo sul posto e giro lentamente la testa, con i muscoli contratti e una goccia di sudore che mi cade da una tempia: dietro di me, a nemmeno tre metri, si trova un Dolente. Mi sta guardando curioso, mentre la sua bava giallastra gli cola dalla bocca. Sembra che stia aspettando una mia mossa, come se non capisse cosa ci faccia io qui. Non riesco a muovere un muscolo, ma appena lancia uno di quei gridi assordanti, i miei piedi si muovono da soli. Inizio a correre più veloce che posso, con il Dolente alle calcagna. Un affare che peserà almeno una tonnellata riesce a correre così veloce, stando addirittura al mio passo. Ho la mente chiusa da tutti i pensieri, adesso conto solo io. Le braccia si muovono a ritmo con le gambe, gli occhi sono puntati davanti a me e il respiro che si fa sempre più pesante. Credo di non aver mai corso così velocemente. Sento il veloce passo metallico della bestia dietro di me che mi insegue. Devo pensare ad un piano, adesso, non posso correre all'infinito. Arrivata alla fine del corridoio giro a destra, e con mio orrore noto che il corridoio successivo ha una fine. O meglio, non ce l'ha, c'è semplicemente il vuoto. La Scarpata, il segno che mi rimangono gli ultimi secondi di vita. Pensa Julia, pensa. Chiudo gli occhi, allento il passo, riducendo la mia corsa ad una camminata veloce. Il Dolente rallenta a sua volta, probabilmente confuso dal mio cambio di marcia. Ma poco dopo, la bestia ricomincia a correre più veloce, cogliendo questo momento per farla finita con me. Arrivo alla fine del corridoio, mi fermo. Mi sporgo lentamente nel vuoto, mettendo le punte dei piedi nella Scarpata. Chiudo gli occhi, ma sento benissimo il Dolente a pochi passi da me. Gli dò le spalle, ma faccio un piccolo sorriso. Lo sento, è dietro di me, un secondo e mi prende. Mi sposto di scatto a destra, schiacciandomi contro il muro. Dolente sembra non aspettarselo, non fa in tempo a rallentare. Con un ultimo, disperato, tentativo si aggrappa alla mia maglia, strappandone un grande pezzo di tessuto e ferendomi con una delle sue piccole lame rotanti sul petto, ma il peso del suo corpo è troppo per mantenere l'equilibrio, e finisce per cadere nel vuoto, trascinandomi con lui. Il Dolente cade nella Scarpata e sparisce subito dopo, con un pop. Si è dissolto nel nulla. È come evaporato. Io riesco ad aggrapparmi all'edera sul muro, ma anch'essa si strappa e rischio di cadere nel vuoto insieme al Dolente. Con le braccia mi tengo al pavimento, mentre dal petto in giù sono nel vuoto. Non riuscirò a risalire su, cado. Adesso cado. Questo è il mio unico pensiero. Cerco di tenere la presa più che posso, ma quando non ce la faccio più lascio andare, mi lascio cadere nel vuoto. Chiudo gli occhi, non penso a nulla. Mi sento cadere nel vuoto, libera. Finalmente sono libera. Inaspettatamente, sento qualcuno stringermi il polso con forza e tirarmi su. Questa persona deve avere una forza incredibile. Apro gli occhi, ma il mio salvatore è già scappato. Sono a pancia all'ingiù, con le braccia spalancate e lo zaino sulla testa. Mi alzo tenendomi sui gomiti e noto che sotto di me c'è una pozza di sangue. Mi controllo sopra il petto e vedo una taglio enorme. Ed è allora che inizio a sentire il dolore. Brucia da morire, è lancinante. Piego la testa per vedere meglio la ferita, ma il mento tocca subito il taglio, sporcandosi di sangue e provocandomi ulteriore dolore. Con tutte le forze che mi rimangono mi alzo in piedi, ma inizia a girarmi la testa in un modo incontrollabile, e finisco per barcollare e finire addosso al muro. Chiudo gli occhi e le prime lacrime iniziano a sgorgare dai miei occhi. Controllo l'ora all'orologio: 23:02. Nonostante il tempo sia passato fin troppo velocemente, non resisterò fino alle cinque di domattina senza morire. Mi incammino con passi lenti lungo il corridoio e giro a destra. Sto letteralmente girovagando a caso, ho perso il mio senso dell'orientamento e non c'è più traccia dei rampicanti che avevo lasciato in precedenza. Con la coda dell'occhio vedo un luccichio, ma che mi appare sfuocato a causa degli occhi appannati dalle lacrime. Ogni passo che faccio è uno sforzo enorme, non resisterò ancora per molto. Raggiungo la fonte del luccichio e con mia sorpresa trovo la mia fidata lancia appoggiata ad una parete. Qualcosa non va. I Creatori mi stanno preannunciando qualcosa, e quel qualcosa possono essere solo due opzioni: ucciditi così metterai fine alle tue sofferenze o un altro Dolente è in arrivo. C'è qualcuno che mi sta aiutando, là sotto. Non so chi sia o se mi sta facendo un favore oppure no, ma deve essere qualcuno che mi conosce bene, o non potrebbe sapere che ho un solo 'talento', ovvero avere una mira eccellente. Afferro la lancia con una mano e mi appoggio per terra, tirando fuori la mia bottiglietta d'acqua. Verso un po' d'acqua nel tappino della bottiglia e poi me la verso sulla ferita. Stringo gli occhi e digrigno i denti per il bruciore, ma non serve a niente. Il sangue continua a sgorgare. Prendo la maglia di ricambio che mi ero portato dietro e la inzuppo d'acqua, poi la appoggio sulla ferita e me la lego dietro la schiena. Spero solo che basti ad alleviare l'emorragia. Mi alzo e mi rimetto lo zaino in spalla, con la lancia in mano.
Mi incammino lungo il corridoio e inizio a svoltare a destra e a sinistra, senza una meta, proprio come prima. Tengo la testa alta per evitare di toccare con il mento la ferita e la lancia ben puntata davanti a me. Ricomincio a sentire striduli acuti in lontananza e la paura ricomincia ad impossessarsi di me. Se subisco un altro attacco ora, sono fregata. Continuo a camminare facendo il minor rumore possibile e controllo l'orologio di tanto in tanto, raggiungendo presto la mezzanotte. Cinque ore, solo cinque ore. Inizio a sentirmi addosso una solitudine ed una tristezza incredibile, oltre a paura, tensione e terrore. Insomma, tutte sensazioni negative. Neanche pensando a Newt mi sento meglio, mi sento solo peggio. Sento uno stridore metallico vicino a me e, senza sapere il perché, comincio a correre disperatamente in una direzione a caso, guardandomi indietro. Vado a sbattere contro qualcosa di duro e metallico, e già so cosa mi aspetta davanti. Non mi volto nemmeno, presa dal panico più totale. Volto la testa ma non apro gli occhi, sento un alito freddo sfiorarmi la pelle ad intervalli regolari. Faccio retromarcia, ma il Dolente entra subito in attacco. Prende la rincorsa e mi balza addosso, ma riesco a schivarlo scattando verso sinistra, facendo capovolgere il Dolente su se stesso. Si rialza subito e si scaglia nuovamente contro di me, e anche questa volta riesco a schivarlo. Non ho le forze per combattere, e fra poco non ne avrò neanche per muovermi. La bestia coglie il mio momento di disattenzione per saltarmi a dosso, e finisco per terra picchiando la testa contro il freddo pavimento. La bestia è sopra di me e mi strilla in faccia, facendomi perdere momentaneamente l'udito. Senza farmi notare faccio correre la mia mano lungo il mio fianco fino a raggiungere la tasca dove ho infilato il coltello. Lo prendo e lo sfilo dalla tasca. Il Dolente sta per azzannarmi sul collo, ma con un movimento veloce della mano riesco a piantargli il coltello in una delle masse melmose che compongono il suo corpo. La bestia lancia un grido ancora più acuto di quello di prima, dando a me il tempo di rotolare su me stessa e spostarmi da sotto il Dolente. Mi rialzo in piedi a fatica e mi appoggio ad un muro, ansimando e tirando grandi boccate d'aria. Il Dolente, nonostante lo stordimento iniziale, sembra non aver subito un danno grave e si rimette subito alla mia ricerca. Mi individua e si avvicina a me lentamente. Io rimango ferma, immobile, schiacciandomi alla parete più che posso. La bestia alza uno dei suoi bracci meccanici e prova a pungermi sulla pancia, ma io riesco a scansarmi e ad andare in mezzo al corridoio. Inizio a correre dalla parte opposta con le ultime forze che mi rimangono, ma prima di ciò afferro la mia lancia che mi era caduta per terra, lasciandomi lo zaino alle spalle. Il Dolente mi sta inseguendo, correndo più lentamente di quello di prima. Dopo qualche minuto di corsa non ce la faccio più e il mio corpo mi obbliga a fermarmi. Mi lascio cadere per terra sfinita, appoggiandomi sulle ginocchia. Le lacrime mi ricominciano a cadere sulle guance, e vanno a depositarsi sui miei vestiti sporchi di sangue. Guardo il Dolente che, davanti a me, si blocca e mi scruta attentamente.

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