Capitolo 33

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"E dai, smettila!" dico ridacchiando, spintonando il bambino seduto accanto a me.

"No, finché non mi dici chi diamine è quel bambino biondo" dice lui, indicando una sagoma dai capelli biondo cenere voltata di schiena.

"Ah, quello è Newt. Ma non ho idea di chi sia. Lo conosco da poco, ma non è nulla di speciale" dico facendo spallucce e guardando il bambino seduto accanto a me.

"Sarà bene" dice lui, schioccando la lingua e guardandomi con i suoi occhioni azzurro ghiaccio.

"Perché?" dico, alzando un sopracciglio.

"Perché non mi va che la mia sorellina gironzoli in giro con dei maschiacci" risponde lui, guardando torvo Newt. Roteo gli occhi e lo guardo con un sorriso.

"Ho solo dieci anni, non ti devi preoccupare. Poi sai come sono fatta io, non mi lascio abbindolare facilmente" dico, poggiando la testa sulla sua spalla.

"Hai ragione" risponde lui "È solo che, avendo preso da me, sei bellissima. Mi fido di te, ma non di lui"

"Non vantarti troppo tu, hai solo due anni in più di me, e comunque non ci somigliamo per niente. Tu hai i capelli castano chiaro e gli occhi azzurri, mentre io i capelli castano scuro e gli occhi di un marrone altrettanto scuro" dico io, sospirando.

"Sì, ma i lineamenti del viso sono molto simili ai miei, e pure la tua altezza l'hai presa da me. Fra poco mi superi" dice lui facendomi l'occhiolino.

"Addirittura?" dico io ridacchiando "Comunque, l'unico ragazzo di cui mi fido e a cui voglio tanto bene sei tu" dico lasciandogli un bacio sulla guancia. Lui mi scompiglia i capelli con una mano, lanciando un'occhiata di tanto in tanto al ragazzino biondo.

Poi, di colpo, torno alla realtà.
Devo ammettere che questi sogni ricordo non mi sono mai piaciuti, ma questa volta ho apprezzato. Mi sentivo a casa, finalmente. Non volevo che finisse.
Cerco di aprire gli occhi, ma non ce la faccio.
Di colpo, torna il dolore.
Sento un acuto bruciore sopra il petto, un dolore che mi percorre entrambe le gambe e sento una strana mancanza d'aria.
Inizio a tirare dei grandi sospiri, cercando di inalare più ossigeno possibile. Mi sento le orecchie tappate e la gola mi brucia in un modo indescrivibile. Provo nuovamente ad aprire gli occhi, questa volta riuscendoci. La mia vista è offuscata, ma riesco comunque a notare una luce flebile e una piacevole sensazione di calore. Sono nella Radura, precisamente nel piccolo casolare di Jeff e Clint. Alzo leggermente la testa, e grazie al cielo non c'è nessuno. Non avrei potuto sopportare l'ondata di domande che mi sarebbero state fatte. Ogni piccolo movimento è una tortura, ma riesco comunque a mettermi a sedere sul lettino. Noto una fasciatura dove c'è il taglio, un'altra piccola benda sulla mano sinistra dove c'è la vecchia ferita e un pezzo di cotone sul collo. Me lo stacco, notando del disinfettante ancora fresco. Devono avermelo messo da poco. I miei capelli sono stati legati in una coda spettinata e ho ancora indosso la maglia sporca di sangue, ormai secco. Ho un nauseante saporaccio in bocca, quindi, facendo più sforzi del previsto, mi alzo in piedi barcollando per prendere un bicchiere d'acqua. Non riesco a tenere l'equilibrio perfettamente, tanto ché devo appoggiarmi al muro. Mi avvicino ad un lavandino e metto le mani a coppa sotto la cannella. Giro la manopola e l'acqua fresca mi ricade sulle mani. Già che ci sono mi sciacquo un po' anche il viso sporco, mi lavo le mani e infine bevo. Mi asciugo faccia e mani con un asciugamano spiegazzato e mi rimetto a sedere sul lettino. Non ho la forza di chiamare nessuno, anche se vorrei tanto rivedere i miei amici. Ripenso alla faccia del bambino nel sogno, rendendomi conto che mi è davvero familiare. Quegli occhi azzurri, quei capelli castano chiaro, quel naso all'insù come il mio...ma non capisco proprio chi possa essere. Faccio mente locale, ma più penso più mi gira la testa.
Sento una porta aprirsi e di scatto apro gli occhi, ritrovandomi davanti una persona che mi riempie il cuore di gioia. Teresa, appena mi vede, sgrana gli occhi, come se fosse incredula di vedermi ancora viva, bloccandosi sulla porta. D'un tratto, mi corre incontro buttandomi le braccia al collo e singhiozzando. Vorrei tanto dirle di staccarsi perché mi sta facendo un male tremendo alla ferita, ma come la sento piangere rinuncio alle mie intenzioni.

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